Sbarcare il lunario scrivendo libri non è facile, soprattutto in Italia. Lo sa bene Veronica Tomassini, scrittrice e collaboratrice di MOW con la rubrica Deinfluencer, dove si occupa di interpretare i veri potenti della nostra epoca (ce ne stiamo accorgendo in questi giorni), cioè gli influencer. Eppure, nonostante la critica abbia sempre parlato di lei con toni entusiastici, poco tempo fa ha dichiarato di essere “la scrittrice più povera d’Italia”. Com'è possibile, visto che già nel 2010 aveva esordito con il suo primo romanzo Sangue di cane, che ai tempi venne considerato un vero e proprio caso letterario, mentre nel 2019 con Mazzarrona è stata candidata al Premio Strega? Abbiamo cercato di capirlo insieme a lei, che ci ha spiegato le difficoltà di poter vivere scrivendo in Italia, mentre all'estero se la contendono i migliori editori internazionali.
Com’è iniziata la sua passione per la scrittura?
Ufficialmente quando ho cominciato a scrivere per un quotidiano, intorno ai vent’anni. Fu una casualità entrare in quella redazione. Ovviamente non esiste la casualità. La scrittura è uno sguardo sul mondo, un modo di stare al mondo. Sono le letture precoci, il diario in cui raccogliere le riflessioni segrete; una preveggenza; una ferita anche. Una vita tutta sbagliata, può darsi, che ricuci vergandola nei tuoi romanzi.
Quanto è stato difficile diventare una delle scrittrici italiane più conosciute provenendo da una piccola città della Sicilia?
Non mi sono mai posta il problema e in realtà non mi percepisco nemmeno così, cioè una delle “scrittrici più conosciute”. Non so quantificare la difficoltà. Scrivere è un fatto che esula dai traguardi, purtroppo o per fortuna. La marginalità in cui ho sempre vissuto è stata anche un’opportunità. La mia difficoltà a vivere in generale ha nutrito una poetica, potevo riferire di qualcosa di cui altri non avrebbero potuto. Non è facile, certo. Non entri nei giri. Ma quali giri? Funzionano? Le conventicole, i salotti di riferimento? Non saprei. Sono stata fortunata perché ho incontrato le persone giuste, forse al momento giusto, penso a Marco Travaglio, a Giulio Mozzi, al mio agente, Ugo Marchetti. Ma ogni avvenimento decisivo ha il suo tempo, deve accadere in una stagione, quella, non un’altra. Bisogna avere pazienza o non saprei. Ostinazione. O semplicemente fare una cosa perché altro non sapresti fare, perché altrimenti non sapresti come vivere. E tutto viene filtrato dalla scrittura e nella scrittura ripara e dimora il segreto di ogni ragione.
Dei libri che ha scritto di quale è più fiera?
Ogni romanzo ha una profondissima motivazione. Il mio esordio fu un caso letterario (“Sangue di cane”, ndr), ma lì c’era la fretta di raccontare qualcosa di pauroso, inaudito, di apocalittico, la fretta, tralasciando probabilmente la parola. Eppure la parola anche in “Sangue di cane" riusciva a tuonare autarchicamente, malgrado alcune ingenuità stilistiche, che io noto oggi più che mai. L’ultimo romanzo pubblicato, “L'Inganno", con La Nave di Teseo, è un romanzo di cui vado fiera, possiamo dirlo, sì, perché c’è un lavoro sul linguaggio, è stata una specie di sfida.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Il prossimo romanzo, traduzioni all'estero e poi vedremo.
Come vanno le vendite? È ancora possibile sbarcare il lunario scrivendo?
Non è un argomento, le vendite, che affronto volentieri. Anche se una dovrebbe, è giusto. Non si vive di scrittura, non subito, perlomeno.
Però, poco tempo fa, ha fatto due post su Facebook dove diceva che il suo agente "ha sentito poche volte da parte di un editore parole tanto belle nei confronti di uno scrittore". E ha anche reso nota parte della recensione della casa editrice Hanser Verlag che recita: "È sicuramente uno dei migliori rappresentanti della letteratura italiana contemporanea".
Sicuramente sono molto felice di questo risultato. Il lavoro sul linguaggio che ho fatto e che porto avanti da molto tempo ha trovato un riconoscimento vero e autentico da una delle case editrici più importanti della Germania, dove sono stati pubblicati anche i libri di Umberto Eco e tanti altri. È il coronamento, il giusto riconoscimento di un lavoro che porto avanti da molto tempo.
Recentemente per MOW ha scritto un articolo su Alessia Lanza, anche lei ha scritto un libro ed è andato benissimo. Cosa ne pensa?
Il mondo delle tiktoker per me è un mondo sconosciuto, me ne sto occupando perché è una questione di costume, ne scrivo su MOW, cerco di informarmi, di capire. Ma sono operazioni che non c’entrano nulla con la scrittura, con la letteratura, sono altre cose. Bisognerebbe dare un altro nome a quel tipo di faccenda. Non li considero libri, non la considero comunicazione, pregiudizialmente non ho una buona opinione del fenomeno.
Perché in Italia, il suo Paese, non vieni valorizzata come all’estero?
Perché in Italia secondo me la letteratura, come direbbe qualcuno, è diventata una paccottiglia democratica, l'infinito ai barboncini. Deve consolare, alla portata di chiunque, conformarsi. Moccianiamente, tutti possiamo farlo, intendo: scrivere. E invece no, la letteratura come il talento, è aristocratica. Non è per tutti. Sceglie lei. L’unica eccezione con me l’ha fatta la casa editrice La Nave di Teseo, che ha pubblicato il mio ultimo romanzo.
Chi sono stati i suoi mentori nel mondo della scrittura?
I nostri letteratura e i maestri russi, Dostoevskij, Cechov, Tostoj, Puskin, Gogol, Gor’kij. Altezze inarrivabili.
Il libro che le ha cambiato la vita?
Avevo 9 anni quando ho letto “Christiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Berlino”. Da allora non sarebbe stato più lo stesso, ogni gesto, ogni sguardo, che avrebbe deragliato sulle ombre, amandole forse più della luce; o ancora meglio dove per tutti sarebbe cominciata l’oscurità, per me piuttosto cominciava la luce. Da allora quella bambina non ha smesso di cercare una verità, la verità del dolore. Amando i perdenti, tutti quelli che avrebbero sbagliato, sarebbero caduti, e nella caduta quella bambina, poi la donna adulta, avrebbe intercettato i prodromi dell’eternità.
Se la sente di dare un consiglio a un giovane che vuole entrare nel mondo dell’editoria.
In generale: lascia che il tuo sogno sia innocente fino alla fine.