Dimenticate le maschere. Dimenticate Patty Pravo, Belen, Carla Fracci e la Ferilli. Sul Nove alle 21:30 (e in streaming su Discovery+), va in onda Samusà, lo spettacolo teatrale più intimo e autobiografico di Virginia Raffaele. Niente travestimenti, o quasi. Solo lei. E una storia che è già di per sé un numero da circo. Cresciuta letteralmente tra le giostre, con la nonna cavallerizza, lo zio clown, la bisnonna trapezista e un Luna Park (il Luneur di Roma) come seconda casa, Virginia racconta la vita da “giostraia” in una narrazione che mescola ricordi, trasformismo, comicità e una sorprendente dose di malinconia. “Tutti i bambini pregavano i genitori di portarli al Luna Park. Io li pregavo di farmi restare a casa”, racconta nello show. E quando dice “casa” intende la nave dei pirati, il brucomela, la ruota panoramica. È lì che ha fatto i compiti, dato il primo bacio e imparato ad ascoltare le voci, le storie, gli echi di un’Italia che passava, rideva, si rifletteva negli specchi deformanti.

Samusà (che significa “fai silenzio”) è un monologo espanso, scritto con Giovanni Todescan, Francesco Freyrie, Daniele Prato e Federico Tiezzi. Un viaggio emozionale che ripercorre l’infanzia in quel microcosmo fatto di zucchero filato, urla, luci stroboscopiche e famiglie nomadi. “Ho avuto un’infanzia incredibile. Cenavo caricando i fucili, facevo i compiti sulla nave dei pirati. Se avessi detto ai miei che volevo fare l’avvocato mi avrebbero guardato malissimo”, ha detto in un’intervista. In scena, anche alcuni disegni realizzati da lei. Perché sì, Virginia Raffaele non è solo attrice e imitatrice: è un’artista a tutto tondo. Ed è proprio questo che emerge con forza da Samusà, che ha conquistato pubblico e critica in tutte le principali piazze italiane, fino ad aggiudicarsi il “Premio Duse” 2023.

Lo spettacolo si muove come una giostra: ti solleva con le risate e poi ti lascia andare nel vuoto della nostalgia. La regia televisiva è firmata da Riccardo Milani, che ne amplifica l’emotività senza mai sovrapporsi. È un varietà che non ha bisogno di lustrini. Un racconto teatrale che sa essere cinema. Una confessione poetica che ribalta i cliché: perché Samusà non è solo uno show, è la vita trasformata in spettacolo da chi, come Virginia Raffaele, ha imparato da sempre a farsi giostra per gli altri.