“Per il prossimo anno scolastico noi vorremmo vietare l'uso dei cellulare anche per le scuole superiori”. Lo ha annunciato il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara e ha ragione. Ha così ragione che chi lo accusa che abbiamo il dubbio sia frutto solo di intelligenza politica, ma anche di buone letture. Per esempio una che di recente ho fatto anche io, La generazione ansiosa (Rizzoli, 2024) di Jonathan Haidt, psicologo della New York University, citatissimo. Il libro, uscito nel 2024, è stato per molto tempo uno dei best seller secondo il New York Times e in Italia può essere tranquillamente considerato il contributo più autorevole sul tema. Se prima avevamo, pià che analisi, delle suggestioni, si pensi a Gli sdraiati di Michele Serra (2013), ora abbiamo un vademecum chiarissimo basato sull’evidenza scientifica a proposito dei danni dello smartphone in giovane età. Due fenomeni a cui stiamo assistendo e che dovrebbero preoccuparci, oltre al grandissimo problema della distrazione (che, come è ovvio, è anche al centro del dibattito sull’uso dei cellulari in classe): il disagio psicologico (e più in generale un peggioramento della salute mentale) e il distacco dalla realtà. In entrambi casi parliamo di alienazione, termine che dovrebbe essere caro anche alla componente progressista.

Quello a cui assistiamo è un “crollo psicologico di massa”, che ha avuto per altro un impatto molto significato proprio sul sesso maschile, per via di videogiochi multigiocatore e introduzione degli smartphone negli anni Duemila. Crollo che può portare a suicidio, atti di autolesionismo, isolamento, problemi relazioni e molto altro. Quel mondo di cui oggi spesso si discute sfruttando giornalisticamente termini raramente compresi affondo, da “hikkikomori” a “incel”, fino alla galassia di 4chan e dei Red pill, si forma grazie a questa correlazione strettissima tra alienazione reale e immersione totale nel mondo digitale. Un modello di vita questo, che un tempo avremmo definito surrogato. Tornando più indietro nel tempo e con la terminologia, potremmo quasi arrivare a parlare di un modello à la “brain in a vat” (cervello in una vasca) in cui la vita è sostanzialmente immaginata come una grande simulazione. O meglio, non si è più sicuri che la vita sia qualcosa in più di questo scenario scettico.

Come risolvere tutto questo? Esattamente come Valditara propone di fare. È questa la conclusione a cui arriva Haidt, che si esprime in modo tanto chiaro quanto seducente: “Esiste un’espressione polinesiana che recita: «Stare su una balena, pescando pesciolini». A volte, è meglio fare una sola grande cosa che tante piccole cose e, a volte, la cosa grande passa inosservata pur avendola davanti agli occhi. Per risolvere l’ansia diffusa in questa generazione, ci sono due balene, due grandi cose che gli istituti potrebbero fare usando soprattutto risorse di cui già dispongono: più scuole senza telefono e più gioco libero. Se abbinate, credo che sarebbero più efficaci di tutti gli altri provvedimenti combinati che le scuole stanno adottando per migliorare la salute mentale dei loro studenti”. Ancora non si è parlato granché della seconda metà della soluzione, il gioco libero, ma siamo convinti che il diritto all’esplorazione debba essere garantito a tutti i ragazzi e confidiamo che su questo in pochi abbiano da dire qualcosa.

La prima parte del piano, invece, va fortemente sostenuta (così come si dovrebbe idealmente sostenere un’altra proposta di Haidt, forse meno praticabile, e cioè quella di consentire l’accesso a Internet solo ai ragazzi con più di sedici anni). La proposta di Valditara, per ora ancora allo stato embrionale, ma che potrebbe realizzarsi già a settembre di quest’anno, è particolarmente virtuosa per due motivi: si focalizza sulla salute mentale degli studenti e non ha grandi effetti collaterali – se non, come si è visto nel caso del quindicenne di Orbasso, Torino, la crisi d’astinenza da cellulare, che tuttavia dimostra la necessità di operare nella direzione indicata da Haidt. La cosa peggiore che potrebbe accadere è che anche i progressisti potrebbero trovarsi a complimentarsi con il ministro dell’Istruzione. Il fatto che le istituzioni, indipendentemente dall’appartenenza politica (si vedano i provvedimenti in Francia e in Usa), si stiano impegnando a favore della salute psichica (diciamolo meglio: spirituale) dei ragazzi, dovrebbe essere un segnale positivo. Dalle limitazioni a PornHub in Francia fino alle proposte sugli smartphone a scuola, la politica pare abbia dato per una volta l’ora giusta, nonostante sia rotta da tempo su tantissimi altri temi. E per una volta che le lancette sono dove devono essere, davvero credete valga la pena urlare l’ora sbagliata tanto per essere contro?
