Ci sono schiere di intellettuali e benpensanti con gli occhiali preoccupatissime per la moria di lettori nel nostro bel Paese. Ci sentiamo di tranquillizzarli: gli italiani leggono, leggono eccome: leggono i sottotitoli di Temptation Island. Il reality è diventato oramai letteratura, con le coppie partenopee grandi protagoniste che si esprimono in dialetto stretto, incomprensibile fuori Aversa. Da encomiare, dunque, il grande lavoro di chi sottotitola ogni sceneggiata, rendendone il testo intellegibile e mondando ogni orrore grammaticale inferto. In qualche maniera, dalle parti del servizio pubblico. Dopo la clamorosa puntata di lunedì primo ottobre, Temptation Island si è autoproclamato vero e proprio Tolkien del trash, con il lancio dell'anello nel fuoco in cui si è prodotta la fidanzata e promessa sposa disperata Titty. Le fiamme sono diventate verdi, come il dito di lei, perché il brillocco, costato "18 euro", era farlocco e scoloriva, allo stesso modo dell'amore di plastica del compagno Antonio, dimentico della compagna e della proposta di matrimonio fatta in quel di Parigi "appena ha visto un culo". Arte, letteratura, grandissimo cinema.
Temptation Island è orgogliosamente un programma del caz*o. Anzi, a caz*o durissimo. Come quello di Alfred, sui durelli del quale è stata impostata un'intera narrazione 'sentimentale': lui mima il kamasutra con la tentatrice Sofia, mentre la fidanzata Anna resta a guardare, logorandosi, ogni secondo di questo filmino hard amatoriale, non riesce a fermarsi, vuole vedere fin dove il malnato possa spingersi. Quando è chiaro, fin dal primo momento, che si spingerà almeno alla prima ecografia del pupo che concepirà con questa maliarda conosciuta da cinque minuti. È tutto così oltre da diventare ipnotico, davanti alla tv l'unico pensiero possibile che si riesca a formulare è: "Non può succedere davvero". E, invece, sì. In totale ferocia, senza freno a mano. Abbiamo poi Valerio, dipendente statale, che pare essersene uscito da un qualunque film di Gabriele Muccino: quarantacinquenne in crisi di coppia, sta a Roma con la sua Diandra, ma sogna di trasferirsi a Brindisi per vivere in una casa al mare. Lei, imprenditrice self made woman, non vuole mollare la capitale e il capitale che ha messo su negli anni, lavorando da mane a sera. L'omuncolo la molla perché sostiene di non ricevere abbastanza attenzioni. Eppure, i completi da mille euro, per altro orrendi, che sfoggia pure in trasmissione arrivano tutti dalle tasche della controparte. Come le gite in yacht a sciabolare champagne che lui, da solo, non potrebbe permettersi. E che, ovviamente, non gli fanno schifo. Eh però, Brindisi...
Da Temptation Island esce un ritratto maschile desolante: sono tutti, ad andar bene, parassiti e vigliacchi. Oppure gelosi perfino dell'aria che la malcapitata che sciaguratamente li accompagna respira: uno divelle sedie a sdraio dalla rabbia appena vede la controparte chiacchierare con un tentatore, quell'altro è terrorizzato dalla sola idea che la fidanzata possa indossare un bikini in spiaggia "che poi me la guardano e devo litigare". Per rendere il racconto ancora più incredibile, la fidanzata col divieto di bikini ha ovviamente le fattezze di una coniglietta da cover di Playboy. Che, però, mai aveva indossato un due pezzi in vita prima di entrare nel reality. Certo. L'elfico diventa dialetto napoletano, le corna una specie di Mordor dei sentimenti e personaggi immaginari, a loro modo fantastici, si muovono all'interno di una trama impossibile, ma affascinante. Con il narratore e cavalier servente Filippo Biscigliia che corre da un villaggio all'altro per fare da paciere tra le parti, oramai inconciliabili. Una saga mirabile che sa condensare insieme tutti i cliché dell'italiano medio portandoli a un livello successivo, quasi mai scontato. Una saga mirabile, dicevamo, sbertucciata soltanto da chi finge di non seguirla a caz*o durissimo, in tutti i sensi.