Andare a cena fuori è un lusso, ormai, e non parliamo di ristoranti stellati. Anche per mangiare una semplice pizza seduti al tavolo si può arrivare a spendere l'equivalente di una giornata media di lavoro, se non due, e nemmeno più i cari vecchi all you can eat cinesi, ormai riconvertiti in giapponesi, possono salvare i nostri risparmi, perché hanno aumentato i prezzi in maniera notevole, soprattutto nei weekend. Tuttavia, non si vive di solo kebab, e se la nostra sacrosanta voglia di andare a cena fuori fa a pizze in faccia con la nostra altrettanto sacra e santa voglia di risparmiare, non dobbiamo per forza andare in cerca del prezzo più basso. Il motivo? Ce lo spiega lo chef Guido Mori, direttore dell'Università della cucina italiana, direttore del master in Arti e Scienze Culinarie e di quello di Giornalismo Enogastronomico dell'Ateneo IUL. È anche il principale docente di cucina scientifica di Alma, scuola di alta cucina. Con noi di Mow era già stato abbastanza chiaro sul ruolo dei food blogger e gli influencer del cibo nel veicolare un messaggio fuorviante, rispetto alla buona cucina. Questa volta, invece, nella sua pagina Instagram, si scaglia contro le offerte di cibo a basso costo.
In primo piano, picture in picture, c'è il barbone di Mori. Sul retro, scorrono alcuni reel di Instagram in cui si pubblicizzano alcune di queste offerte di cibo a prezzi assurdi. C'è una maxi infornata: un pollo da un kilo e trecento grammi, due fusi, costine, wurstel, patatine e altro ancora a 20 euro, ci sono delle enormi brioche siciliane con una tazza altrettanto enorme di granita: 300 grammi di brioche, più 400 grammi di granita, a tre euro. Mori ha le mani in testa. Poi un aperitivo gigantesco, dice il ragazzo del filmato, mentre tiene un tagliere spropositato in mano, traboccante di stuzzichini, per soli dieci euro. Via i filmati. Sfondo verde. Mori attacca, facendo "due calcolini". Partendo dal pollo viene fuori che, al netto del peso totale di ciò che era presente nel video, il pollo sarebbe stato comprato a 2.6 euro al kg. Lo stesso discorso si può fare per gli altri due video, aggiunge, e spiega velocemente tutto ciò che ruota intorno alla ristorazione: il rischio, il guadagno, il personale, le spese, gli affitti, le bollette, le tasse, l'Iva. Premesso questo, se tu, continua lo chef, vendi due chili e mezzo di carne a venti euro, più le patatine e i wurstel, allora c'è un problema.
Mori dice di non pensare che chi fa quelle offerte abbia lavoratori in nero o che non paghi le tasse. Però, aggiunge, quando vede gli alimenti a quella cifra, secondo lui o si sta vendendo "la merda della merda della merda della merda della merda dellamerdadellamerdadellamerda, al livello che leccarsi la suola della scarpa dopo aver fatto una passeggiata in un giardinetto dove i cani cacano di continuo è molto meglio, oppure c'è il lavoro nero, e non si pagano le tasse. Ci sono solo queste due possibilità". Mori, dopo questo sfogo che ricorda la famosa sequenza del film Berlinguer ti voglio bene, con Benigni che bestemmia in un freestyle di turpiloquio che sembra infinito, dice di essere contrario a entrambe le opzioni, come è giusto che sia. Che la qualità del pollo sia indecorosa, o che sia buona ma illegale, in entrambi i casi è per lui inaccettabile. Guido Mori è un accademico della cucina, e non possiamo che essere d'accordo, e se la nostra voglia di andare a mangiare fuori si scontra con un aumento dei prezzi che in alcuni casi è fuori controllo, rispetto alla fissità degli stipendi, la soluzione non può essere quella di favorire un sistema che è fatto di merda, che sia la materia prima o la condizione dei lavoratori. Anche se nei commenti c'è fa notare che un conto è la carne, ma la granita o altro potrebbero benissimo essere venduti a prezzi abbordabili, soprattutto in alcune parti d'Italia dove il costo della vita è inferiore.