“Non ci stiamo inventando niente”, mi dice al telefono Martina Carcangiu mentre parliamo di ‘Mustras’, la rete di artisti e designer che in Sardegna realizzano opere e collezioni sul tema dell’abitare contemporaneo lavorando in sinergia con gli artigiani locali. Il progetto è nato nel 2019 da un’idea di Fabrizio Felici, che adesso con l’aiuto di Martina cuce in giro per l’Isola queste connessioni. Sarà che unire arte e artigianato non è niente di nuovo, ma questa iniziativa racchiude le risposte a tutta una serie di questioni di un’attualità schiacciante, come emergenza abitativa, spopolamento delle aree decentrate e crisi dell’artigianato e del commercio al dettaglio. Partiamo però da un punto basilare. Per dirla quasi con Jovanotti, la casa cos’è? “Più che darne una definizione, vogliamo creare un coro di voci che lo racconti, scrivendo una sorta di diario”, risponde Martina.
80 opere entro la fine del 2024, una cinquantina di artigiani sardi e 20 progettisti coinvolti, otto amministrazioni messe in rete. Sono alcuni dei numeri di Mustras, partito grazie ai bandi di Fondazione di Sardegna. Il nome deriva da Sa Mustra, che in sardo indica le matrici utilizzate nella produzione artigianale. Codici e simboli che raccontano tante storie, come quelle dei responsabili del progetto: Fabrizio, architetto e designer che ha deciso di tornare in Sardegna da Torino e Martina, esperta in management di eventi artistici e culturali, di ritorno sull’Isola da Firenze. A lei chiedo come definire quello che fanno. “Cerchiamo di creare nuova linfa e favorire il ricambio generazionale nell’artigianato locale. Con un approccio da designer, applichiamo gli strumenti dell’innovazione digitale ai laboratori tradizionali. Spesso i luoghi che ci sembrano senza futuro sono in realtà i primi da dove si può ripartire. A Torino, Milano, Firenze avremmo avuto grandi difficoltà, qui invece le comunità si attivano mostrando grande voglia di riscatto”. Intanto, l’Associazione italiana del Disegno Industriale ha dato un prestigioso riconoscimento ad una delle opere create nell’ambito di Mustras: il tappeto ‘Quanta Res’, già esposto alla Galleria nazionale di Roma, disegnato da Fabrizio Felici e Alberto Olmo e realizzato dall’artigiana Vilma Ghiani da Seulo, entroterra sardo. “Quando abbiamo saputo che il tappeto sarebbe stato esposto al Museo del Design di Milano e inserito nel catalogo ADI Design Index, Vilma è scoppiata in lacrime e ha detto una frase che racchiude tutta la fiducia degli artigiani nel progetto: ‘non riesco a tracciare il perimetro di quello che stiamo facendo, ma sento di far parte di qualcosa di importante’. Questa è l’energia di cui ci nutriamo”.
Dalla Barbagia a Oristano, da Sassari alla provincia del Sud. Avanti e indietro, testardi, Martina e Fabrizio inventano nuovi codici per salvare l’artigianato attraverso un crossover con arte e design. “Viviamo di collaborazioni, in una dimensione collettiva. Gli oggetti vengono costruiti pezzo per pezzo anche da persone che non si erano mai viste prima, passando di mano in mano”. Al centro di Mustras c’è il tema dell’abitare e di come cambiano i contesti urbani. A partire da questo, ogni artista coinvolto propone il suo progetto. Sta poi a Martina e Fabrizio fare da filtro e individuare gli artigiani con le caratteristiche più adatte alla realizzazione. Gli oggetti del passato, legati alla cultura popolare ma ormai privi di valenza pratica, vengono riportati nel contemporaneo con nuove accezioni. “Rivisitandoli, prima che diventino reperti archeologici – aggiunge Martina. Il nostro obiettivo è trovare una mediazione per vivere il ‘qui e adesso’, scegliendo tecniche e oggetti che siamo abituati culturalmente a vedere in casa. Come le ceste, nel passato usate per fare il pane e oggi svuotate di quella funzione, ma utilizzabili per altri scopi”. E gli artigiani come rispondono? “Hanno iniziato a sperimentare, e li entusiasma notare che le persone si meravigliano nel guardare vecchi oggetti in una veste nuova”. E ad ispirare questo lavoro ci sono anche tanti luoghi. “Il territorio è una componente essenziale. Uno dei designer con cui collaboriamo ha realizzato, attraverso un algoritmo, una composizione che rappresenta graficamente i suoni di un luogo dell’isola legato alla sua memoria, cioè la Costa Verde. Un altro progetto richiama i cieli sardi, così nitidi per via di un inquinamento luminoso molto basso”.
Emergenza abitativa nelle città e spopolamento nei territori marginali, un’antitesi paradossale. Da un’inchiesta del Sole 24 Ore emerge che in alcune regioni, compresa la Sardegna, oltre il 70% dei Comuni rientra nelle ‘aree interne’, cioè quelle più periferiche per l’accesso ai servizi essenziali. In generale, in Italia queste aree costituiscono il 58% del territorio ma contano circa 13 milioni di residenti, ossia meno di un quarto della popolazione totale. Un dato che fa il paio con un altro fattore: la desertificazione commerciale. Il progetto ‘Cities’ di Confcommercio rileva che tra il 2012 e il 2023 si sono registrate 135mila cessazioni di attività tra negozi e commercio ambulante. In ‘Offshore’, lavoro dell’artista Marco Loi per Mustras, si studiano le conseguenze dello sviluppo di una società globalizzata su un contesto regionale, con un’operazione di riappropriazione e decentramento. “Ed è proprio far riaprire i laboratori artigianali e artistici che secondo noi potrebbe aiutare a contrastare lo spopolamento dei piccoli centri. Bisogna incrementare i risvolti socioeconomici dell’arte, far dialogare centro e periferie e ripartire dal basso”. Valorizzare la marginalità, insomma, anche iniziando da casa nostra. “Secondo Ugo La Pietra, ‘abitare è essere ovunque a casa propria’. Nessuno ci obbliga a rimanere o tornare nel posto dove siamo nati, decidiamo noi dove spendere le nostre energie. Io e Fabrizio abbiamo visto un potenziale nell’artigianato e nell’arte in Sardegna, ma prendersi cura di un luogo non significa per forza restarci ancorati”. Del resto, come dice qualcuno, ‘se fossimo alberi avremmo radici…’.