Nell’offerta estiva della musica dal vivo c’è un appuntamento imperdibile per gli amanti dell’Hip-Hop più sinceri. A Marina di Ravenna da ormai undici anni l’ultima settima di luglio si radunano freestyler, rapper, giornalisti e addetti ai lavori di ogni sorta per celebrare una cultura che, sebbene non proprio di nicchia, rimane ai più un mondo sconosciuto. Il festival, iniziato lunedì e conclusosi domenica 27 luglio, è andato avanti per tutta la settimana, con una programmazione in cui si alternavano talk e concerti a battles di freestyle. Fra i nomi di punta: il produttore Dj Shocca, i rapper Axos, Conway the Machine direttamente da Buffalo e la giovane Marte. Tutti artisti che fanno della fedeltà a una cultura, più che a un genere, un distintivo di credibilità. Se le prime serate hanno beneficiato di un clima decisamente più estivo, venerdì e sabato la pioggia ha messo a rischio la riuscita degli eventi, un inconveniente che però ha regalato un’atmosfera più intima e privilegiata a chi non si è fatto scoraggiare. Così al termine del concerto di Axos, i suoi fan più accaniti, auto incoronati Sad Army, hanno avuto l’occasione di restare a parlare con il loro artista preferito fino a tarda notte. Nella serata di sabato invece hanno fatto da protagonisti i partecipanti al contest di freestyle capitanato dagli Arcade Boyz, il duo di Youtuber specializzato in rap reaction, che da quasi dieci anni racconta la scena hip-hop underground e mainstream. Ad aver battuto il vincitore in carica Redrum, dopo una lunga sfida fatta di parole, ritmo e provocazioni è stato Antracite, da Palermo. L’ultimo round era un botta e risposta con rime incentrare su uno degli oggetti che, di volta in volta, venivano pescati da una scatola misteriosa. Tutto a cappella. Alla fine, anche con l’aiuto del pubblico, la giuria ha premiato all’unanimità Antracite, per la sua verve comica e l’originalità delle immagini. L’energia che trionfa si percepisce tra tutti i presenti, uniti invisibilmente da una rete fitta di legami. Ognuno offre qualcosa e a sua volta trae un beneficio, in uno scambio mutualistico di passione e bisogni, dove tutti sono uguali. Tant’è che a vedere le battles erano presenti anche due artisti da cartellone. Murubutu, il professore del rap e Willie Peyote, reduce dall’ultima edizione di Sanremo, erano mimetizzati tra il pubblico ad assistere allo spettacolo, stavolta sotto al palco. Per capire come mai un evento, che ha luogo in uno spazio convenzionalmente non adibito alla musica, abbia così successo, abbiamo fatto qualche domanda a Moder, rapper che da ormai undici anni segue la direzione artistica del festival.

Intervista a Moder
Con quale intento hai creato questo festival più di 10 anni fa?
L’idea è partita da me e Brain. Era un periodo dove a Bologna c'era molto fermento e spesso passavano artisti con cui avevamo connessioni. Io avevo uno spazio a Lido Adriano e pensammo di chiamare chi in quel momento per noi stava spaccando nell'underground. Volevamo creare un momento di incontro vero tra artisti e pubblico, un evento unico per chi seguiva un certo tipo di musica. Di fatto abbiamo cercato di organizzare qualcosa, a cui avremmo voluto partecipare anche noi.
Come descriveresti l'underground italiano oggi?
Oggi l’underground è pieno di talento ma è molto spaesato. Il mercato, la pandemia, la bolla dei concerti ha eliminato ogni alternativa e i ragazzi sono orfani di un movimento che va ricreato dal basso, ma i presupposti ci sono. Speriamo arrivi una piccola rivoluzione.
Come è cambiato rispetto a quando hai cominciato?
La generazione prima della nostra aveva fatto dei disconi e grandi eventi, ma quando abbiamo iniziato non c'era più nulla.... Avevamo una furia cieca di farci sentire quasi ad ogni costo. Poi arrivò Fibra, i Dogo e lentamente cambiò tutto. Ecco, Under Fest nasce anche per costruire, a partire da un risveglio della scena. Volevamo fare la nostra parte ma alle nostre condizioni.
Che difficoltà hai incontrato nel tempo a organizzare un festival in spiaggia a Ravenna?
Abbiamo cambiato molte location a mano a mano che il festival cresceva. Siamo partiti al chiuso per poi arrivare in spiaggia. Il problema principale è reperire i mezzi economici e tecnici per tirare su la cosa. Ogni anno siamo a rischio, ma in qualche modo ce la facciamo.
Il freestyle è fondamentalmente una competizione a parole, i contest però sono un grande momento di condivisione, non pensi che possa avere anche un ruolo educativo?
L'arte tutta ha anche un risvolto educativo, non credo però sia il centro dell'esperienza. Se un movimento diventa promotore di socialità e contenuti ha per forza dei risvolti socioeducativi, ma sono una conseguenza del fare artistico.
Le istituzioni locali vi supportano?
Comune e regione ci aiutano da anni, le risorse nazionali per la cultura sono quelle che sono, ma ci sono sempre stati vicini e li ringraziamo per questo.
Come vedi il futuro di Under Fest?
Quest'anno è stato incredibile a livello di presenze da tutta Italia, con i picchi di Martedì con Dj Shocca e Giovedì con Conway the Machine, ma ogni giorno è stato magico. Sono passate migliaia di persone. Spero in un futuro solido, ma purtroppo siamo costretti a navigare a vista. La volontà di rifarlo è forte, speriamo di riuscire a trovare i mezzi e le energie.

