Pierpaolo Piccioli, volto, testa e braccia della Maison Valentino dal 2016, dopo l’uscita di Maria Grazia Chiuri (ora direttrice creativa di Dior,) ha rivoluzionato completamente la nota casa di moda romana. Il designer che ha sempre sognato di fare il cinema (Alessandro Michele voleva fare lo scenografo) rilegge la sua innata propensione per la regia negli abiti che pensa e realizza. Zendaya, Concita De Gregorio, Sabrina Impacciatore, Glenn Close e Whoopi Goldberg al Met Gala o ancora la freschezza (e la figaggine) di Jacob Elordi al Festival del Cinema di Venezia (per presentare Priscilla di Sofia Coppola) con una farfalla ricamata vicino al taschino del completo sartoriale. Tutti vogliono Valentino o meglio, Pierpaolo Piccioli. Il nuovo corso del brand di lusso è, parafrasando le parole del suo direttore artistico: "un racconto umano, personale e insieme corale, di una storia ancora da scrivere".
La classe ereditata dal papà del marchio, Valentino Garavani, si unisce al desiderio di rompere le barriere. Sulla falsa riga della rivoluzione urlata dal “compianto” Alessandro Michele in Gucci, anche Piccioli firma una collezione da uomo in cui c’è spazio per la trasgressione (con dei bermuda cortissimi dialogano con dei pezzi da completo) e per l’innovazione appena accennata (spicca una giacca nera con una frase stampata «siamo così vecchi che siamo diventati giovani di nuovo presa da Una vita come tante di Hanya Yanagihara). Pierpaolo Piccioli differentemente dal dio Alessandro Michele, che è un’altra storia presa da un libro diverso, con la collezione uomo ci fa vedere cosa vuol dire poter essere uomini oggi con dei look per tutti (o quasi). “Definire una nuova mascolinità nella consapevolezza che oggi il vero potere dell’uomo è essere libero anche di mostrare la propria fragilità”. E le donne?
L'ultima sfilata di Valentino a Parigi è all’École des Beaux-Arts e si intitola L’École,“scuola” in francese, ed è proprio il luogo dove una cultura nuova è possibile, dove poter insegnare una nuova idea di corpo femminile, che vive indipendente dallo sguardo maschile. La sfilata è una storia di libertà in cui il corpo è nudo e si fa vestire da nuovi significati. Piccioli cerca di definire questi “semivuoti” (gli abiti più belli della collezione presentano dei cut out che formano dei ricami incredibili) come fossero simboli del campo dell’invisibile, dell’immaginario, di ciò che è “infinitamente vasto”. Valentino con Piccoli è diventato infinitamente vasto. Come dice uno dei più grandi esperti e conoscitori di moda Andrea Batilla, quello che ci ha fatto vedere Valentino in questa sua ultima collezione: “è tutto quello che una maison de couture deve fare, trasportare archivi e tecniche polverose nel presente, mantenendole vive, ma dando loro un significato nuovo”. Piccioli ha tra le mani una grammatica, delle parole per poter dire più cose in una volta, più spazi in tempi diversi. Il manifesto di Valentino è diventato grazie alla sua presenza l’emblema della sensibilità uomo-donna che non ha paura di mostrarsi. Ed è anche indossabile.