Cosa succede quando un cantautore diventa il portabandiera di una visione del mondo che, se pronunciata da un politico di destra, farebbe gridare allo scandalo? È quello che si chiede Selvaggia Lucarelli in un lungo e tagliente articolo sulla sua newsletter, in cui demolisce senza pietà il discorso pronunciato da Roberto Vecchioni alla manifestazione per l’Europa a Roma.
Quello che sarebbe dovuto essere un inno alla cultura europea si è rivelato, secondo Lucarelli, una pericolosa dichiarazione di supremazia culturale che trasuda colonialismo e autocelebrazione, condita da una buona dose di ignoranza storica e selettività nel riconoscere la realtà politica dell’Europa di oggi.
"Se lo avesse detto Trump, parleremmo di deriva pericolosa"
Il primo punto su cui la giornalista si scaglia è la doppia morale: "Se il discorso di Vecchioni, per dire, l’avesse fatto Trump, oggi forse i giornali parlerebbero di pericolosa deriva culturale della destra americana. Ma siccome l’ha fatto Vecchioni davanti a una piazza più di ‘sinistra’ (metto le virgolette per pietà di ciò che era la sinistra) che di destra allora va bene".
Non si tratta solo di chi pronuncia certe parole, ma del messaggio che veicolano. E secondo Lucarelli, il messaggio di Vecchioni ha un problema di fondo: "Un’idea di presunta supremazia morale dell’Europa rispetto al resto del mondo, lo stesso concetto che nei secoli passati ha messo il motore ai peggiori complessi di superiorità, dal colonialismo in poi".

"La cultura è nostra": il suprematismo europeo di Vecchioni
A rendere ancora più esplosivo il discorso, secondo Lucarelli, sono frasi come questa: "Dovrebbe essere nostra e basta. Certamente è nostra la cultura. Loro non sanno cosa sia".
"Loro chi?", si chiede Lucarelli. "Siamo tornati all’800, ai missionari al seguito dei conquistadores che portano la torcia dei lumi agli arretrati nativi messicani? Al ‘poveri ottentotti’ di Berchet? Se non è suprematismo culturale questo, allora cosa lo è?".
La giornalista evidenzia la contraddizione di Vecchioni nel presentare l’Europa come culla esclusiva della cultura: "Non sappiamo nulla della tradizione filosofica e letteraria dell’Africa, ad esempio, perché è stata per lungo tempo orale, perché non si studia a scuola, ma anche perché siamo quasi riusciti a sradicarla del tutto prima con la tratta degli schiavi, poi con l’imposizione delle lingue dei paesi colonizzatori".
E ancora: "I nativi nord e sudamericani li abbiamo direttamente sterminati, quindi per loro non si pone neppure il problema".
"Pace e pacifismo? La menano"
Non paga, Lucarelli si concentra su un altro passaggio inquietante del discorso di Vecchioni, quello in cui il cantautore liquida chi chiede una soluzione diplomatica alla guerra in Ucraina: "Pace e pacifismo sono due cose molto diverse. Quelli che la menano in questa maniera o non l'hanno capito o fanno gli gnorri".
"Ah ecco", commenta Lucarelli, "quindi quelli che sperano di non investire 800 miliardi in un piano di riarmo come ai tempi della seconda guerra mondiale sono quelli che ‘la menano’. Una bizza pretenziosa, dei petulanti bastian contrari. Strano che Vecchioni non abbia citato anche Orwell nel suo elenco di maschi bianchi che sanciscono la nostra superiorità sul resto del mondo, perché in fondo la sua frase è perfettamente in linea con ‘La guerra è pace’".
L’Europa “di sinistra” che è più a destra che mai
Ultimo colpo: la visione ingenua di Vecchioni su un’Europa che sarebbe “naturalmente progressista”. "Nessuno tra i presenti ha avuto il buon cuore di ricordare a Vecchioni che il parlamento europeo attualmente ha più seggi a destra che a sinistra, che il primo partito è di centro-destra, che la Von Der Leyen è della Cdu e che la sua commissione europea è stata definita ‘la più a destra della storia europea’".
E conclude con una provocazione: "Dove sta l’Ungheria nella geografia culturale di Vecchioni? Nessuno glielo chiede e quindi, purtroppo, rimarremo con il dubbio".
Lucarelli non risparmia un’ultima bordata: "L’Europa ‘non nasce perfetta’, dice Vecchioni. Grazie per avercelo ricordato, perché ascoltando questo discorso accorato c’eravamo d’un tratto dimenticati della tratta degli schiavi, dello sterminio dei nativi d’America, dell’olocausto e di Srebrenica".
Un discorso, quello di Vecchioni, che voleva essere un’ode all’Europa e si è trasformato, secondo la Selvaggia, in un manifesto di un passato che sarebbe meglio non riportare in auge. E la domanda resta: se l’avesse pronunciato qualcun altro non catalogato come “buono” e “illuminato”, avrebbe ricevuto lo stesso trattamento indulgente, Lucarelli a parte?
