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Toni Negri cattivo maestro o buon pittore? Perché il suo quadro della società vale ancora oggi

  • di Jacopo Tona Jacopo Tona

18 dicembre 2023

Toni Negri cattivo maestro o buon pittore? Perché il suo quadro della società vale ancora oggi
Cattivo maestro: Toni Negri, morto a 90 anni in Francia, si è portato dietro questa definizione tutta la vita. Fu il teorizzatore della violenza operaia negli anni Settanta, condannato a 12 anni di carcere, poi parlamentare a fianco di Marco Pannella. L’accusa più pesante, però, rimarrà quella di mandante morale dell’omicidio di Aldo Moro. Il filosofo era convinto che la violenza politica dei militanti fosse giustificata, ma il suo pensiero non può limitarsi a questo slogan. Il quadro della società che dipinse, infatti, è valido ancora oggi…

di Jacopo Tona Jacopo Tona

Toni Negri cattivo maestro. Maestro, ma cattivo. In questa definizione ormai storica, che ha ricordato oggi anche il ministro Gennaro Sangiuliano, esplode tutto il senso del valore pedagogico che, senza nemmeno accorgercene, assegniamo alla teoria. Toni Negri è morto in Francia, aveva 90 anni. Il suo nome è indissolubilmente vincolato al movimento operaio degli anni Settanta, e a tutti gli episodi di violenza a esso correlati. Tra questi, anche il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro, al punto che venne accusato di essere stato lui in persona a fare la telefonata che annunciava l'imminente esecuzione dell'ex premier. Piccolo assaggio di contemporaneità: l'Espresso, nel 1980, fece uscire in edicola, come allegato, il nastro con la registrazione della telefonata, con lo slogan “fai da te la perizia fonica”. Un anticipo del voyeurismo di cronaca, al cui sensazionalismo ormai non facciamo più neanche caso. Ma l'accusa rimasta in piedi più a lungo, tra quelle rivolte a Negri, fu quella di essere il mandante morale degli omicidi. Il cattivo maestro era un professore universitario, particolarmente appassionato della filosofia di Spinoza. Una delle cose più belle, nella biografia di Spinoza, ebreo di nascita, fu il ribaltamento della sentenza di scomunica che la comunità ebraica emesse nei suoi confronti: voi mi scomunicate? Sono io che scomunico voi - così rispose ai teologi che non avevano capito le sue teorie su Dio, accusandolo di eresia e maledicendolo. Similmente, Toni Negri cercò di ribaltare la violenza dei padroni nei confronti degli operai, teorizzando una giustificazione della violenza nell'ambito delle proteste: “Non è un caso che tutte le scomuniche borghesi e revisioniste della violenza siano basate su una minaccia di violenza maggiore”. La filosofia è una disciplina scientifica. Di più, la madre di tutte le scienze, e il compito che cerca di assolvere fin dalla sua nascita è la ricerca della verità. Cosa c'entra questo con la violenza? Il punto è che la condizione degli operai negli anni Settanta era una violenza continua. Stipendio basso, diritti zero, ivi compreso il diritto fondamentale, quello alla vita. Questo si può affermare senza paura di esagerare, visto che le aziende spesso facevano lavorare gli operai come veri e propri soldati mandati al macello, senza sicurezza e senza protezioni da elementi cancerogeni, come ha poi dimostrato il caso esemplare di Eternit a Casale Monferrato, dove si ammalò di tumore una parte orribilmente grande della città. Stabilito questo, da un punto di vista puramente logico e argomentativo, chi fu il vero mandante morale della violenza? Negri o le aziende? La domanda è ovviamente retorica, come retorica è la definizione di cattivo maestro. Per assegnare un valore pedagogico alle parole, bisognerebbe prima assegnarlo alle condizioni che le hanno prodotte. Il motivo per cui la giustizia di Stato è nata è stato proprio questo, che la violenza genera sempre altra violenza, e altra violenza ancora, in un circolo vizioso di giustificazioni che a loro volta diventano problematiche da giustificare.

Toni Negri e Marco Pannella
Toni Negri e Marco Pannella

Chiaramente, la violenza non è mai giustificabile, e le vittime del terrorismo erano del tutto incolpevoli rispetto alle condizioni degli operai. E bisogna fare una distinzione importante, in tutto il ragionamento che sto seguendo, quella tra motivazione e giustificazione. La motivazione è ciò che spinge qualcuno a commettere un atto. Faccio questo perché è successo quest'altro. La giustificazione arriva generalmente a fatto compiuto. Ho fatto questo perché andava fatto così, e ti spiego il motivo. E non importa l'ordine cronologico delle due cose: la giustificazione spiega la motivazione. La prima è un impulso, la seconda una riflessione sull'impulso. In questo contesto, la motivazione erano le condizioni degli operai, la rabbia accumulata, lo sfruttamento. Le teorie di Toni Negri erano la giustificazione. Il cattivo maestro, da filosofo quale era, non fece altro che descrivere lo stato delle cose, cercando di rappresentarle nella teoria. Casomai, era un buon pittore. E il suo affresco è ancora valido oggi, perché siamo ancora in un'epoca in cui le scomuniche borghesi e revisioniste sono basate su una minaccia di violenza maggiore, in molti ambiti della società, dal lavoro ai diritti umani, fino alle relazioni interpersonali. Postilla: le scomuniche non si combattono con altre scomuniche. Non intasiamo il mondo di cattivi maestri, quando la cattiveria è da ricercarsi sempre nelle relazioni di potere. Il valore pedagogico della teoria va combattuto teoricamente, non con la violenza né con le censure.

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