Trovare un percettore di reddito di cittadinanza disposto a raccontare la propria storia non è mai stato facilissimo. Oggi, poi, che il governo Meloni ha annunciato di volerlo abolire a partire dal 2024, è diventata quasi un’impresa (eccezion fatta per l'onnipresente Pasquale Lino Romano, protagonista di varie trasmissioni tra cui La Zanzara e Non è l'Arena). Probabilmente non lo elimineranno tout court ma lo trasformeranno in un sussidio puro, è vero. Ma solo per i cosiddetti non occupabili, cioè chi è fisicamente o per altri motivi impossibilitato a un lavoro purchessia. Per gli altri, quelli che rientrano nella cosiddetta “occupabilità” (supercazzola statistica atta a mascherare il vecchio caro schifoso “arrangiatevi, plebei”) il futuro è segnato: la disoccupazione, cioè essere ricacciati nel vuoto.
Il vuoto, però, non esiste in natura. Di qui la difficoltà improba a scovare qualche futuro appiedato disponibile all’intervista, soprattutto nelle zone centro-meridionali del Paese. Il motivo è presto detto: essendo il RdC largamente insufficiente per poter vivere con dignità (sotto i 1000 euro al mese si fa fatica a sopravvivere, sempre che uno che non compensi ricorrendo all'autoproduzione di alimenti e di energia), molti nel Centro-Sud affiancano alla somma statale, di importo massimo 780 euro mensili ma che è attestata in media ben al di sotto, sui 500 euro circa, un lavoro nero. Tecnicamente illecito, sia chiaro. Ma dal punto di vista sociale, che è la cosa che più interessa perché in ogni anfratto della società c'è chi viola la legge, resta un fatto che la dice lunga sulle condizioni reali di vita.
Perché fare la cronaca di ciò che non dovrebbe costituire cronaca, ossia gli inciampi del cronista? Perché così ci si rende conto di cosa voglia dire tagliare lo Stato sociale anziché, semmai, aumentarlo, sissignori. Ossia, spingere ancor di più verso l'illegalità, aprire spazi alla giungla, puntellare la legge del più forte. In una parola: più ingiustizia. Parecchi di coloro che nell’arco di due anni si vedranno togliere il sostegno pubblico hanno paura di esporsi perché, uscendo allo scoperto, potrebbero attirare i controlli. Non stiamo parlando dei truffatori, gli infami con la Maserati nel garage, ma di coloro che arrotondano in nero. Per questi ultimi, significa non solo che il reddito non basta, ma anche che il lavoro c’è, a patto di eludere il fisco e l’Inps. Lavoretti, lavoracci, irregolari, precari, di cui tutti sanno ma che a molti, forse a tutti, fa buon gioco fingere di non vedere.
Il mercato del lavoro è una cajenna, specialmente nell’Italia del Sud. Il giovane di Siracusa che ha inviato per iscritto minacce di morte alla Meloni è la punta abietta e, sottolineiamo, non tollerabile di un iceberg generato dalla disperazione da un lato, e dalla rassegnazione allo status quo illegale, dall’altro. Ma se intervistare e mostrare la vita vera di chi annaspa nel fondo diventano una mission impossible, allora quella disperazione, quella rassegnazione, quello status quo, una volta cancellato il RdC sprofonderanno vieppiù. Si tornerà a prima, e prima era peggio.
Perché il Reddito, con tutti i suoi limiti e difetti (non essendo un reddito di base universale ma “condizionato”, ovvero a metà fra un assegno di povertà e un ufficio collocamento con i “navigator”, è né carne né pesce, quindi mal concepito all’origine) è stato comunque l’unica decisione realmente politica degli ultimi decenni. Politica nel senso che ha affermato il principio per cui la Politica dovrebbe avere il primato sull’Economia e con ciò che le sta dietro, inclusa la mentalità per cui uno che non ce la fa a sostentarsi decentemente, è colpevole di non farcela, è uno sfaticato, un parassita da abbandonare al suo destino di accattone sociale. L’esatto contrario del “diritto a un’esistenza libera e dignitosa” per tutti prescritto dal sacrosanto articolo 36 della nostra Costituzione, per il resto rivedibilissima.
Per farla corta: cari detentori di RdC che non vedrete più un centesimo, fatevi vivi. Battete un colpo. Siete centinaia di migliaia, se nessuno comincia a usare la voce, come si può pensare che qualcosa cambi, in questo Paese in cui cambia tutto eccetto ciò che dovrebbe cambiare? O volete darla vinta agli “arrivati”, ai superficialoni, a chi ha il culetto al caldo e pensa, spesso in buona e infernale fede, che la domanda e l’offerta siano il regno di Pangloss, da candidi, cretini, e criminali che sono?