Ed Sheeran è un artista per tutti. Forse non può contare su una fanbase impazzita che lo venera come fosse un santino - come succede invece con Taylor Swift, Justin Bieber, Ariana Grande e compagnia - ma, allo stesso tempo, proprio perché non genera quell’eccesso di entusiasmo, evita anche l’effetto opposto: non ha un vero e proprio esercito di haters. E in effetti, perché mai qualcuno dovrebbe odiarlo? Forse solo perché le sue canzoni passano ovunque - alla radio, in TV, sui social - al punto che è impossibile non conoscerle, volenti o nolenti. E infatti, al concerto c’era davvero ogni tipo di pubblico: chi voleva semplicemente godersi uno show senza troppe pretese, chi conosceva ogni singola parola a memoria, e chi magari era lì solo per le hit (e ce ne sono tante). Ed emoziona. Non importa se lo ascolti distrattamente alla radio o se sei uno di quelli che si commuove al primo arpeggio: qualcosa, prima o poi, ti arriva. E non è poco, in un panorama musicale dove spesso tutto sembra costruito a tavolino. Nonostante l’industria cerchi di spremere ogni goccia dagli artisti che funzionano, Ed ha saputo restare fedele a sé stesso. Sul palco è sempre lui: un ragazzo semplice, jeans e t-shirt, con un microfono e la sua chitarra (anzi, le sue – acustica ed elettrica), il loop station, la voce calda e quel modo unico di raccontare storie. Il suo stile è inconfondibile, così come i suoi testi, che parlano spesso d’amore, ma non solo. Raccontano momenti, ricordi, malinconie, piccole verità che suonano universali.
Il palco era circolare, con i membri della band disposti su diverse strutture intorno al cerchio. Curioso vederli così, ognuno con un proprio "quadrante" personale, come se fossero satelliti che ruotavano attorno a Ed. In alto, sospesi, c’erano dei grandi plettri che in realtà erano schermi, dove venivano proiettate immagini di Ed insieme a qualche effetto grafico che cambiava a seconda della canzone (molto carino, va detto). Nessun ballerino, nessun colpo di scena teatrale: solo lui, che cantava e suonava. Il che ci sta - è il suo stile, lo sappiamo - ma forse un piccolo tocco in più non avrebbe guastato. Per compensare la semplicità scenografica, ogni tanto partivano dei fuochi d’artificio o dei fumogeni. Considerando il caldo asfissiante, povero lui: sudava l’anima mentre si trovava al centro di quell'“anello di fuoco”. Per coinvolgere il pubblico, faceva ogni tanto la classica mossa alla Freddie Mercury, urlando “oooo” e facendo cantare la folla. Funziona sempre, ma anche qui: niente di nuovo. E a proposito di pubblico, sarebbe stato bello ricevere quei braccialetti luminosi che ormai si vedono in tanti concerti. Invece nulla. Alla fine ci si è arrangiati con le torce dei cellulari. Un po’ old school. Non che fosse obbligatorio, certo, ma l’effetto visivo dei braccialetti avrebbe aggiunto qualcosa. L’unico vero “effetto sorpresa” è stato il super ospite. Ma niente artisti internazionali da far spalancare la bocca: è salito sul palco Ultimo. Sì, proprio Niccolò Moriconi, che ha cantato "Piccola stella" e poi ha duettato con Ed in "Perfect", alternando la versione inglese a quella in italiano. Forse per il team di Ed è stata una scelta entusiasmante. Per il pubblico, invece, dipende: o ami Ultimo, o proprio non lo reggi (musicalmente parlando, ovviamente). Ma è importante specificare che questa sorta di Eras Tour di Ed Sheeran è stato comunque un successo. Lui resta bravissimo, semplice e soprattutto autentico. E oggi è cosa rara.
