Al cinema è uscito l’attesissimo prequel della saga, Hunger Games - La Ballata Dell'Usignolo E Del Serpente, che narra l'origine dell’universo distopico di Hunger Games in cui i giochi, i gladiatori, le telecamere e il sangue a favore di pubblico, sono simboli di una società crudele dove le disuguaglianze sociali fanno da fondamento. Sebbene la trama sia in parte familiare, Hunger Games - La Ballata Dell'Usignolo E Del Serpente ci ricorda che siamo noi a scegliere se essere buoni o cattivi. Hunger Games richiedeva un approfondimento generale dei personaggi e delle dinamiche sanguinarie e sadiche che sono state successivamente raccontate nel tempo. Tuttavia, senza il cast originale, si sente la mancanza di Jennifer Lawrence, questo ultimo film proveniente dalla famosissima trilogia fantasy, delude coloro che speravano nel ritorno del personaggio di Katniss sul grande schermo con arco e frecce.
Nel nuovo cast, composto da nomi come Peter Dinklage e Viola Davis, c’è Tom Blynth, classe 1995, un talentuoso attore britannico pronto a seguire le orme del celebre Ryan Gosling. Il personaggio interpretato da Blynth, che rivela le origini di uno dei villain meno esplorati, è il punto focale che giustifica la visione del film. Cioè lui da solo tiene in piedi tre quarti dell’opera. Altri motivi per guardare il prequel della saga includono numerosi omaggi ai fan, uno sviluppo convincente del passato di quel mondo spietato, prestazioni attoriali notevoli, una trama intensa e un messaggio finale, forse un po' scontato ma immediato e di facile interpretazione: “Tutti nascono buoni. È la scelta individuale a determinare chi diventiamo”. Siamo responsabili delle nostre azioni, abbiamo sempre una scelta, e se diventiamo persone negative o più banalmente degli stronzi arrivisti è perché lo abbiamo accettato e forse cercato pure. Questo ci ricorda una massima di vita: siamo tutti persone di valore fino a prova contraria, concetto costantemente ribadito sia dai personaggi all'interno che all'esterno dell'arena. Due però le noti dolenti: centosessanta minuti di film è un po’ oltre quello che può sopportare il pubblico e la parte emotiva viene in quale modo riassunta e compressa solo nella (lunghissima) parte finale. Voto 7 perché è un po’ come la pasta al pomodoro: piacerà a tutti.