«La pelle è la bugia di un racconto, chissà se sono mai stata bionda». A parlare è Angelica, la donna di cui è innamorata Orlando, una delle tante principali figure femminili divenute mitiche della letteratura, come Beatrice di Dante o Laura di Petrarca, le quali sono tanto più idealizzate quanto meno conoscibili: a parte la Dulcinea di cui era innamorato Don Chisciotte, quando appare è tutt’altro che la principessa immaginata dall’eroe, solo una contadina che rivela l’illusione dell’hidalgo innamorato di una fantasia. A far riparlare Angelica, in ogni caso, è Vittorio Macioce, nel suo Dice Angelica (Salani), e Ariosto è un’ossessione per Macioce come Cervantes lo era per Borges. Un romanzo che si ripercorre tutto l’Orlando furioso dando voce alla protagonista come solo uno scrittore può fare, e moderno in ogni senso, quasi femminista, potrebbe dirsi oggi, per dare voce a chi voce non l’ha mai avuta. «Sono stata inseguita da personaggi che hanno generato stirpi di eroi. I loro figli e i figli dei figli sono ancora in giro, magari con maschere e nomi diversi, ma con lo stesso stampo: quello di Orlando, di Rinaldo, di Astolfo, di Ruggiero, di Ferraù, di Sacripante, di Gradasso, di Rodomonte e perfino di Zerbino o di donne guerriere, più o meno androgine, come Bradamante e Marfisa».
L’Angelica di Macioce riporta tutto a una realtà sì magica, ma realistica (non al realismo magico di Marquez, per carità), nel senso della realtà della carne, dei sentimenti e delle fantasie, e della potenza di essere sfuggenti per essere davvero amati. Concendole per la prima volta pensieri veri, una controstoria della storia, una contromitologia del mito, e rendendola ancora più ammaliante, impresa non facile. È critica verso gli eroi e perfino verso Ulisse, che non si fermò al dichiararsi Nessuno di fronte a Polifemo. «Quando era già salvo, sulla nave, lontano dal promontorio della terra dei ciclopi, urlò a Polifemo il suo vero nome: “Se qualcuno ti chiederà chi ti ha accecato, rispondi che non fu Nessuno, ma Ulisse d’Itaca. Poseidone, il dio degli abissi, distrusse navi e marinai. Solo Ulisse si salvò. Tutti gli altri, i veri “nessuno”, pagarono con la vita la tracotanza di Ulisse».
Neppure Orlando si salva, visto da Angelica: «Orlando è guercio. L’occhio destro è morto e ti guarda fisso senza dire nulla, l’altro va per conto suo, inseguendo punti obliqui come un automa distratto e ubriaco. Orlando è brutto. Il suo volto ha qualcosa di inumano, come un giocattolo rotto, che all’improvviso prende vita e smania, sfascia, devasta». Immaginifica riscrittura dell’Orlando furioso, che come specifica Macioce in una appassionata, anch’essa innamoratissima postfazione, contiene tutti i generi moderni, la suspense delle serie tv, gli spaghetti western, i videogame, nella consapevolezza, tuttavia, che tutto ciò in cui crediamo è fiction, non esiste, o meglio, come scriveva Leopardi: «Pare un assurdo, eppure è esattamente vero, che tutto il reale essendo un nulla, non vi è nulla di reale né altro di sostanza al mondo che le illusioni».