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Alessandro Michele salverà Valentino? L’ultima speranza per la moda italiana che odora di vecchio

  • di Silvia Vittoria Trevisson Silvia Vittoria Trevisson

28 marzo 2024

Alessandro Michele salverà Valentino? L’ultima speranza per la moda italiana che odora di vecchio
La nomina di cui si parla da tanto è diventata realtà: dopo l’addio di Pierpaolo Piccioli, Alessandro Michele è il nuovo direttore creativo di Valentino. Perché per rivitalizzare un brand, serve una rivoluzione. Ma Michele sarà ancora in grado di farla, in un mondo della moda governato dalle regole della finanza? E, soprattutto, riuscirà lo stilista a incidere in una maison tradizionalista come Valentino?

di Silvia Vittoria Trevisson Silvia Vittoria Trevisson

A pochi giorni dal “divorzio consensuale” di Pierpaolo Piccioli e Valentino, arriva la notizia che tutti i fashion addicts stavano aspettando: Alessandro Michele è il nuovo direttore creativo della maison fondata, 64 anni fa, da Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti. Le indiscrezioni non si sono fatte attendere ma nemmeno la conferma, che fa gola agli appassionati di moda più eccentrici, e spaventa, in parte, le aspettative dei tradizionalisti. Alessandro Michele si era ritirato dalle scene dal 2022, anno in cui è stato accompagnato alla porta da Gucci, che, causa lockdown e conseguenti rallentamenti dell’industria moda, non triplicava più i fatturati come negli anni precedenti. E ora rieccolo riemergere dalle sue ceneri come una fenice, a capo di una maison dal nome altisonante che gli permetterà di firmare, oltre alle collezioni prêt-à-porter uomo e donna, anche la preziosissima linea haute couture, che sfila ogni anno a Parigi. Si apre un nuovo capitolo ricco di entusiasmo da entrambi i fronti, ma a noi spettatori sorgono anche, inevitabilmente, delle perplessità. Alessandro Michele, per sua fortuna o sfortuna, non è un soldatino della moda. Basti pensare che, alla richiesta di adattare le sue collezioni alle richieste disciplinate del mercato, due anni fa, il designer romano ha preferito quittare. D’altro canto, Valentino è, forse al pari di Fendi, uno dei brand più tradizionalisti della scena moda italiana, fatta eccezione per qualche collezione di Pierpaolo Piccioli (vedi: “Le Club Couture”), ben accolta dalla critica, ma che con tutta probabilità ha rotto le palle al dipartimento commerciale. Resta comunque da dire che le linee “Pink Pp” e “Black Tie”, sono comunque riuscite a strapparci un sorriso in un panorama della moda italiano sempre più stantio e remissivo.

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Tuttavia, l’estetica di Pierpaolo Piccioli si è dimostrata sì estrosa, ma indissolubilmente legata alla pop culture, con elementi di spicco accomodanti come Anne Hathaway, Elodie e il rosa shocking - fatalità, lo stesso anno dell’annuncio del live-action di Barbie. Al contrario gli arzigogolati voli pindarici di Alessandro Michele, fatti di sogni, incubi, regni incantati e un marcato senso di inquietudine, sono stati il libero sfogo di una personalità magnetica e grottesca, tratto distintivo che l’ha portato sull’Olimpo dei designer più virtuosi degli ultimi 20 anni. Un designer così singolare che pare quasi ultraterreno, difficile da comprendere e spesso sbeffeggiato dalla massa, con una sfilza di oppositori agguerriti che battono al suo uscio. L’approccio stilistico fatto di eccessi e concetti di Alessandro Michele, alla lunga ha fatto tremare anche i vertici interni di Gucci, che dopo 7 anni di magnificenza hanno firmato la loro rovina con un nuovo direttore creativo che pecca di personalità, sottomesso dalle logiche di mercato. Ma in questi tempi si sa, il capitale vince sul talento. L’acquisizione di Valentino da parte di Kering, che ora ne detiene il 30%, in effetti non poteva essere più lungimirante: il gruppo francese ha bisogno di un altro marchio su cui puntare, perché con Gucci, che non smette di crollare, il danno è già stato fatto. Ma il problema non riguarda solo Kering, bensì tutto il mondo del cosiddetto lusso accessibile: quello che, con un po’ di fatica e risparmio, possiamo permetterci alla larga un po’ tutti. Le cifre raddoppiate hanno scoraggiato anche i clienti più affezionati, che alle boutique preferiscono le piattaforme second-hand, dove rifioriscono design molto più accattivanti rispetto alle proposte attuali. Certo, i pezzi d’archivio affascinano un po’ tutti, ma questa manovra di massa verso la moda del passato non è frutto di un sentimentalismo ingiustificato: basta fare un giro sugli e-store di Prada, Dior o ancora peggio, Chanel, per rendersi conto di quanto siano lievitati i prezzi di abbigliamento e accessori, di pari passo con un design sempre più deludente. E Valentino, volente o nolente, fa parte di questo sistema - senza tuttavia essere riuscito a dar vita a una It Bag degna di nota, negli ultimi 10 anni. Ma ora con il nuovo direttore creativo, cultore innato degli accessori, la situazione potrebbe ribaltarsi.

Alessandro Michele ai tempi di Gucci
Alessandro Michele ai tempi di Gucci

Dunque non ci resta che chiederci, Alessandro Michele sarà la figura adatta per ricoprire questo ruolo? O meglio, Valentino è la maison adatta a essere guidata da lui? Se deve esserci un ritorno di Alessandro Michele, noi lo vogliamo senza compromessi. Basta con la moda politically correct, il minimalismo, i mocassini con la platform e il quiet luxury, le sfilate (almeno quelle) devono ancora farci sognare e i designer non possono e non devono continuare a mordersi la lingua prima di rivelare al mondo la propria arte, anche al costo di sbagliare. Sì, proprio come il famigerato caso del maglione razzista con la blackface, il turbante che ha fatto arrabbiare la comunità Sikh, e la modella con la camicia di forza. Perché alla fine, a scrivere la storia sono il dramma e l’euforia, e della contentezza non importerà mai a nessuno.

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