Che piaccia o meno Sfera Ebbasta è un modello. Lo è per i ragazzini delle periferie, perché sperano di salvarsi come lui e per i bambini che lo vedono come un pupazzo colorato e dipinto. Lo è per le adolescenti che cercano i primi amori e per qualche genitore che si è lasciato conquistare abbandonando i pregiudizi, ma lo è soprattutto per i colleghi e gli aspiranti rapper. La scena rap italiana con l’arrivo della trap ha subito una svolta storica di cui Sfera Ebbasta è stato l’apripista, con tutto i vantaggi e gli svantaggi che ne conseguono. Ieri sera per la terza volta il Forum di Assago ha registrato il tutto esaurito per Sfera Ebbasta e stasera seguirà il quarto. Un risultato non scontato, ma prevedibile, per uno che a giugno ha riempito lo stadio di San Siro. Certo a Milano gioca in casa, per questo può contare ogni giorno su qualche ospite, come Paky e Tedua che lo hanno accompagnato per tre tracce. Presente nel pubblico invece Charlie Charles, lo storico produttore complice del suo successo, conosciuto fra i tavoli di un McDonald. L’entrata è epica, su un ledwall gigantesco sul fondale appare lui impellicciato e mascherato, che imbraccia una mazza, con cui spacca illusoriamente il vetro dello schermo, per poi apparire in carne e ossa sul palco. La scenografia replica il suo habitat d’origine, il blocco di palazzoni e cemento. Una struttura di cubi variamente aggregati in modo da costruire una specie di rifugio urbano si tinge di murales diversi a seconda delle canzoni. Scorrono una dopo l’altra le hit che l’autoincoronato trap king ha sfornato negli anni e non ce n’è una che riesca ad abbassare il tono del concerto. È naturale che nel corso di uno spettacolo ci siano dei momenti più distesi degli altri, in cui la reazione del pubblico è più pacata, per Sfera invece niente montagne russe, dall’inizio alla fine mantiene sempre la stessa energia. Potrebbe non cantare, tanto tutti urlano a memoria le parole, che a tratti, per l’emozione, lascia sovrastare le sue. Nei momenti più concitati, come su “Visiera a becco” o “Piove”, il suolo trema, tanto è la forza dei salti della gente.

Un’unica pausa divide il concerto a metà, un video in cui tornano a dominare i palazzi, la desolazione delle periferie e le frequentazioni sbagliate, i soldi facili, le panette di hashish e gli appartamenti angusti. La voce di Sfera trasfigura queste immagini, che da simbolo di degrado diventano emblema di rivalsa. “Vivevamo nascosti in questi palazzi e i nostri sogni erano bugie”. Anche in questa data non è mancato l’omaggio a Shiva, a cui Sfera è molto vicino, come dimostrano le foto che li ritraevano assieme il giorno dell’udienza, che ha scagionato Shiva dall’accusa di tentato omicidio. La scritta “Shiva è free” ha sostituito così l’appello “Free Shiva”, con cui nelle esibizioni precedenti supportava la battaglia del collega. Quello a cui abbiamo assistito è stato esattamente il concerto che ci aspettavamo, la strafottenza appassionata di Sfera, il coinvolgimento alle stelle delle persone, l’impressionante scenografia. Sfera Ebbasta ormai è un canone da seguire, a partire da sé stesso. Questo tipo di spettacolo, infatti, privo di musicisti e colmo di tecnologia, in cui sugli ospiti invitati si scommette come in un gioco d’azzardo, è stato disegnato nel tempo da tutto il movimento della trap italiana a cominciare da lui. Questo è il modello da seguire o da stravolgere, ma mentre per i colleghi la necessità di divergere è una questione di identità, per Sfera lo stimolo di tradire sé stesso non si è ancora manifestato, rimanendo così il Trap King di Cinisiello come tutti lo conoscono.

