È partita la 82ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica (per i profani, Festival del cinema) di Venezia, preceduta dall’iniziativa di boicottaggio nei confronti degli attori bollati come “anti-pal” Gal Gadot (rea principalmente di aver abbracciato ostaggi israeliani liberati) e Gerard Butler, anche lui accusato di sostegno al governo israeliano. Entrambi – dopo l’iniziativa di “messa all’indice” portata avanti tra gli altri da Marco Bellocchio, Audrey Diwan e Charles Dance, Abel Ferrara, Valeria Golino, Matteo Garrone, Ken Loach, Fiorella Mannoia, Mario Martone, Laura Morante, Alba e Alice Rohrwacher, Céline Sciamma, Toni Servillo, Peppe Servillo, Paola Turci, Jasmine Trinca e Carlo Verdone – hanno deciso di rimanere ben distanti dal Lido. E questi grandi nomi hanno anche sottoscritto un appello perché tra le altre cose anche il cinema faccia la propria parte: "In risposta alle dichiarazioni spesso tiepide, vaghe o, peggio, comode espresse dagli organi di potere, dell’informazione e della cultura, rivendichiamo una posizione chiara e priva di ambiguità: è tempo non solo di empatia ma anche di responsabilità. La semantica, il linguaggio, le parole e le immagini, non sono accessori, specie per chi crede nell’arte: sono una forma di resistenza fondamentale e necessaria. Altrimenti dovremmo arrenderci all’evidenza che essere cineastә o giornalistә, oggi, non ha più alcun senso. Per questo, noi attivistә, giornalistә e professionistə del cinema e dell’audiovisivo crediamo che per una volta lo spettacolo, almeno per qualche momento, debba fermarsi, interrompere il flusso di indifferenza, aprire un varco alla consapevolezza. Chiediamo quindi alla Biennale, alla Mostra, alle Giornate degli Autori e alla Settimana della Critica di prendere una posizione netta e sostenere queste istanze. Rivendichiamo altresì la necessità di spazi e modalità di narrazione per la Palestina rivolgendoci a tuttә coloro che possono e vogliono spostare qualcosa a qualsiasi livello. A Venezia tutti i riflettori saranno puntati sul mondo del cinema, abbiamo tuttә il dovere di far conoscere le storie e le voci di chi viene massacratә anche con la complice indifferenza occidentale". Ma qualcosa non torna? O potrebbe non tornare?

Sul tema va all’attacco il giornalista Pier Paolo Mocci: “I manifestanti del cinema italiano che hanno impedito a due artisti filoisraeliani di partecipare alla Mostra del Cinema (Gal Gadot e Gerard Butler hanno rifiutato di andare a Venezia per il clima d'odio nei loro confronti di questi giorni), sono così ignoranti e stupidi che non si sono accorti che il "nemico" da combattere ce l'avevano in casa”. E questa è solo la premessa: “Durante la conferenza stampa de La Grazia – sottolinea Mocci in un post sui social – un giornalista straniero (mai che vengano in mente agli italiani queste curiosità, noi ci limitiamo a chiedere «quanto c'è di lei nel personaggio, mi parli della fotografia e delle musiche») ha chiesto a Paolo Sorrentino un commento sull'opportunità di essere indirettamente legati ad un fondo di investimento molto vicino ad Israele. Recentemente infatti c’è stato un finanziamento del fondo Sequoia a MUBI (100 milioni di dollari per lo sviluppo di progetti cinematografici), ovvero la piattaforma che detiene i diritti del film "La Grazia" fuori l'Italia e lo distribuirà a livello globale".
Ma di che fondo si tratta? “Sequoia Capital – scrive Mocci – ha un forte rapporto con Israele, in particolare nei campi di intelligenza artificiale, biomedicina e cyber security. Alla domanda del giornalista straniero Paolo Sorrentino ha preferito non rispondere”.
Qualcuno potrebbe anche far notare che il protagonista de La Grazia è Toni Servillo, tra i firmatari della lettera aperta alla Biennale di Venezia di cui uno stralcio è riportato sopra (e tra i sostenitori della manifestazione Venice 4 Palestine, per avere "occhi puntati su Gaza al Festival di Venezia")...

