Mettetevi nei miei panni. Fino a neanche una settimana fa me ne stavo dalle parti dell’Equatore, dove peraltro faceva meno caldo di quanto non facesse a Milano quando sono tornato, poi di colpo mi è piovuto addosso il lavoro, e ci starebbe pure, ma anche tutto Giove Pluvio, e non mi sto certo riferendo a quello interpretato da Jeff Goldblum nella serie Kaos (che vabbeh, è Zeus, ma ci siamo capiti), ma intendo proprio tutto il piovibile in terra. Non bastasse, essere stato dodici e passa ore in aereo, unito al fatto di essere ormai un vecchio catorcio, mi ha portato a un rigonfiamento di caviglie che al momento mi fa sembrare una via di mezzo tra Sora Lella e Robert Plant ai tempi dei primi Led Zeppelin, solo che io le zampe di elefante le ho senza pantaloni. Non bastasse ci sarebbe anche l’imminente inizio della scuola, con conseguente corsa alla ricerca dei libri di testo mancanti, del materiale sempre più pretenzioso e raro. La saudade, beh, quella la lasciamo da parte non serve neanche menzionarla, ma di fatto è lì, che ti tira per l’ipotetica giacchetta in un pozzo oscuro di malinconia. Certo, uno potrebbe anche dire “potrebbe andar peggio, potresti essere Sangiuliano”, e come dargli torto? Ma di fatto sono giorni complicati. Occupandomi quindi di musica non posso far altro che andare a cercare in essa, e dove se no?, uno straccio di appiglio, un’ancora di salvezza, di più, una botta di energia che mi faccia affrontare l’inaffrontabile. Spoiler, l’ho trovato. Ma mi tocca fare una pausa pipì, sono pur sempre un uomo di una certa età, e nel mentre raccontare altro, per poi arrivare al cuore del discorso.
D’estate tendo a cagarmi poco i social e non cagarmi per niente la televisione. Sui primi è quasi una questione di disintossicazione, ci lavoro e so che da settembre ci starò nuovamente infognato dentro, almeno d’estate, quando si può passare parecchio tempo in giro, e quindi in compagnia (in compagnia di altri, intendo, in casa mia siamo comunque sempre in compagnia, siamo sei), preferisco andarci giusto quel che serve. Sulla tv varrebbe lo stesso principio, ma la cosa è molto meno ragionata, non la guardo e basta, a meno che non capiti o non mi serva per qualcosa. Tornato a Milano, quindi, ho ripreso a gironzolare per entrambi, e proprio l’altro giorno sono incappato in due post che mi sono sembrati singolari. Nel primo si parlava della canzone degli Articolo 31 contenuta nell’album Protomaranza dal titolo Elite. Un canzone che ci racconta in qualche barra la storia dell’Occidente, o se vogliamo del capitalismo, dal punto di vista di chi incarna il potere senza essere appunto identificato con esso. Mi era capitato di vederlo, nelle sporadiche incursioni estive, ma stavolta il post è diverso. È di un sedicente intellettuale di destra che invece che sottolinearne la neanche troppo sottile veridicità, accampa retropensieri, parlando di una sorta di complotto al soldo del quale lavorerebbe J-Ax, indicato come uno che le ha cantate al potere solo dagli sprovveduti, in realtà parte stessa di quel sistema che finge di voler attaccare. Capita spesso, ho pensato, che quando qualcuno decide di prendere le parti di chi si dimostra bastian contrario ci sia poi qualcuno che vuole essere bastian contrario del bastian contrario, in una sorta di triplo salto mortale. Questo è il caso. Il secondo post che ho notato è quello di una cantautrice che seguo con attenzione da tempo, per la precisione da che ha esordito in pieno Codiv. Si chiama DadaSutra, all’anagrafe Caterina, ha una penna molto personale, e se vi dovessi suggerirvi qualcosa da ascoltare al volo direi indubbiamente Diva, Le cure e Principe, ma ascoltatevi tutto quel che trovate e farete comunque bene. In questo post, accompagnato da una foto che la mostra, da lontano, in mezzo a un lago di montagna, mentre se ne sta apparentemente nuda, è lontana e autocensurata, DadaSutra ci parla della propria estate, poi vedremo che ci parla di una parte della sua estate, passata facendo trekking, praticando nudismo, facendo bagni in laghi ghiacciati, e di conseguenza a letto con 39 di febbre. Nell’ultima delle foto, nel post ci dice “prego”, sottintendendo un “grazie”, c’è sempre lei, nel medesimo lago, di spalle, a mostrarci il cu*o. DadaSutra, in arte Caterina Dolci, è anche Kaj, bassista della nuova versione della punk band tutta al femminile delle Bambole di Pezza. Con lei la cantante Cleo, la batterista Xina, oltre le due storiche Morgana e Dani alle chitarre. Veniamo a noi, o meglio, a me. E a loro.
Ultimo giretto all’Autogrill, prima di riprendere il viaggio, tipo quando si passa davanti alla Noce di prosciutto, nel labirinto costruito a arte prima dell’uscita. A giugno ho portato Bestiario Pop, che è poi il format di interviste che qui su MOW potete vedere, nel quale con mia figlia Lucia intervistiamo cantanti a partire da strani animali. L’abbiamo fatto in un teatro bomboniera dalle parti del Duomo, il Teatro Gerolamo, grazie all’energia e forza di volontà della cantautrice Valentina Parisse, che con le canzoni eseguite, canzoni dedicate a animali, ha accompagnato letture tratte dal mio omonimo libro, Bestiario Pop, appunto. Con noi sul palco, oltre Lucciola, Valentina e me, intendo, anche Andrea Mirò, Francesco Baccini e due/quinti delle Bambole di Pezza, Cleo e Dani. A loro due è capitato il passaggio dedicato proprio al Tasso del Miele, che come è noto è il mio animale guida, e proprio il racconto in sé ha spinto Cleo, lì come spettatrice, inizialmente, a salire sul palco e leggere insieme a Dani, in uno dei momenti più emozionanti della serata. Una vera performer, forza della natura in grado di mangiarsi il palco anche solo a leggere. Arriviamo a noi. È uscito il singolo delle Bambole di Pezza dal titolo Cresciuti male. È una canzone che parla di essere outsider, quindi del non riconoscersi mai nel “tutti quanti”, e suona spigolosa e affatto pop, a differenza di quanto si potrebbe pensare di una band punk dei giorni nostri. Per intendersi, niente che possa anche vagamente suonare edulcorato o ruffiano. Una canzone punkeggiante, toh, sicuramente non hardcore per come lo si intendeva negli Usa negli anni Ottanta e Novanta, ma comunque lontana da quella roba che tanto infiamma i millennials, parlo dei Sum 41 o dei Blink non ricordo manco che numero. Scuserete se sono tranchant, ma sono cresciuto coi Dead Kennedys e gli Hüsker Dù, con Henry Rollins Band o coi Fugazi. A far compagnia a Cleo e compagnia bella, è evidente che nella nuova versione delle Bambole di Pezza, dove tutte le componenti sono esattamente al posto giusto, Cleo ha un ruolo di primaria importanza, vera frontwoman capace di catalizzare come poche l’attenzione, c’è J-Ax, stavolta senza il compare Dj Jad. A accomunare lui e le ragazze, è chiaro, una medesima attitudine, visione del mondo, o forse sarebbe meglio dire, stessa modalità di stare al mondo, di sentirsene parte e di conseguenza di muovercisi. Un featuring che non sembra un featuring, non perché J Ax non canti come J-Ax, lo dico per quanti avendolo visto con la barba scura, un po’ alla Eminem, hanno pensato che sia in realtà un clone messo lì dal sistema, immagino il sedicente intellettuale di destra di cui sopra sia tra questi, sorta di Paul McCartney che attraversa le strisce pedonali di Abbey Road neanche troppo simile all’originale, in giro c’è davvero gente pazza, ma perché la sua presenza è assolutamente coerente e iscritta nel Dna della canzone, al punto che sembra tutti i coinvolti non abbiano fatto altro che star lì a cantare e suonare insieme da sempre. Questo per dire che Cresciuti male, a dirla tutta, la avrei potuto cantare anche io con Cleo e J-Ax, non solo perché di fronte a un microfono gliela ammollo pure io, ma perché credo di poter indossare coerentemente quel testo tanto quanto loro. Una canzone che ha un tiro pazzesco, e che immagino avremo modo di ascoltare nelle prossime date delle nostre, possibilmente con la presenza di Ax come ospite (sicuramente ci sarà in quella del 25 novembre ai Magazzini Generali). Un’ottima notizia, il ritorno delle Bambole di Pezza, ritorno ormai avvenuto da un po’, al pari di quello dei Finley (le due band per altro duettano, sempre che si chiami duetto anche un brano eseguito da due band insieme nell’album Pogo Mixtape Vol.1, nel brano Blockbuster). Tutto è bene quel che finisce bene, dunque, il rientro a Milano è stato complicato, lo è ancora, ma ho trovato la canzone che cercavo, Cresciuti male di Bambole di Pezza e J-Ax. Ma il cu*o di Dada Sutra? Perché l’hai citato? Ti andava di parlare di un cu*o, così, gratuitamente? Anche, perché no, in giorni di pioggia e di rientri forzosi e forzati un bel culo su sfondo lacustre non può certo far male. Ma è che a volte, se Instagram ci ha insegnato qualcosa è proprio questo, in tempi così distratti e superficiali come questi serve una immagine capace di sintetizzare quel che a volte occorrono troppi secondi per dire, e l’ultima immagine di questo post di DadaSutra cristallizza proprio quello che le Bambole di Pezza e J-Ax, e io con loro, dicono in Cresciuti Male. Quello che dicono a tutti coloro che ci dicono che “dobbiamo cambiare”. Un messaggio semplice, diretto, veicolabile da una semplice foto: baciateci il cu*o (con o senza laghi ghiacciati nei pressi).