Le montagne non fanno rumore, ma servono per ascoltarsi. Ultimo, dopo un tour che l’ha messo faccia a faccia con se stesso più che al suo pubblico, ha deciso di rallentare, almeno nel corpo, e di farlo dall’Altopiano della Paganella. È lì che vive “questo periodo in riflessione”, come scrive lui stesso in un post pubblicato sul suo profilo Instagram che è più un’eco interiore che una comunicazione ai suoi fan. “Strano, eh?”, aggiunge, perché il pensiero non è mai stato il suo palco preferito, ma ora ci si affida come ci si affida al silenzio delle montagne. Dice che sta metabolizzando tutto quello che ha vissuto. Dice anche che “ci è riuscito, in parte”. E già questo è tanto, forse tutto. Perché in un mondo che ti vuole sempre pronto a spiegare, a rispondere, a giustificare ogni passaggio, anche quello che ti fa male, Ultimo sceglie la camminata. La dipendenza, come la chiama lui. “Lo amavo camminare, ma ora ho scoperto che per me è proprio una dipendenza e mi ha aiutato tanto a smaltire e soprattutto a capire i miei pensieri”. E in mezzo a quei passi, ci stanno anche i sogni, le paure, il futuro. E un po’ di quella calma che dice a se stesso trascinando la “a” finale, come se fosse un mantra da montagna: “Calmaaaaaa”.

Il concerto a Tor Vergata, il raduno degli ultimi, annunciato da poco, è la prossima vetta. “Per la mia vita è stato un qualcosa di gigante che ha smosso in me tante cose belle ma anche tante responsabilità”, scrive. È quel tipo di traguardo che ti spaventa non perché ti senti inadeguato, ma perché sai che per essere all’altezza devi cambiare pelle ancora una volta. “Voglio fare il più bel concerto a cui siate mai stati, perlomeno ambire a quello!”, non promette, ma alza l’asticella. A sé prima che agli altri. Settembre sarà diviso tra Roma e Londra. “Perché settembre per me vuol dire Londra”, e qui non serve spiegazione: ci sono città che diventano stati d’animo, scorci che parlano solo a chi li attraversa nei momenti giusti. E poi c’è il desiderio di tornare a Montauk, la località americana che l’ha rapito senza sapere il perché. Ma, in fondo, chi ha bisogno di capire tutto quando una vibrazione ti entra sotto pelle? Tor Vergata, intanto, non è solo un concerto. È un progetto, un modo per “conoscersi di più”, per “scrivere grandi canzoni”, per provare a “volere tutto” anche sapendo che “tutto non si può”. C’è un’urgenza tenera in queste parole, quasi una resa che non ha niente a che fare con la sconfitta. È solo la consapevolezza che anche chi canta per mestiere, certe volte, ha bisogno di stare zitto. “Ora basta scrivere qui che noi non abbiamo bisogno di parlare per conoscerci”. E lo dice ai fan, ma anche a sé stesso. Perché, intanto, continua a camminare.

