Nel 2016 Donald Trump era l'anti-establishment arrivato per sconfiggere l'establishment. L'outsider che mette all'angolo quella che per tutti sarebbe dovuta essere la prima Presidente donna degli Stati Uniti d'America: Hillary Clinton.
Dalla sua parte un forte calo della fiducia DEM dopo il secondo mandato di Obama, una grave crisi economica in corso e il bisogno di cambiare aria, di trovare qualcuno che rappresentasse gli stessi ideali e gli stessi interessi dell'ultimo decennio. E così è arrivato Trump, spuntato direttamente da un programma televisivo, ricco, potente, intoccabile. Quello che parla alla pancia di una fetta di paese troppo spesso dimenticato, di un popolo che non si ritrova più nell'immagine della Grande Mela e del sogno americano.
Ma la possibile rielezione di Donald Trump, dopo un intero anno di campagna elettorale con sempre in vantaggio il suo avversario Biden, sarebbe un risultato completamente diverso rispetto a quello del primo mandato.
Perché Trump oggi non è l'anti-establishment, lui è l'establishment. È l'uomo che usa la Casa Bianca (da sempre luogo escluso dalle campagne elettorali) per fare comizi repubblicani. È il Presidente che più di tutti, negli ultimi mandati, ha usato la propria figura per aumentare e accentrare il potere del suo partito.
Ultimo esempio? La nomina a giudice della Corte Suprema di Amy Coney Barrett, anti-abortista repubblicana scelta da Trump subito dopo la morte della paladina delle donne Ruth Bader Ginsburg.
I quattro anni della Presidenza di Donald Trump hanno mostrato chiaramente verso quale linea si sta muovendo il paese, sul fronte economico e su quello sociale. E se quattro anni fa eleggere il tycoon rappresentava un sfregio alla rete del potere costituito, eleggerlo di nuovo significa abbracciare il suo credo.
In uno dei suoi ultimi discorsi Joe Biden aveva detto "Rieleggere Trump significa scegliere un paese in cui si accettano le buglie" e nonostante l'interesse di questa affermazione, Biden non ha torto: Trump mente, lo sanno tutti. Esiste un sito internet in cui poter controllare tutte le bugie dette nei suoi discorsi e Twitter non fa altro che cancellare i suoi post perché considerati fake news.
Ma una possibile rielezione del Presidente in carica (che quasi sicuramente otterà comunque meno voti rispetto a Biden su scala nazionale) indicherebbe un nuovo l'isolazionismo americano, tratto lontanissimo rispetto alla storia degli Stati Uniti d'America. Una novella America Great Again volontariamente lontana dalla nemica Cina ma anche indifferente, e sprezzante, nei confronti della nostra Europa.
Un paese sempre più chiuso, sempre più egoista e sempre più spaccato nelle proprie divergenze.
Con Biden la situazione cambierebbe? Forse si ritornerebbe ai problemi della seconda presidenza Obama, a un paese a metà tra i forti interessi di destra e le aperture sociali, ma una cosa è certa: questa volta l'outsider è lui, un quasi 80enne democratico in politica da 50 anni. L'unico uomo che i DEM hanno saputo scegliere per dare una forma all'anti-trumpismo.
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