Valentino ha cambiato immagine e, come è noto da marzo 2024, la nuova direzione creativa del brand è stata affidata ad Alessandro Michele dopo l'uscita di Pierpaolo Piccioli. Il nuovo volto sarà in grado di far tornare alle vette di un tempo il giro d'affari senza al contempo deludere i più affezionati? Beh, tanto per cominciare il suo debutto alla Fashion Week parigina è stato un turbinio di applausi scroscianti, accompagnati da una standing ovation che ha reso quello di Alessandro Michele in Valentino un ingresso da vera e propria super star. Una star applaudita da nomi altrettanto altisonanti, dagli amici, che erano lì, in piedi, ad applaudirlo: da Harry Style a Jared Leto e Damiano David ed Emma Marrone, Paolo Sorrentino, Elthon John, Alessandro Borghi. Ma cosa pensano della filata i veri esperti? Sarà o no una svolta vincente? A parlarne è Antonio Mancinelli: “Al debutto per Valentino con “Pavillon des Folies”, Alessandro Michele ci trasporta in un dialogo sartoriale tra tempo e lusso, dove ogni abito è un segno di un’epoca passata ma ancora attuale: rilegge l’eredità di Valentino con un’esperienza che dialoga con caducità e opulenza. La passerella, frammentata come uno specchio rotto, riflette la fragilità del narcisismo moderno, i mobili coperti da lenzuola evocano un salotto spettrale. Valentino sospendeva il tempo creando dei classici, Michele lo frammenta e lo ricompone come in un gioco dadaista dove passato e futuro si mescolano in una mitologia del quotidiano. Per dirla con Barthes, “la moda è già un sistema di segni, ma non è mai puramente storica, vive costantemente in un presente mitico”. A proposito di morte e decadenza: bye bye, minimalismo e quiet luxury”. Ma, quindi, Michele ha convinto?
L'esperto prosegue dicendo che “qui la ricchezza è evidente, l’ipnotica ninna-nanna del soundtrack dice che “bisogna gioire/gioire bisogna”, il glamour (e i prezzi) rivivono negli anni gloriosi di un jet-set che conosceva bene la bellezza sfacciata del “vivere bene”. Gli accessori incarnano l’era di un nuovo merchandising fatto di borse (tantissime, anche furbamente a forma di Furby), calzature (in grande quantità), grandi e differenti modelli di occhiali, cappelli enormi o turbanti, calze traforate, dannunziane cinture. Michele è sì un sognatore, ma un sognatore a occhi apertissimi su come inturgidire i fatturati. Ogni capo sembra uscito da un archivio degli anni più scintillanti della maison, un’epoca in cui il lusso non era sussurrato, ma esibito con una sicurezza disarmante per i privilegiati che trasformavano ogni apparizione in un evento. La sua relazione con la perfezione, quindi, diventa una riflessione filosofica: la moda può raggiungere picchi sublimi di maestria, può adornare il corpo con broccati, pizzi e ricami, ma non sfugge alla sua natura effimera. Alla fine, il “Pavillon des Folies” è un labirinto di specchi che riflette la nostra fragilità e la nostra forza. E tutto questo a me sembra modernissimo, contemporaneo”. Beh, era da tempo che non si sentiva parlare della Maison in questi termini, e sembra che Alessandro non possa che far bene alle tasche e all'immagine dell'azienda.