La musica, se per caso non ve ne siete ancora accorti, non è matematica. Non c'è un'equazione che porti al successo assicurato, ai dischi d'oro e di platino, ai numeri negli streaming o alle vendite delle copie fisiche. In un mix di tantissimi fattori, che spesso remano a favore e contro gli artisti, c'è un unico vero luogo in cui tutti possono dimostrare cosa sanno davvero fare: il palco. Lì, in quei metri che separano i cantanti (e i musicisti) dal pubblico, si dimostra davvero chi si è e cosa si sa o non si sa fare. Quante volte, se siete stati a più di un concerto nella vostra vita, vi sarà capitato di rimanere delusi durante un live? I motivi sono diversi: un'acustica pessima, una scaletta che non soddisfa, ma soprattutto un artista che non riesce a performare come vi sareste aspettati.

Ecco, forse i Modà non saranno campioni di streaming oggi, ma sul palco dimostrano che sì, meritano di esserci. E lo dice una che non è fan, che non li ha mai ascoltati assiduamente, che conosce i loro brani più famosi, le canzoni di Sanremo e qualche altra. Lo dico per amore della verità e perché sono stata al loro concerto a San Siro per pura curiosità. E per amore della musica, perché chi fa questo lavoro dovrebbe avere le orecchie aperte e la mente sempre libera dai pregiudizi.
Noi giornalisti sbagliamo spesso e sappiamo, anche se facciamo fatica ad ammetterlo, quanto le nostre parole e i giudizi che diamo possano avere un peso. Lo insegna la storia della musica: gli artisti che sono stati affossati e quelli che sono stati osannati ancora prima di diventare davvero delle star. Lo dimostrano quelli che non diventeranno mai grandi e quelli che appaiono ogni giorno sui giornali, a volte anche per motivi poco nobili.
Lo stadio è pieno, 56mila persone, e chi dirà il contrario racconterà una storia non vera. E non ci sono solo cinquantenni che si mandano gif glitterate su WhatsApp per darsi il buongiorno, ma anche tantissimi giovani. O meglio, giovanissimi, ragazzi poco più che maggiorenni. Sono qui per i Modà, una band con una carriera lunga alle spalle, segnata da difficoltà e da una ripartenza che non si gioca su un piano astratto, come quello dello streaming, ma concreto come quello di un'importante location come San Siro.
24 canzoni in scaletta per questa prima tappa del tour "La notte dei romantici", dai brani più famosi come La notte, Tappeto di fragole e Come un pittore a Non ti dimentico, brano che hanno portato a Sanremo, dove non torneranno più. Lo ha raccontato durante l'incontro stampa pre-concerto Kekko Silvestre, frontman della band. Una grande delusione, con gli zero della sala stampa che pesano e fanno male.

Kekko, va raccontato, è un artista che attira l'attenzione, con una dualità sorprendente: da un lato gentile e affabile, con un grande amore per la musica, dall'altro un uomo che non ha paura di dire quello che pensa. Uno che sa che i titoli dei giornali si concentreranno sul suo "periodo no", sulla depressione, sugli errori e sulle critiche rivolte all'industria discografica. Uno di quegli artisti che non ha paura di dire "non so se sono uscito da quel momento no".
"La depressione non è un virus, vive dentro di te. Sicuramente questo è un momento migliore e il messaggio positivo che cerco sempre di dare è di non abbassare mai la testa, ma di rialzarla, parlare e farsi aiutare" ha raccontato Kekko durante l'incontro. "Se mi avessero detto qualche anno fa che avrei fatto San Siro non avrei accettato, perché non avevo le forze mentali. È uno sforzo enorme per chi non è abituato e noi non facciamo gli stadi, per i Modà sono eventi speciali. Ho paura, ma mi stimola, perché so che sono anche cose belle".
E anche sulla scena musicale contemporanea Kekko Silvestre ha una visione molto chiara: "Ci sono momenti in cui mi dico che cavolo scrivo a fare, potrei scrivere anche 'Imagine' ma non se la calcolerebbe nessuno. Il momento musicale vuole altro, ed è un peccato, perché ci sono giovani come Olly e Alfa che scrivono cose belle e interessanti, sono il futuro della musica pop, il resto è una carneficina".
E tornando al Festival di Sanremo, in chiusura dell'incontro con la stampa Kekko Silvestre ha raccontato: "Ho rosicato, perché quando sei quinto al televoto del pubblico, ma ultimo per la sala stampa e le radio… Non mi puoi mettere zero, perché dietro ci sono esseri umani, sentimenti e sacrifici. Avrei accettato altro, ma ultimo no, perché ho 25 anni di carriera, mi sono spaccato il cu*o, ho fatto la gavetta e questa non è un'offesa a noi, ma alla gente che ci segue, che ha speso soldi per votarci. Non tornerò mai più a Sanremo".
Quello che conta davvero, però, questa sera è il live a San Siro, supportato da un pubblico numeroso che canta tutte (e lo fa davvero) le canzoni dei Modà. Ed è la vera vittoria di Kekko Silvestre, Enrico Zapparoli, Diego Arrigoni, Stefano Forcella e Claudio Dirani. Mentre la stampa parla (e continuerà a farlo), loro hanno riempito San Siro. Non è andato sold out? Pace. Meglio 56mila persone reali che uno stadio completamente pieno di gente arrivata lì perché hanno dovuto regalare i biglietti, svenderli, rincorrere il "tutto esaurito" a ogni costo.
