Gli artisti sono spesso al centro dell’attenzione per quello che fanno, più che per la loro musica. I fatti contano più delle parole? Può darsi. Alla fine sono umani come chiunque altro. Li ergiamo su un piedistallo, a volte, perché ci sembra abbiano quella caratteristica che vorremmo avere, o magari i soldi, la fama e tutto il resto. Alla fine, però, se X scrive una canzone, ed è un capolavoro, o una hit, ma sembra essere una “brutta persona”, come ci si dovrebbe comportare? Scindere artista e persona non è facile. Non è semplice farlo nemmeno con Shiva. In questi ultimi mesi, più che per la sua musica, si è parlato di lui per la sparatoria, avvenuta in zona Ovest a Milano, nei pressi della sua casa discografica, che gli è costata una condanna a sei anni e mezzo di carcere.
Quello che sorprende (almeno chi scrive) è che nessuno, perché magari è scomodo scriverlo, ha fatto notare che Shiva, una volta scoperto l’esito della sentenza, ha postato su Instagram quello che sembrerebbe essere un vero e proprio servizio fotografico. No, non parliamo solo di foto scattate di sfuggita, per immortalare un momento “importante”, nel bene e nel male. Parliamo proprio di foto posate. Un dettaglio che non è stato ritenuto particolarmente rilevante. Meglio scrivere “Free Shiva”, senza nemmeno rendersi conto di cosa voglia dire. Il post con le foto risale al 10 luglio, giorno della sentenza. A seguire un altro post, pubblicato il 23 luglio, con la didascalia “House arrest TNGZ”. Tenete a mente questo dettaglio, non lo stiamo raccontando per caso. Infine, il post pubblicato ieri, martedì 20 agosto, per annunciare l’uscita del videoclip ufficiale di “First day out”, con una didascalia piuttosto minimal. Shiva avrebbe preferito raccontare su YouTube il perché della pubblicazione solo nella data di ieri del video: “È uscito solo oggi perché non mi è stato permesso di pubblicarlo in contemporanea con l’uscita del singolo. Per ringraziarmi di tutto l’affetto che mi avete dimostrato in questo periodo difficile ho deciso comunque di condividere con voi il mio primo giorno fuori dal carcere prima dell’uscita di nuova musica. Take 5 out soon”.
Nel brano, Shiva racconta come ha vissuto questa vicenda, dell’esperienza in carcere, che non gli ha permesso di veder nascere suo figlio, di quanti siano stati contro di lui. In conclusione, il rapper di zona Ovest ringrazia Dio “per avergli dato una seconda possibilità”, gli avvocati, la famiglia, i fan che gli sono stati vicini e gli amici. In particolare, Shiva spera che quello che gli è successo sia “un buon esempio” per non fare “le cose che non vanno fatte”. Ecco, Shiva vorrebbe essere un buon esempio. E la sua storia può insegnare tanto, sicuramente. Allo stesso tempo, però, forse le foto in casa del sopracitato post del 23 luglio, tra collanone diamantate e pacchi di banconote, non sono esattamente “il buon esempio” che i giovani vorrebbero vedere. Come, probabilmente, non lo sono neanche le foto scattate fuori dal tribunale sul suo mega Lamborghini.
E nel video vediamo replicate più o meno le stesse cose: collanone, soldi, fumo, atteggiamenti da "gangster wannabe”. Tutte quelle cose a cui si aggrappano spesso anche le cariatidi per dire che il rap è sinonimo di violenza, di malavita, di legalità al limite. Quando sappiamo benissimo non essere, sempre, così. Il messaggio che però potrebbe passare è proprio questo: sono finito in carcere, quindi adesso posso davvero fare il duro. Nessuno vuole giudicare Shiva. Ma alla fine, si finisce per farlo in qualche modo. Si arriva a non riuscire neanche a concentrarsi sui momenti di dolcezza con suo figlio, che vediamo nel video, o con la sua ragazza, distratti da tutte quelle collane luccicanti. Si finisce per diventare come gazze ladre, attirate dalla luce, dimenticandosi tutto quello che sta intorno.