Sono tutti vegani col brand degli altri, per parafrasare un detto ormai politicamente scorretto. Chiara Ferragni riprende a collaborare coi marchi, anche se in Spagna, ma sembra cadere di nuovo in un "errore di comunicazione"? Il marchio è Goa Organics, una linea di prodotti “per capelli sporchi e coscienze pulite”. Shampoo e balsami vegani, cruelty free, green e tutto quanto possa coprire la fetta di mercato composta dai consumatori consapevoli e moralmente incorrotti. Ma basterà una lavata di capo a ripulire l'immagine dell'imprenditrice sulla cui testa saltellano ancora i gravosi pidocchi delle polemiche sul caso dei pandori? Probabilmente no, anche perché anche l'incoerenza salta, anche se agli occhi, abbastanza in fretta. Soprattutto se sei un personaggio il cui nome fa notizia a prescindere. Il punto è questo: è corretto sponsorizzare un brand vegano se poi non lo sei? Puoi essere ambassador di una causa che non sostieni? Probabilmente saremo in molti a ricordare il litigio tra Antonella Elia e Mike Bongiorno, quando la valletta criticò il brand di pellicce che sponsorizzava il programma, facendo incazzare il presentatore. Altri tempi: oggi accade il contrario.
Può sembrare una polemica sterile, ma non lo è. Ovviamente rispetto alla sua condotta passata lo ha già sottolineato Selvaggia Lucarelli, sempre in prima linea nelle critiche alla Ferragni, ma al netto di quello che ci ha fatto vedere ancora oggi non ha tutti i torti. Chiara Ferragni viene chiamata a rappresentare un brand vegano e cruelty free, ma non fa nulla per sostenere questa strategia di marketing. Lasciando da parte il punto di vista etico, è evidente che la questione non regge nemmeno dal punto di vista aziendale. Alla stessa serata di presentazione della Ferragni come ambassador, lo si vede nella pagina Instagram di Goa Organics, c'è una borsa azzurra sul tavolo, probabilmente di pelle, che rispunta anche in un selfie fatto in casa davanti allo specchio. Finita la festa, Chiara Ferragni torna in Italia e posta una foto del rientro in Italia, in aeroporto, con sottobraccio una Louis Vuitton in pelle. Poi si passa al cibo, e nelle stories di instagram la si vede mentre abbraccia Paloma, davanti a quello che sembra un bel piatto di risotto alla pescatora cucinato da lei. Come a dire: sono tornata alla mia vita, e ciao vegani.
Non si pretende certo che la Ferragni diventi vegana per sponsorizzare un prodotto, ma la credibilità? L’imprenditrice digitale, negli anni, ha pubblicizzato Mc Donald’s, ovvero l’antitesi per eccellenza del veganesimo e dell’allevamento sostenibile. Poi il pollo impanato di Aia e, come ricorda anche la Lucarelli, la scarsa attenzione per l’ambiente in generale, tra viaggi in jet privato, pellicce e il contestato aperitivo sul ghiacciaio in elicottero. Ma se queste sono faccende che riguardano il passato, le stories con le borse in pelle e il cibo palesemente non vegano fanno parte del presente immediato. Che il marketing sia una forma di raggiro lo si può accettare, ma se vai a tirare in ballo una causa così sentita da chi ci crede davvero, un minimo di coerenza non guasterebbe. Sia nei confronti di chi ci crede, sia nei confronti di chi ti paga per portare in giro un'immagine basata su una filosofia di vita ben precisa. Com'è che per anni si sia creduto che la Ferragni fosse una dea della comunicazione, questo è ancora da spiegare.