Attenzione, il divo di Hollywood che ha dato il volto all’eroe nazionale scozzese William Wallace in Braveheart si aggira in questi giorni sotto casa nostra e cioè nella Città Eterna. La morsa della canicola romana ha un temibile rivale, Mel Gibson, e infatti, invece di sudare pure l’acqua del battesimo accalcati in quell’inferno del lido di Ostia pregando che faccia buio e svampare i calori, preferiamo pedinare l’attore tra una ripresa e l’altra del sequel de La passione di Cristo nei ristoranti dove assaggia le specialità culinarie nostrane. Gibson, famoso tra le varie cose per essere cattolico ai limiti del fanatismo, tanto che si è fatto costruire una sorta di copia di San Pietro che celebra regolarmente messa nel giardino di casa a Malibu, è stato avvistato nel casertano mentre suggeva una mozzarella di bufala. Solo pochi giorni fa Dagospia segnalava la sua presenza a Roma a cena All’Arancio d’Oro da Cialfi in Via Monte d'Oro in pieno centro storico, intento a divorare una amatriciana. Noi, cuori impavidi di MOW che ci flagelliamo in tenuta estiva con la grattachecca in mano, non ci facciamo pregare e intendiamo imboccare al noto ristorante all’angolo con Palazzo Borghese per sederci al suo desco e constatare come si mangi. Nella nostra personale via crucis di questa estate fòri dalla grazia de Dio, un pensiero va al povero Jim Caveziel nei panni del Salvatore nel colossal del 2004, che si slogò una spalla e riportò diverse ferite oltre ad esser stato colpito da un fulmine durante la sena del Calvario. Sarà stato lo strale di Dio, d’altronde ognuno ha la sua croce. Si mormora che qualcuno abbia lasciato la sala, durante la flagellazione di Cristo: troppo cruenta, troppo umana. Il Nazareno soffriva prima della sua crocifissione davanti a un pubblico che avvertiva la potenza di ogni nerbata come se fosse coinvolto in una tortura collettiva, i giornali dissero che trattavasi di un film violento, sanguinario. La sala era ovviamente quella di un cinema, e Mel Gibson dirigeva La passione di Cristo.

All’epoca la narrazione degli ultimi giorni di vita terrena di Gesù divise l'opinione pubblica, Gibson fu accusato dal popolo ebraico di antisemitismo, avendolo lui dipinto come colpevole di deicidio. Attiratosi contro l’ira degli ebrei Mel ribatté che d'altronde la storia è storia, ponendo in stand by il dissing con i giudei. Non pago del deciso pappappero rivolto ai discendenti della stirpe di David, Mel è appunto nuovamente nella Penisola per le riprese del Cristo 2 la vendetta, ovvero The Resurrection of Christ, che vuole replicare il successo del colossal del 2004, con una nomination agli Oscar e incassi stellari. L’elegante stradina pavimentata di sampietrini preannuncia un ristorante fuori dagli itinerari turistici, frequentato dalla upper class romana, che vi si ritrova abitualmente per parlare di dorate scemenze, vacanze in luoghi segreti al pueblo ma riservati al circolino d'élite. Dentro è tutto un lino candido, uno sciorinare pochette mignon di Fendi e Louis Vuitton, una parata di crine biondo miele per le parioline e di boccoli corvini scomposti alla moda 'appena sceso dal fuoribordo' per i rampolli in rigorosa camicia bianca. Ci siamo accomodati sulla seggiola che ha accolto il fondoschiena di Mel Gibson, giunto non accompagnato, al tavolo dove – e qui il vero scoop - non ha arrotolato du spaghi amatriciani ma dei ricercati tonnarelli al ragù di cortile tirati a mano.

“E ha fatto pure la scarpetta!”, tengono a riferirci. Ordinare quei tonnarelli è stato un attimo, ma non prima di aver ingollato due fiori di zucca fritti dorati avvolti in una buona panatura, con un ripieno sapido e fragrante di fiordilatte filante e alici. I tonnarelli sono spessi, si sente la pasta fatta a casa condita con un fondo bruno di arrosto da far salivare un vegano efferato, ricoperti di ragù al coltello "di cortile", appunto, a base di carne ovina. Secondo noi questi tonnarelli, a costo di sembrare blasfemi, hanno resuscitato il figlio di Dio anzitempo, almeno un anno prima dell'uscita del sequel, The Resurrection of Christ. È inutile; a Roma per evitare di buttare via denaro e mangiare bene bisogna avere accesso a informazioni riservate a chi fa parte di un certo giro. La crema catalana a sugello di una cena ‘de Cristo’ è la carezza amorevole di un Padre che vuole illuderte i suoi figli che tuttavia esistere non sia vano, la tarte tatin con il gelato di crema ammazza il peccatore, Signore pietà, in una agonia profana come nel Getsemani ma che prelude alla resurrection e gloria nell’alto dei cieli. Amen. Sono quaranta euro, da oggi in poi al ristorante si va solo dove va Mel Gibson, che nei giorni romani abita proprio a palazzo Borghese; lui si che ha delle soffiate divine.

