Noi di MOW siamo andati al Festival del cinema di Cannes per raccontare le storie, le cose, i fatti che avvengono dietro il red carpet. Se ve lo steste chiedendo no, alla festa Campari o a Le Gray d’Albion non siamo entrati perché ci hanno rimbalzato. Ma noi, non ci siamo fatti prendere male e dopo svariati tentativi (falliti) la nostra rivalsa è arrivata intorno alle 4 di mattina dello scorso 19 maggio, quando tutto sembrava perduto: siamo entrati al Silencio, il club che sorge sopra il Casinò di Cannes. Molti di voi lo conosceranno come uno dei locali più esclusivi di Parigi, frequentato da vip come Naomi Campbell o Gaspar Noè, ideato dal genio visionario di nome David Lynch, ebbene il “Silencio” di Cannes dovrebbe essere una costola della discoteca di Montmartre che durante l’evento più atteso di Francia “trasloca” al Sud. Ok, ma come si fa ad entrare?
Cosa è andato storto
Ricapitolando, cacciati da ogni festa (non è bastato fingersi amico/ figlio, nella peggiore dei casi "assistente", di qualche nome grosso nel mondo del jet set. Perché noi, italiani fino al midollo e incoscienti, abbiamo creduto che fare nomi di alcuni vip nazionali sarebbe servito a qualcosa) con tanto di sfottò da parte dei bodyguard, la scorsa domenica abbiamo pensato di lasciar perdere nella nostra impresa di far serata, visto il “fallimento” della notte precedente trascorsa nei locali tamarri del centro città. Ma poi, pensandoci meglio, abbiamo deciso di insistere, perché da Cannes non potevamo andarcene senza essere stati in un posto davvero fico. Altrimenti di cosa avremmo parlato con gli amici al nostro rientro? E così dopo aver trascorso ben cinque ore del nostro tempo (dalle 22 alla 03 di mattina) in giro per la città con due simpatici conoscenti, alla ricerca di “qualcosa da bere” prima di dirigerci al tempio (al Silencio), siamo arrivati intorno alle 03.45 di fronte all’ingresso principale del club. Per accedere non serviva essere in lista, come ci hanno voluto far credere, nè acquistare alcun biglietto, l’unico modo per varcare la soglia del nostro “piccolo paradiso”? Sperare che il bodyguard ci facesse sì con la testa. Sembrerebbe che ad essere avvantaggiate fossero le persone vestite bene o in modo esuberante. Avanti belle donne in abiti elegantissimi, ragazzi in tuxedo e baffo, meravigliose drag queen, coppie e coppiette. Ma “altolà” ai gruppi. Per carità. Se il bodyguard, che assomigliava tanto a Flo Rida e assieme a lui un bellissimo ragazzo in body bianco con scollo all'americana, avessero visto tra la folla nuclei composti da più di tre persone, la probabilità di entrare nel club si sarebbe ridotta drasticamente. Ecco, noi all'inizio eravamo in sei, quindi figuratevi l’esito iniziale. “No”. O meglio, prima sono entrati i due (sconosciuti fino a qualche ora prima) che a detta di un nostro conoscente “ci avrebbero fatto sicuramente entrare”, e noialtri, i reietti ci siamo beccati, in partenza, un bel rifiuto. Ma poi...
La rivalsa
E così abbiamo deciso di riprovarci. Ma niente da fare, l’uomo con gli occhiali da sole anche nella notte buia continuava a farci "no" con la testa. "Chissà per quale motivo si era accanito tanto su di noi". Così, rassegnati, ci siamo messi a cercare un Uber. A un certo punto, dopo che gli altri due compagni si erano dileguati, un fascio di luce malizioso e bastardo iniziava a impossessarsi di noi e così abbiamo ripensato allo sguardo vagamente accondiscendente di Flo Rida, e a credere che, se fossimo stati solo noi due in fila, lui ci avrebbe fatto di sicuro entrare. Del resto eravamo elegantissimi, Domenico in completo sartoriale da uomo con inserti in raso, io in abito bianco lungo con spacco e tacchi. E così al terzo tentativo, con il cuore pesante di chi aveva lasciato indietro qualcosa (o qualcuno), ci siamo rimessi in fila. Il bodyguard: "Oh, ora sì che potete entrare, in due è molto meglio.” Eravamo dentro, felici, eccitati all'idea che quella sera (che ormai volgeva verso la mattina) tutto il mondo sarebbe stato nostro. Eppure, eravamo “solo” dentro al Silencio.
Il “Silencio”
Un'altra sfida era pronta per noi all'ingresso, finiamo in ascensore con due ragazzi e per qualche istante, questo maledetto ammasso di acciaio, si blocca. Così l'ansia inizia a farsi strada nella testa e con essa la possibilità che quell'ascensore mezzo rotto fosse la rappresentazione del karma e che noi una serata come si deve in fondo non ce la meritassimo. D'un tratto però le porte si riaprono e un ragazzo, non Domenico, mi guarda con fare mansueto, capisce e in francese ci fa: "Prendiamo le scale dai, è meglio". Tutto ricominciava ad acquistare un senso, grazie a quel sorriso del giovane e aitante belloccio, la serata (o la mattina) poteva avere davvero inizio. Il Silencio di Cannes si divide in due macro ambienti: una terrazza con angolo bar e una grande sala da discoteca. Ecco qui in questo luogo c'è spazio per la vera inclusione, ci si sente al sicuro, i gruppi si fondono, e non resta che ballare almeno fino alle prime luci dell'alba mentre Cannes brilla tutta attorno. Ed è bellissimo.