San Siro, 19 luglio 1980. Uno stadio gremito, un palco illuminato e un artista che, prima di imbracciare la chitarra, si lascia sfuggire una confessione a Gianni Minà: "Ho paura che non si divertano e che io non mi diverta". E poi parte L'Isola che non c'è. Così si apre , il documentario che Rai DocumentSono Solo Canzonetteari e Daimon Film portano in prima serata su Rai 1 il 19 febbraio, un viaggio nella carriera di Edoardo Bennato, il primo rocker italiano a riempire gli stadi, a mischiare blues e musica classica, a sfidare la discografia con l'irriverenza e il talento di chi non ha mai voluto omologarsi. Diretto da Stefano Salvati e prodotto da Raffaella Tommasi, il film ripercorre le tappe salienti di una carriera fuori dagli schemi, dalle prime esibizioni a Londra da one-man-band alla consacrazione nei palasport, dal rifiuto delle etichette al trionfo con album rivoluzionari. Bennato non è mai stato un semplice cantautore: è stato il primo, in un'Italia ancorata alla canzone d'autore, a portare il rock senza compromessi, con una vena dissacrante che ha lasciato un segno indelebile.
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Nel documentario, la sua storia viene raccontata attraverso immagini inedite e testimonianze di chi lo ha conosciuto e vissuto da vicino: Jovanotti, Paolo Conte, Ligabue, Mogol, Max Pezzali, Marco Giallini e molti altri. Un viaggio nei decenni di un artista che ha saputo anticipare i tempi, come quando ha scelto di contaminare il rock con la musica classica rossiniana, una mossa considerata all'epoca una follia e che invece ha creato uno stile unico, ribattezzato "bennatiano". Ma c'è di più: per la prima volta al mondo, il documentario utilizza l'intelligenza artificiale per ricostruire episodi del passato di cui non esistono immagini. Un esperimento audace, proprio come lo era stato Bennato quando, da giovane musicista di Bagnoli, ha deciso di trasferirsi a Londra per suonare in strada con la chitarra, il kazoo e una batteria a pedale, dimostrando che per fare musica non servono grandi palcoscenici ma solo talento e determinazione. Tra le testimonianze, spiccano anche quelle di Carlo Conti, Neri Marcorè, Leonardo Pieraccioni, Alex Britti e Clementino, che raccontano il loro rapporto con la musica di Bennato e come le sue canzoni abbiano influenzato generazioni di artisti. I suoi testi, satirici e pungenti, hanno sempre avuto un doppio livello di lettura: favole moderne che raccontano la società, sfidando il potere e le convenzioni. Il documentario non è solo un omaggio a Bennato, ma anche una finestra aperta su un'epoca, dagli anni '70 ai '90, con un'analisi culturale di un'Italia in trasformazione. Dai primi passaggi in Tv con Lucio Battisti alla lotta per emergere in un mercato che all'inizio non voleva saperne di lui, Sono Solo Canzonette è la storia di un uomo che ha dovuto combattere contro tutto e tutti per affermare la propria musica, senza mai cedere a compromessi. Alla fine, Bennato ce l'ha fatta. Da outsider a icona, da artista ribelle a precursore. Oggi le sue canzoni restano attuali, proprio come il suo spirito libero. E per chi volesse capire davvero cosa significa essere un rocker in Italia, il consiglio è uno solo: guardare questo documentario e farsi trascinare nel mondo di Edoardo Bennato, il Peter Pan del rock.
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