Le olimpiadi di Parigi 2024 sono sempre più vicine. I giochi olimpici quest’anno avranno inizio a partire dal 26 luglio e diversi brand di abbigliamento sportivo hanno scelto i loro testimonial vip per lanciare linee di tute e scarpe da ginnastica. Fra loro anche Adidas che per l’occasione ha ingaggiato la super top model Bella Hadid per una linea di sneakers denominata OG ovvero “Olympic Games”. Il problema? La linea di scarpe in questione venne progettata per la prima volta in occasione dei Giochi Olimpici di Monaco nel 1972, dove però un gruppo terroristico palestinese, denominato “Settembre nero”, rapì e uccise alcuni atleti e allenatori ebrei. Il tragico evento ha quindi sollevato una valanga di polemiche nei confronti della scelta di Adidas, dato che nell’attuale e sanguinoso conflitto israelo-palestinese, Bella Hadid si è sempre schierata apertamente a favore della causa palestinese, anche dato che suo padre, Mohamed Hadid, è palestinese e dunque il tema tocca personalmente lei e la sua famiglia.
Certo, quel violento massacro del 1972, non è direttamente collegato alla guerra di oggi, ma diversi portavoce di gruppi e movimenti ebraici non hanno gradito l'associazione di Bella alle scarpe e hanno criticato apertamente Adidas. Fra loro il gruppo “Combat Anti-Semitism Movement”, che ha dichiarato al Daily Mail: “Che Adidas scelga Bella Hadid, che tormenta costantemente gli ebrei e attacca lo Stato ebraico è già abbastanza grave; ma vederla promuovere delle scarpe che commemorano le Olimpiadi in cui è stato versato così tanto sangue ebraico è semplicemente disgustoso”; oltre al commento di un altro gruppo, “Stand With Us Uk”, che ha affermato che la scelta di Adidas sia carica di “spaventosa ironia” dato che Bella Hadid avrebbe, secondo loro, “diffuso bugie e disinformazione su Israele”. I duri commenti delle associazioni ebraiche sono dovuti al fatto che Bella Hadid ha scritto in diverse occasioni sui suoi profili social messaggi contro le azioni delle forze armate israeliane e lo Stato di Israele, definendolo “suprematista”, e dicendo che “Gesù era palestinese”, cosa che ha fatto infuriare le associazioni, per cui già in passato era stata accusata di “soffiare sul fuoco dell’antisemitismo”.
Adidas, con sgomento ha risposto alle critiche: “Siamo consapevoli che sono stati fatti dei collegamenti con alcuni tragici eventi storici. Sebbene questi siano del tutto involontari, ci scusiamo per qualsiasi turbamento e angoscia causata. Di conseguenza stiamo rivedendo il resto della campagna. Crediamo nello sport come forza unificante in tutto il mondo e continueremo i nostri sforzi per sostenere la diversità e l’uguaglianza in tutto ciò che facciamo”. Una sorta di messaggio per calmare e riappacificare gli animi, dunque, ma che a poco servirà.
Certo, se da una parte l’associazione del modello di scarpe con Bella Hadid, in questo contesto, appaia “singolare”, dall’altra parte c’è da chiedersi perché viene manifestata tanta meraviglia verso le posizioni politiche di Bella Hadid, dato che lei stessa in primis, come anticipato, ha origini palestinesi e dunque non può certo rinnegarle in nome di una campagna di sneakers. Oltre al fatto che la modella non ha certamente colpe di quello che un gruppo terroristico fu capace di fare oltre cinquant’anni fa e mai si è espressa su quei tragici eventi del 1972. Adidas ha quindi pestato un merdone? Probabilmente sì, ma non per colpa di Bella Hadid, una delle pochissime vip a esprimersi direttamente sul sanguinoso conflitto in Medio Oriente, quanto per non aver saputo gestire la propria comunicazione e per non conoscere la storia dei propri prodotti e testimonial. Se non volevano avere alcun tipo di problema di immagine, forse dovevano scegliere qualcuno di non apertamente schierato con alcuna causa. Ci sorprendiamo quindi del nulla: una modella mezza palestinese, da sempre filo-palestinese, è (di nuovo) filo palestinese. Un po’ come sorprendersi che “l’acqua è bagnata”. “Errori di comunicazione”? Chiara Ferragni docet.