Anche Fabio Fazio, alla fine, è passato dal Bsmt di Gianluca Gazzoli, uno dei podcast più seguiti in Italia. Proprio lui che, con Che tempo che fa, ha dimostrato di saper creare una community in televisione così fedele che sembra essere passata quasi integralmente sul Nove dopo il suo abbandono (o cacciata?) dalla Rai. Il servizio pubblico, oltre alla carriera lunghissima del conduttore, è stato uno dei temi più attesi di questa chiacchierata che, prima fra le righe, e poi apertamente ha fatto emergere tutti i problemi che attanagliano la televisione italiana. E già una battuta iniziale ha messo in chiaro come sono rimasti i rapporti quando Gazzoli gli ha detto: “Ero andato in Rai in Corso Sempione e c’era la tua foto ad accogliere tutti”, con Fazio che ha risposto: “Credo l’abbiano tolta negli ultimi mesi”. Nella prima parte il quasi 60enne Fazio (il prossimo 30 novembre) ha ripercorso la sua lunga parabola televisiva, dove ha detto di aver sempre cercato di difendersi dalle conseguenze negative che il mezzo può scatenare: “La televisione nella mia vita rimane un meraviglioso incidente. A casa ho la televisione chiusa in un armadio. È una forma di protezione di un ambiente che ha delle forme di narcisismo con livelli pericolosi”. Ha anche raccontato qualche aneddoto curioso, come il no di Dario Fo alla proposta di condurre Quelli che il calcio: “Lo ha rifiutato a Marino Bartoletti che lo voleva per fare un programma in cui si vedesse la radio, per parlare di calcio ma senza vederlo. Siccome ha rifiutato l’hanno chiesto a me, anche se i dirigenti non ci credevano tanto ma per disperazione ho iniziato”. Ancora il suo Sanremo del 1999, che costruì come se fosse “un almanacco del ‘900” con ospiti il premio Nobel Dulbecco, la signora Gorbaciov, l’astronauta Neil Armstrong e il tenore Luciano Pavarotti: “Secondo i vertici della Rai, dieci giorni prima, mi dissero che il pubblico di Quelli che il calcio era molto diverso da Sanremo e che poteva essere un disastro. Li ho ringraziati per l’iniezione di fiducia”.
Non poteva mancare una parentesi su Che tempo che fa, programma che conduce da 22 anni consecutivi, anche in periodo di Covid, dove Fazio ha spiegato perché Papa Francesco è stata l’intervista più importante e inaspettata: “Era il più irraggiungibile, alla fine è stato il più amabile. L’avevo incontrato due anni prima e mi disse che quando se la sarebbe sentita lo avrei saputo. Poi ci siamo risalutati in una associazione alla quale partecipo e mi assicurò ‘non mi sono dimenticato’. Alla fine un pomeriggio mi ha chiamato lui personalmente. Non c’è una star mondiale che avrebbe fatto lo stesso”. Ma la particolarità di questa ospitata televisiva riguarda le modalità chiese dal Papa: “Mi ha chiamato con numero sconosciuto. Di quelli che conosco ce l’aveva solo il mio commercialista. Da lì è iniziata una trattativa. Voleva che la sua partecipazione rimanesse fra noi. Invece dovevo mandargli dei tecnici, l’antenna satellitare e tutto il necessario per il collegamento. E lui: ‘Gli dia il mio numero’. Ma no, gli risposi, non posso farla chiamare dal tecnico. Voleva che fosse una sorpresa sia all’interno che all’esterno. Allora mi ha passato il suo segretario personale”. Nel corso del Bsmt, Fabio Fazio ha chiarito anche perché, come gli rinfaccia qualcuno, spesso non fa certe domande: “Faccio la televisione come se non fossi lì. Il conduttore non è un protagonista, intervista i protagonisti. Non vuol dire rinunciare alla domanda, ma c’è modo e modo. Essere giudici dei comportamenti e dell’etica altrui non mi va. Io sono per il metodo del Commissario Maigret, comprendere e non giudicare”.
Infine, Gazzoli lo ha portato verso la rottura con la Rai e il passaggio al Nove che sembra ancora una ferita aperta: “Quando non mi hanno rinnovato il contratto l’ho vissuta come una incredibile vicenda. Evidentemente qualcuno ha espresso un desiderio e qualcun altro lo ha accontentato. Per fortuna c’era chi non ti voleva ma anche chi ti voleva molto. Ma devi mettere in conto che la televisione non è tua. In questo mestiere succedono queste cose. In ogni biografia di chi ha fatto grandi cose ci sono alti e bassi”. E ha proseguito, spiegando le divisioni interne al servizio pubblico: ““l passaggio al Nove e avere lo stesso pubblico è stato magnifico. Chi non ci credeva? Io. Ma anche loro (i dirigenti di Discovery, ndr) pensavano che sarebbe stato un eccellente risultato anche la metà dello share. Abbiamo conquistato una leggerezza che prima non c’era. Ho passato anni a difendermi da polemiche sui contratti, quanto guadagnavo, che li rubavo, le interpellanze parlamentari abnormi. Non c’è compattezza in una azienda che non difende il tuo operato. Dove tu mi fai il contratto ma un altro dice ‘adesso ti frego io’. Ma se tu non fai guadagnare stai pur sicuro che nessuno di da niente”. Un passaggio, quello al Nove, che avrebbe potuto fare molto prima, ma i tempi non erano maturi: “Mi avevano cercato 6 anni fa, ma avrei sbagliato. Ero su Raiuno, poi Raidue e poi Raitre. C’èra anche un po’ quell’orribile narcisismo al quale non sono immune. Doveva andare così. È stato il risultato professionale più importante della mia vita”. E ha concluso, togliendosi un altro sassolino dalle scarpe verso i detrattori: “Non rispondo mai alle critiche. Basterebbe domandarsi: guadagna, ma quanto fa guadagnare? Con il Nove è cambiato tutto”.