Brian Wilson è morto. Ma non è morto solo il fondatore dei Beach Boys. È morto l’ultimo vero freak visionario della musica pop mondiale. Quello che sentiva le voci, ma anche gli archi. Quello che portava i cani negli studi di registrazione e gli amici sotto acido nel salotto. Quello che ascoltava Bach e pensava ai surfisti. È morto l’uomo che ha scritto God Only Knows, e se non ti si stringe qualcosa dentro quando partequell’armonia celeste, forse sei già morto tu. È scomparso uno che ha fatto Pet Sounds mentre i Beatles stavano ancora capendo come si usava uno strumento. E l’ha fatto stando a casa, ingrassando, drogandosi, sentendosi dire da tutti che era finito. Avevano ragione: era finito dove nessuno era mai stato prima.

Poi c’è Smile, la sinfonia psichedelica mai completata, la “teenage symphony to God” che è diventata la Pietra Filosofale del pop. Per decenni ha fluttuato come un Ufo sopra la California, e quando finalmente è atterrata – nel 2004 – ci siamo accorti che era ancora avanti. Di trent’anni. Wilson era fragile, sbagliato, malato. Ma quando metteva mano alle melodie, diventava Dio. Un Dio strano, pieno di paranoie e zucchero filato, di armonie vocali che sembrano fatte da angeli in bermuda. Uno che ha trasformato il sole in musica, e la musica in un atto spirituale.

Se oggi Billie Eilish può registrare un disco in camera sua è anche grazie a lui. Se parliamo di “bedroom pop” è perché Wilson ci è rimasto chiuso dentro per anni, col cuore a pezzi e un theremin in mano. E allora sì, è morto Brian Wilson. Ma in un mondo che suona sempre più uguale, lui resterà per sempre quella nota stonata che ti spezza il cuore. Con un sorriso da surfista e il cervello di un alieno.
