Mai una gioia, Tiziano Ferro, che è stato mollato anche dal suo manager storico. Quel Fabrizio Giannini, la cui liaison professionale durava da ben 23 anni, e a cui deve praticamente tutto, visto che prima di lui, parola dei produttori degli inizi, Alberto Salerno e Mara Maionchi, non se lo filava nessuno. Per chi non sapesse la storia, furono infatti Salerno e Maionchi a convincere l'etichetta Emi a puntare sul divo di Latina, e al suo fianco arrivò Giannini, che gli fece firmare il contratto per l'uscita del suo primo disco, Rosso Relativo. Comunque il divorzio, eclatante ma non sorprendente, è stato annunciato da un laconico messaggio IG in cui Fabry - per i fan - si pronuncia così: “dopo 23 anni, finisce il mio rapporto professionale con Tiziano Ferro. È stato un percorso lungo, bello e ricco di grandi soddisfazioni. Adesso nuove sfide e obiettivi per entrambi...”. Quali, di grazia?
Quindi la conferma del cantante che ufficializza la rottura, e che non perde occasione per piangersi addosso: “È finita un’epoca. Ti auguro tutta la luce che ti meriti, e che io non ho più...”. In sostanza, a rimarcare che di scrivere canzoni, figuriamoci cantarle, non se parla. Poche settimane fa, a ridosso di Natale, tanto per rallegrarci, aveva infatti ammesso di non essere più capace. Che sia tutto riconducibile al divorzio e al delicato momento personale per via dell'affido dei figli? Fino a un certo punto. Perché il famigerato blocco-buio (per usare di riflesso le sue parole), se di blocco si tratta, persiste ormai da tempo, e perlomeno dai risultati deludenti, per non dire colossali flop, degli ultimi due album, caso vuole quelli senza Michele Canova-ex produttore (Il mondo è nostro e Accetto miracoli).
Qualcosa che era sotto gli occhi di tutti, e che si è preferito negare. “Il mercato va a rotoli, magari questo disco (l'ultimo, che ha conquistato il disco di platino solo dopo un anno) non ha raggiunto con sufficiente forza i cuori delle persone o forse la mia scrittura e il mio canto non sono all’altezza delle vecchie aspettative”. Un'autocritica che aveva stupito molti, e da cui dovrebbe ricominciare. In fondo Ferro ha solo 43 anni, gli stessi di Cesare Cremonini, che però ha ancora qualcosa da dire, e lo dimostra la sua voglia di sperimentare e alzare l'asticella di continuo. Quei due sono gli ultimi di un mondo che non c'è più, che riempivano gli stadi, che vendevano dischi (ve li ricordate, i dischi?). Ferro ha 43 anni, si diceva, e abbastanza forza di volontà da essere un ex ciccione e ex alcolista, abbastanza talento da essere una delle ultime popstar italiane, e sta lì a raccontarci il dramma, che dramma non è. Abbastanza trash da farti piangere a C'è posta per te, ma non più di questo. “Che abbia deciso di piantarla qua”, si vocifera nell'ambiente. Peccato, ma sempre meglio che sfornare altre canzoni scadenti.