Ieri sera davanti a 11.000 persone per la prima volta Baby Gang ha cantato al Forum di Assago, per la seconda tappa de “La fine del mondo tour”. La data è stata riprogrammata varie volte per i problemi giudiziari di Zaccaria Mouhib, questo il suo vero nome, che nonostante le condanne ricevute, ha ottenuto il permesso di esibirsi. Il concerto inizia con un video in cui si alternano immagini apocalittiche di città immaginarie, per finire con il Duomo di Milano in fiamme, che coincide con l’ingresso in scena di Baby Gang. C’è solo lui, il dj e un’architettura di ledwall che, come una fascia che abbraccia il palco, sale e scende in base alla scaletta. Un primo piano immortala lo sguardo. Due occhi che bucano lo schermo e si fanno strada come proiettili tra quelli della gente, con un velo di tristezza e paura, con cui è impossibile non empatizzare. Una sagoma esile avvolta in una tuta di marca, si sforza di essere all’altezza di un pubblico troppo vasto, che non è mai riuscito a vedere, anche se è il rapper italiano più ascoltato su Spotify. Si aiuta con l’auto-tune e le doppie voci, a cui si affida quando non riesce a stare dietro al ritmo, ma dopotutto cosa si potrebbe pretendere da un ragazzo appena ventenne, che ha fatto avanti e indietro dalle carceri da quando era minorenne? Baby Gang è passato dalle celle di pochi metri quadrati a un palazzetto sold-out solo con le parole, che, per quanto dure e scorrette, gli hanno regalato un alone di credibilità, riconosciuto da tutta la scena Hip-Hop italiana e internazionale. «Venivo da un buco e ora sono qui, non cercate scuse, non è fortuna, tutti ce la possono fare, il cuore è tutto, la vita è una sola», così sprona i giovani presenti, quasi tutti appena maggiorenni. Tra gli ospiti, oltre agli amici Sacky, Simba La Rue e Neima Ezza, sono arrivati anche Geolier, Ghali, Kid Yugi e Tedua insieme per la prima volta per cantare “Paradiso artificiale”, Lazza, J Lord, Paky e Rocco Hunt. Anche Emis Killa ci tiene a far notare che Zaccaria ha una luce negli occhi che lo fa brillare e racconta delle chiamate che si fanno di notte, dove lui gli dispensa consigli da fratello maggiore. Al turno di El Morad, l’unico ospite internazionale della serata (è un rapper spagnolo di origini marocchine), il Forum esplode, come neanche Sfera Ebbasta riuscirà a fare poco dopo. Sventolano bandiere del Marocco sopra e sotto il palco, segno che un’Italia multietnica non solo è possibile, ma è già realtà. Per questo Baby Gang ha ringraziato anche Ghali, “Se oggi sono qua è anche per merito tuo”, riconoscendogli il ruolo di apripista come italiano di seconda generazione nel mainstream nazionale.
Baby Gang come Ghali, non è solo un rapper, è una voce che urla con un megafono in faccia a chi non vuole vedere la nuova Italia. Non è solo spettacolo, è politica. Così come la scelta di cantare “Marijuana” insieme a Ghali con quella che sembrava essere a tutti gli effetti una canna. Dopo la stretta del governo sull’uso della cannabis, una performance del genere è una presa di posizione chiara, che né Baby né Ghali hanno paura di prendere. C’è spazio anche per una riconciliazione storica tra Baby Gang e Il Ghost, con cui aveva avuto degli screzi e non vedeva da ben tre anni. Non l’ha voluto incontrare prima nel backstage per non rovinare l’incontro, che si è concluso con un invito al perdono, dimostrandosi tutto fuorché violento: “Tutti dobbiamo perdonare, perché Dio perdona e noi non siamo un cazzo per non perdonare”. Il Ghost replica sempre appellandosi a Dio: “Dio è grande, se questo ragazzo è qui questa sera è perché Dio vede tutto e se lo merita”. Quando il concerto sembrava finito, si riaccendono le luci e compaiono Baby Gang, Emma e Fabri Fibra, riuniti per la prima volta per cantare insieme “In Italia 2024”, la rivisitazione moderna del pezzo di Fibra con Gianna Nannini del 2007. Sulle ultime note si vede Baby Gang discutere con un agente e in pochi secondi una pattuglia di pseudo carabinieri e polizia invade il palco e blocca l’esibizione, mentre sul fondale appare in video Ilaria Cucchi. Per un attimo sembra tutto vero poi, spariti Emma e Fabri Fibra, viene inscenata una cattura con conseguenti maltrattamenti, che finiscono quando dietro a un velo di velluto nero Baby Gang incappucciato scompare nel nulla, per riapparire dalla parte opposta nel pubblico con una maschera, schernendo gli aggressori per averla fatta franca. Una rappresentazione forte al limite dell’oltraggio, ma che denuncia un fatto di cui Baby Gang si fa portavoce. Lui stesso è stato incarcerato all’Istituto penitenziario minorile Beccaria di Milano, in cui tanti agenti sono stati arrestati e sospesi ad aprile 2024 per violenza sui detenuti. Con la luce le file dell’arena tornano a essere visibili e tra tutti uno striscione solo le interrompe, quello della comunità Kayros di Don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria, che Baby Gang ha frequentato a lungo e alla quale è molto riconoscente. Nero su bianco si legge “Non esistono ragazzi cattivi. Baby Gang uno di noi”.