Tre coltelli in più. Come se non bastassero quelli già sequestrati nella casa di Sebastiano Visintin l’8 aprile scorso. Ora la procura di Trieste mette sotto la lente altre tre lame, regalate – pare – oltre due anni fa a un conoscente toscano. È stato proprio lui, un professionista, a scrivere di sua iniziativa alla pm Ilaria Iozzi dopo aver letto del sequestro multiplo: “Me li ha dati Sebastiano due anni fa”, il senso della segnalazione. La Squadra Mobile lo ha convocato, interrogato sul rapporto con Visintin, poi via anche quei coltelli, sequestrati e messi agli atti. Lui, il marito di Liliana Resinovich, è tornato a farsi vivo. Fino a ieri era un fantasma, poi eccolo al volante: «Io non ho niente a che fare con la morte di Liliana, assolutamente. Sono felice di essere qua a Trieste, ho trovato una città meravigliosa, sono venuto qua nel 1995». Visintin non si sente condannato: «Vivo alla giornata, non penso a ieri, non penso a domani. Se ci sarà il processo io sono qua, sono a disposizione». Poi lo sfogo: «Sto vivendo un dramma da tre anni e mezzo che non auguro a nessuno. Però, come dicevo a Liliana, la vita è bella. Non voglio parlare di chi è stato, ci sono gli avvocati per questo».

Va ricordato: sul corpo di Liliana, ritrovata nel parco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni il 5 gennaio 2022, non ci sono segni da arma da taglio. Ma l’ipotesi di omicidio è netta. La nuova versione della procura parla di percosse, graffi e morte per soffocamento. E proprio su questa ipotesi potrebbe intervenire a breve un incidente probatorio. Attesa in questi giorni la decisione della gip Flavia Mangiante sull’audizione “blindata” di Claudio Sterpin, amante di Liliana. Un nome che ricorre spesso, non senza ambiguità. Lui stesso ha dichiarato mdi dubitare che Visintin, «ammesso che sia l’esecutore materiale», possa aver agito da solo. L’ombra di un complice, tre coltelli in più e un uomo che si dice innocente ma vive un dramma. Trieste aspetta risposte. E forse anche giustizia.

