Per il comparto live del rap italiano è stata una settimana di fuoco sui social: una serie di eventi (scollegati tra di loro, ma parte dello stesso macro-problema, come vedremo poi) sono stati infatti estrapolati dal contesto e resi virali, a volte uscendo addirittura dalla bolla di Instagram e TikTok. Il primo in ordine di tempo risale a martedì 25 giugno, ma il caso è esploso molto più avanti, all’inizio di questa settimana, quando persino testate generaliste come La7 hanno ripreso la notizia. Sfera Ebbasta è sul palco della sua seconda data di San Siro, sta rappando M’ Manc, quando all’improvviso un fan evidentemente giovanissimo trova il modo di entrare in scena e cerca di abbracciarlo. Lui lo respinge, un tizio della security interviene per accompagnarlo fuori e la cosa finisce lì. Poco prima anche un altro ragazzo si era imbucato sul palco per salutarlo durante Tesla. Sfera si interrompe e si rivolge alla platea: “Lo dico una volta sola raga, quando vi devo dare il cinque scendo io: per favore, non venitemi a cagare il caz*o sul palco, vi scongiuro, per favore. Voglio bene a tutti ovviamente, scenderò a dare il cinque uno per uno, a tutti e 60.000. Però per favore, basta salire sul palco, perché se si fa male qualcuno poi è colpa mia quando in verità non è così, quindi…”. Sfogo comprensibile, visto anche quanto lo ha segnato umanamente la tragedia di Corinaldo, in cui diversi suoi fan persero la vita in un incidente dovuto alla calca; e ancora più comprensibile se si pensa che la sera prima Dede, un climber diciassettenne (tra l’altro munito di pass al collo, che chissà come aveva ottenuto), era salito fin sulle travi d’acciaio dello stadio per immortalarsi sospeso sul pubblico. La reazione dei fan sui social però non è stata delle più amichevoli, tanto da spingere Sfera a giustificarsi anche lì: “Mi spiace per il ragazzino che è salito sul palco. Scusami bro, non volevo! Se qualcuno lo conosce me lo linki e gli regalo un accredito per uno degli show del 2025!”.
Il secondo episodio risale al 27 giugno e ci troviamo a Padova, più precisamente al concerto di Noyz Narcos e Salmo. A un certo punto, nel bel mezzo di un pezzo, i due si interrompono perché si accorgono che c’è un fan in difficoltà tra le prime file e pensano che si stia sentendo male (Salmo ha l’abitudine di fermare sempre i suoi concerti se avvista o gli segnalano una persona a rischio nella folla). Gli chiedono se sta bene, e la risposta del fan è: “Mi spingono”. La replica di Noyz non è delle più gentili, sulle prime: “Ma che caz*o mi dici che ti spingono? È un concerto, vai dietro se non vuoi farti spingere! Ma vafanc*lo, va’”. Salmo rincara la dose, anche se più bonariamente: “Sai le botte che ho preso io? Bro, allarga le gambe e punta i gomiti, vedrai che non ti spinge più nessuno”. Viene poi fuori che era anche lui un ragazzo giovanissimo, accompagnato dalla mamma, che era pure lei nel pit e veniva spintonata dai fan che pogavano. Salmo e Noyz a quel punto fanno salire sul palco madre e figlio, li ringraziano di essere venuti al concerto, si scusano e li salutano, ma ovviamente questa clip non diventa virale a differenza della prima, quella in cui apostrofano il fan. E anche in questo caso, i commenti seccati sui social fioccano.
Terzo e ultimo momento virale. Anche in questo caso è il 27 giugno e siamo a Milano, all’Ippodromo, dove è atteso Tedua per la prima delle sue due date in città. In entrambe, il suo concerto è aperto dal set di un rapper straniero: 21 Savage il primo giorno, Offset il secondo. Si tratta di nomi immensamente famosi in patria, che arrivano ai vertici della classifica Usa e suonano regolarmente davanti a decine di migliaia di persone, e il loro arrivo in Italia sarebbe stato accolto trionfalmente, in una situazione diversa. Ma in questo caso, in particolare per 21 Savage, non va esattamente così: la sua presenza è stata annunciata quando il concerto di Tedua era già sold-out da tempo, e i fan di Tedua non sono necessariamente interessati anche a lui. In più il suo set si svolge quasi tutto durante la partita Italia-Svizzera agli europei di calcio. Risultato: la gente è palesemente svogliata e disattenta, molti non sono ancora entrati nell’area concerto mentre suona, e molti altri (che erano arrivati ore prima per non perdere il posto in prima fila da Tedua) non si alzano neppure da terra, dove si erano accampati nell’attesa. Il rapper americano percepisce perfettamente la freddezza della folla, non si impegna troppo per coinvolgerla e a un certo punto se ne va addirittura dal palco, lasciando solo il suo dj a intrattenere i presenti. Anche in questo caso, i social evidenziano quella che ritengono essere una pessima figura per il pubblico italiano. Interviene direttamente Tedua con alcune storie su Instagram: “21 Savage era consapevole di non trovarsi di fronte ai suoi fan. Ha fidelizzato un nuovo pubblico ed è tornato a casa felice. Doveva venire il 30 agli I-Days (la stessa rassegna in cui ha suonato anche Tedua, ndr) ma si è spostato lui al 29 per impegni, con la data già sold-out. Il suo team si è informato su di me, ha apprezzato ed ha acconsentito all’apertura. Il mio pubblico è fantastico e molto vario: c’è chi ascolta solo me, chi la trap americana, chi ascolta De André e chi entrambi. Non si merita critiche perché la mia fan base è invidiabile. Offset ha coinvolto tutti e li ha fatti divertire. Sta anche alla bravura del performer rompere il ghiaccio in certe situazioni”.
Cos’hanno in comune queste tre situazioni apparentemente diversissime? Semplice: il pubblico del rap italiano, che soprattutto durante il periodo della pandemia è esploso talmente in fretta nelle rispettive camerette da non essere spesso abituato alla dimensione live. Oggigiorno ai concerti rap la platea media è in genere giovane se non giovanissima, e più il concerto è mega, più è facile che l’età degli spettatori si abbassi. Spesso si tratta di ragazzini alla loro prima esperienza con uno spettacolo dal vivo, piccolo o grosso che sia, e quindi del tutto ignari del contesto: ad esempio, né loro né le loro famiglie hanno apparentemente cognizione del fatto che nelle prime file spesso si poga con gran gusto, e anche con tutti gli accorgimenti e la sicurezza del caso è inevitabile beccarsi qualche spintone. L’approccio all’artista sul palco, poi, avviene con la stessa foga da contatto con cui negli anni ‘90 le fan approcciavano le boy band: la musica e il messaggio passano quasi in secondo piano dinnanzi alla possibilità di poter toccare con mano il proprio idolo, che lui lo gradisca o no, e se non lo gradisce è un ingrato. Il paradosso vero e ultimo, inoltre, è che abbiamo cresciuto una generazione di ascoltatori che adora e venera il rap di casa nostra, ma che spesso non sa niente né di rap americano né di cultura hip hop se non quel poco che ha imparato sui social, e a volte non sembra neanche particolarmente interessata a informarsi e scoprirla. Non c’è curiosità rispetto a ciò che ha ispirato e dato origine al movimento italiano, o ai suoi valori fondativi, e questo ha una vasta gamma di conseguenze: dai fan del rapper italiano che snobbano il rapper americano che si esibisce prima di lui, fino alle migliaia di commenti razzisti e pro-Salvini che si trovano sotto i post di molti artisti che invece (giustamente) portano avanti un discorso che valorizza la cultura black su cui si fonda il loro genere musicale. I social, poi, non fanno che esacerbare il problema, perché siamo abituati a fruire di ogni esperienza non nella sua totalità e complessità, ma a spizzichi e bocconi: di ogni singola vicenda estrapoliamo solo pochi secondi da immortalare e ricondividere, ma il pre e il post (e le eventuali motivazioni) non ci interessano. Il racconto o avviene senza commento, come in uno screenshot, o è commentato da gente che forse farebbe meglio a tacere. Gli stessi commenti degli artisti ci interessano solo se sono in accordo con ciò che già pensiamo. La speranza è che la situazione si risolva nel giro di un paio d’anni, quando anche la nuova ondata di ascoltatori avrà vissuto un po’ di concerti e di vita vera in più; ma senza “fratelli maggiori” che li aiutino a interpretare la realtà e a formarsi un pensiero critico anche al di fuori della loro bolla web, sarà difficile crescere davvero. Letteralmente e in senso figurato.