Sognare. E’ il verbo a cui ricorriamo quando le cose non vanno proprio bene e quando, comunque, sentiamo che c’è qualcosa da cambiare. Sognare è rifugio e speranza, è esercizio del pensiero, ma senza il limite del reale: è ricorrere per non ridursi a rincorrere, o a rimpiangere. E’ voglia di futuro.
Ai sogni è venuto da pensarci ieri, guardando una foto di famiglia che racconta di un futuro che è arrivato. In quella foto c’è Valentino Rossi, che con un braccio cinge la sua compagna Francesca Sofia Novello – che a sua volta tiene in braccio la loro figlia, Giulietta – e con l’altra mano impugna, come fosse la manopola del gas delle moto che ha guidato per tutta la vita, il primo trofeo vinto da quando fa il pilota di macchine da corsa. In verità non è ai sogni che è venuto da pensare, ma a un vecchio zaino. Era lo zaino di una compagna del liceo, di quelli a due colori di una nota marca che identifica una generazione e che quella generazione ha usato, oltre che per contenere libri, per riproporre frasi, pezzi di canoni, disegni con un qualche significato. Nella parte superiore dello zaino c’era una frase che, nella noia di lezioni che non finivano mai e nell’insofferenza di un adolescente costretto a stare seduto e pure zitto, leggevo tutti i giorni e che anni dopo avrei ritrovato anche trascritta sul gradino di un bar: chi non sogna diventa come tutti.
Già: chi non sogna diventa come tutti. Anche se ti chiami Valentino Rossi. Anche se sei stato Valentino Rossi. Non lo so se anche Vale ha avuto una compagna di scuola con la stessa frase sullo zaino o se, semplicemente, ha risposto a un istinto che gli chiedeva di sognare ancora. Di sicuro c’è che ha sognato, anche quando avrebbe potuto rincorrere o al limite rimpiangere. Lui, Valentino Rossi da Tavullia, ha invece scelto di ricorrere. Ricorrere ai sogni, ma anche ri-correre ancora. Questa volta al volante di macchine da corsa capaci di andare forte per 24 ore di fila, dividendo l’abitacolo con altri piloti. Mettendosi in gioco con la stessa umiltà di chi ha un sogno nuovo e di quello già realizzato sente di farsene ormai poco. Ecco perché il 15 gennaio, il 15 gennaio 2023, resterà, verosimilmente, una data nel cuore del Dottore. La prima volta sul podio, con gli stessi occhi di quando, da ragazzino, ci si portava il pollo Osvaldo, solo che questa volta con il titolo dei titoli in tasca: papà.
L’ex ragazzino che è diventato grande, s’è fatto una famiglia, ha scritto una storia e, con i sogni, s’è preparato a scriverne un’altra, mentre finiva la prima. Sempre con il casco in testa, sempre con gli stessi rischi, ma da una prospettiva differente. Terzo alla 24Ore di Dubai, la prima vera gara di stagione, dopo un primo anno da esordiente. Come una prima volta, ma con la consapevolezza che non ci si ribella al destino, anche quando il tuo destino è vincere. Vincere comunque. Vincere di nuovo. Ritrovandosi, ancora una volta, sopra al un podio, mentre abbraccia la famiglia che nel frattempo ha costruito e, soprattutto, mentre impartisce, probabilmente senza saperlo e con quell’aria scanzonata lì, un’altra lezione: è dai sogni che si comincia e è nel sogno che c’è la radice di ogni inizio. A prescindere dal tempo che è passato, da quello che è stato e da chi sei stato. Lo ha detto, a modo suo, anche ieri, dopo quel primo podio conquistato a Dubai, parlando di segni e, appunto, di sogni: “Sono molto contento perché per me è il primo podio con una macchina nella mia carriera e farlo nella prima gara con la BMW è qualcosa di grande. È un segno, è il miglior modo per iniziare – ha spiegato ai colleghi di GPOne - Mi sono goduto tutta la gara. Non è stato facile ma alla fine siamo saliti sul podio e quello era il nostro sogno. Era la mia prima volta e non sapevo cosa aspettarmi, c'erano tanti piloti e macchine veloci, quindi ho cercato di lottare per le prime posizioni" . Lottare, come il verbo a cui è pronto a ricorrere chi i sogni non si limita a farli, ma ha voglia pure di difenderli. Per inseguirli meglio, come ci si insegue nelle corse: con l’obiettivo di superarsi. Scrivendo la propria storia mentre si è paradossalmente distratti a scrivere il proprio futuro: “La prossima gara – ha concluso Vale – sarà in Australia, una 12 ore. Sarà una grande sfida, ma voglio (eccolo là il nuovo sogno) fare bene anche lì”.