A Monte Carlo il tempo scorre in modo diverso. Non tanto per il clima o per la posizione geografica, comunque invidiabili, quanto per quella sua particolare capacità di disancorare le persone dalla realtà comune. Succede, ad esempio, che a quindici anni, l’età in cui di solito ci si sporca con il gelato, si rompono gli orologi digitali in plastica e ci si fidanza per la prima volta, si venga fotografati mentre abbracciamo papà, indossando un Rolex GMT-Master II Pepsi. Succede, al Principato di Monaco, se ti chiami Nathan Falco Briatore, figlio di Flavio e Elisabetta Gregoraci, e sei cresciuto a pane e Crazy Pizze. L’immagine ha fatto il giro del web: Nathan in abito bianco durante il weekend del Gran Premio di Monaco, con papà Flavio e la sorellastra Leni, con quell’accessorio al polso che per chiunque altro richiederebbe anni di attesa, conoscenze nei concessionari ufficiali, o una spesa da capogiro sul mercato parallelo. Non un orologio qualsiasi, ma il Pepsi, forse il più riconoscibile tra i Gmt-Master di Rolex. Lunetta in ceramica bicolore rossa e blu, bracciale Jubilee, prezzo di listino poco sopra i 10.000 euro, prezzo reale tra i 20 e i 25mila, quando lo trovi.

Ma da dove viene questo soprannome così poco svizzero e così americano? Pepsi non è un nome scelto da Rolex, che anzi si tiene ben lontana da queste denominazioni popolari, ma nato dall’associazione visiva con i colori del logo della famosa bibita. Il rosso e il blu servivano in origine a distinguere il giorno dalla notte sulla scala 24 ore della lunetta, pensata per aiutare i piloti a leggere due fusi orari contemporaneamente. Il primo Gmt-Master nasce nel 1954 su richiesta della compagnia aerea Pan Am. Da lì in poi, si è trasformato: da strumento professionale a feticcio estetico. Da tool watch a simbolo da esibire. Oggi il Pepsi un prodotto raro, desiderato, e volutamente reso inaccessibile da Rolex stessa attraverso una distribuzione controllatissima. Proprio per questo il fatto che lo porti al polso un ragazzino amplifica la distanza tra chi può e chi vuole. Nathan Falco, in fondo, non ha colpa. È cresciuto in mezzo ai cocktail del Twiga, agli yacht, ai ristoranti di lusso, ai camerieri in smoking e alle comparsate in Tv. Il suo concetto di normale non è lo stesso dei normali. E forse non è nemmeno colpa dell’orologio, che in fondo è sempre lo stesso: segna l’ora, ti dice in che fuso sei, e per il resto tace. In attesa di poterne comprare uno, di Rolex Pepsi, ci accontentiamo di bere una lattina della bibita omonima.

