Il giornalista (da giovanissimo “fu scoperto” dal compianto e amatissimo Andrea Purgatori) e critico di moda e costume, Antonio Mancinelli, ci ha detto, parafrasando le parole del filosofo Heidegger, che per lui la moda è: “L’abito del momento in attesa del prossimo”. C’era una volta lo stilista Alessandro Michele in Gucci nel lontano 2015 che aveva portato l’estro al potere, mettendo in atto una “rivoluzione punk” all’insegna del “camp”: "un terzo flusso di gusto, che comprende la curiosa attrazione che tutti – almeno in una certa misura – hanno per il bizzarro, l’innaturale, l’artificiale e palesemente oltraggioso. ” (Thomas Meehan, 1965) Tutto questo impegno sociale, questa fatica titanica per portare (sopratutto in Italia) un messaggio nuovo, secondo cui la bellezza può essere ricercata anche laddove regnano monocigli, nasi stortissimi, denti completamente scheggiati, oggi è andato a farsi friggere? Il giornalista ci ha spiegato che per saperne di moda (e bene) è necessario indagare il contesto in cui questa si trova ad essere. E com’è la società di oggi? Smarrita. In cerca di ideali da seguire e di certezze. Se poi a tutto ciò sommiamo un Occidente sempre più schierato a destra, anche la cultura non può esimersi dall'essere orchestrata, come fosse una schiera di burattini siciliani, da questa precisa idea politica. Chissà se c'entra qualcosa con questa tendenza a fare “un certo ordine” anche nelle categorie femminile-maschile durante i fashion shows. Il gender fluid, la body positivity sono oramai solo dei lontani ricordi?
In un suo articolo per Marie Claire scriveva: “Tradurre non è sempre tradire, ma trasportare da un’epoca all’altra”. Se è vero che il passato è mutevole, oggi la moda quanto dovrebbe attenersi alle origini del suo brand (penso non solo al passaggio da Cristóbal Balenciaga a Demna ma anche all’evoluzione della stessa Miuccia Prada da ieri ad oggi). É importante la coerenza? Se si, quanto?
È un discorso molto complesso. C'è da chiedersi se veramente un brand del passato debba per forza essere attualizzato e fatto rivivere oggi. Il marchio deve essere adeguato al presente e non può redimersi dal confronto col tempo. Il lavoro che ha fatto Demna con Balenciaga, che è un mio amico e posso assicurarti che è un bravissimo stilista, è eccezionale. Perché non si è limitato a mettere gli anfibi sotto gli abiti storici di Balenciaga ma ne ha ripreso l’essenza, la geometria e la perfezione dei tagli anche attraverso un certo minimalismo. Inoltre Demna ha riportato sulle passerelle modelle non belle, proprio come il creatore dello storico brand, con la stessa idea: far porre l’attenzione degli spettatori solo ed esclusivamente sugli abiti. Demna aveva anche fatto per la sua prima collezione delle cuciture ondulate ai lati così che tutte le modelle che indossavano i suoi vestiti fossero costrette ad avere una postura come quelle degli anni Cinquanta.
Modelle brutte per Balenciaga ma anche per le collezioni dell’ex stilista di Gucci, Alessandro Michele.
Sì, però per Demna vale il discorso di prendere persone non canoniche sulla logica di Balenciaga, mentre per Alessandro Michele farei un discorso diverso, le sue erano intenzioni punk, Michele voleva trovare la bellezza laddove gli altri non la vedevano. Scegliendo ad esempio modelle con il monociglio o con occhi di diverso colore. Il suo intento era quello di trovare un certo tipo di attrazione anche nella disarmonia, discostandosi dalla bellezza classica, ottocentesca. Michele voleva portare in scena l’inaspettato, non dimentichiamoci che comincia a firmare le sue collezioni nel 2015, in un momento storico in cui c’è una apertura verso nuove forme di espressione. Adesso sicuramente c’è un certo tipo di atmosfera e di politica diversa, che generano "un ritorno ai tempi di restaurazione", come diceva lo scrittore Jonathan Bazzi. C’è molto meno la dimensione della sperimentazione, ora siamo a caccia di certezze.
La parola chiave per definire l’estetica di oggi?
La familiarità. Oggi ad esempio le ragazzine sono tutte borghesi. Indossano persino la micro bag. Vestirsi in questo modo, anche un pochino sensuale (esattamente come ha vestito le modelle Sabato de Sarno) con dei micro shorts, è segno dei tempi che stiamo vivendo. C’è crisi dappertutto. Gli acquirenti nel mondo della moda si stanno rivolgendo verso capi d’abbigliamento che siano duraturi, famigliari, sicuri, dei bei pezzi da tenere nell'armadio come tanti anni fa.
Infatti Gucci, che oggi ha un nuovo timoniere, Sabato De Sarno, ha cambiato spirito. La collezione che ha presentato a Milano è decisamente “indossabile” e sulla falsa riga di un grande trend di Tik Tok, la cosiddetta estetica old money, che si discosta decisamente dallo spirito estroso e pazzo delle passate sfilate della maison.
In generale, c’è uno strano atteggiamento nei confronti di persone con molto denaro che un po’ ci attraggono e un po’ ci repellono. Questo trend potrebbe chiamarsi anche “lusso tranquillo”. Nella serie Succession ad esempio tutti i personaggi, che sono molto ricchi, indossano abiti apparentemente anonimi che poi però si scoprono essere di Loro Piana o Cucinelli. Il punto è: chi è che deve osare e acquistare un capo di abbigliamento divertente e particolare se non il riccone che ha già decine di cappotti basici color cammello? Ecco, questa formula dell’eleganza borghese del lusso tranquillo come nel caso di Sabato De Sarno, credo sia stata la strada più facile proprio perché è palese che questo nuovo stilista di Gucci abbia fatto questo pensiero. Infatti non è un caso se per “disturbare” lo spettatore, Sabato ha poi aggiunto a dei capi d’abbigliamento basici dei mocassini folli e ha reinterpretato la storica borsa del brand, la Jackie. Ho trovato molto più intelligenti e più belli i modelli di Bottega Veneta e Prada dove sì, ho visto un ritorno alla compostezza anni '90, però ci ho letto anche uno sforzo di dire qualcosa in più. La sfilata di Prada era bellissima…
Tema scottante: la body positivity. Nelle sfilate di Parigi e Milano anche questa volta ci viene confermato che forse si trattava solo di un trend passeggero. Le maison di moda hanno preferito quasi sempre modelle e modelli standardizzati…
Assolutamente. Sottoscrivo. La body positivity si è rivelata l’ennesimo trend. Nelle boutique di lusso oltre la 44 non si va e se sei una taglia 46 vieni automaticamente esclusa, spedita al prossimo negozio di Marina Rinaldi o di Elena Mirò, di una tristezza eclatante, aggiungerei. Tutto questo fa parte di un sistema della moda che vampirizza una serie di temi molto importanti come anche il Black Lives Matter o il discorso sul genere sessuale. Ricordiamoci che oggi siamo in una società governata dalla destra in cui il primo libro in classifica è quello del generale Vannacci... Un certo tipo di estetica, di valori che si stavano facendo strada qualche anno fa, adesso non valgono più. Si torna alle sfilate per uomo e donne (bye bye genderless) e alle modelle magre e bianche (c’è stato anche un evidente e preoccupante calo di modelle nere).
E quindi la moda ci ha tradito, ci ha preso in giro?
Bisogna dire che comunque la body positivity è stata importante sopratutto per quanto riguarda la diffusione sui social, perché ha generato parecchia visibilità. Ora la domanda da fare però è un’altra. Tra una modella 34 e una 58 non c’è posto per una taglia media? Per una 42? Ecco, in questo la moda si rivela “sporca”, non inclusiva, e prevedo che non lo sarà mai. Pensa anche al fatto che nel mondo beauty sono state vietate parole come “anti age”, “anti rughe” e poi però modelle con qualche anno in più non se ne vedono. Né fuori né dentro la passerella. Posso assicurarti che quando vado negli atelier degli stilisti, spesso e volentieri sento delle frasi che sono irripetibili, la moda ragiona ancora con una mentalità antiquata e glassata di buonismo. C’è poco da fare.