Manco a farlo apposta, proprio nei giorni precedenti la nostra partenza si è molto parlato di animali e anche di animali selvatici su un po’ tutti i magazine del mondo. Lo si è fatto perché Banksy, artista dall’identità sconosciuta, ha ben deciso di regalare alla città di Londra, ma diciamo pure a tutti quanti, alcune opere a tema animale, titolo London Zoo, credo, allo scopo di rallegrarci in questi tempi cupi. Quindi, a partire dalla prima settimana di agosto Londra ha avuto il suo safari, non un safari fotografico ma pittorico, sempre che sia corretto chiamare così l’arte di Banksy tendenzialmente fatta di stencil. Il primo a comparire è stato uno stambecco, o capra di montagna, in cima al punto di congiunzione tra due muri. Poi è stata la volta di due elefanti che si incrociano con le proboscidi, affacciati a due finestre. Poi delle scimmie, tre, intente a giocare con le liane, come Cita di Tarzan. Quindi un lupo che ulula alla luna, luna incarnata da una parabola, tela dello stencil, poi rubata nella notte e divenuta l’opera più discussa di tutta questa serie, si dice infatti che il tutto fosse parte della performance banksyana. Poi una coppia di pellicani, uno in primo piano che si mangia un pesce, l’altro sullo sfondo che pesca un pesce da un ipotetico fiume, stencil che ha fatto decuplicare ovviamente il valore di una friggitoria di periferia. L’opera successiva è, a seconda delle interpretazioni, una leonessa in catene o un enorme gatto nero, che si stira. Nessuno invece ha avuto dei dubbi riguardo ai piranha che hanno corredato i vetri di una garitta, una cabina della polizia, terzultima opera della serie. Poi, eccolo, arriva il momento del rinoceronte. Tadàn. Enorme, come un rinoceronte, appunto, che sormonta, anzi monta e basta, una utilitaria grigia abbandonata, una Nissan Micra, la ruota posteriore completamente fusa col marciapiede pieno di terriccio, un cono di quelli che si usano come segnaletica stradale appoggiato sul cofano, a mo’di corno di rinoceronte, appunto. Un rinoceronte con le zampe anteriore che a prima vista sembrano appoggiate sul tetto della macchina-rinoceronte, un amplesso selvaggio, non tanto per ferocia o altro, quanto piuttosto perché tra animali feroci, poco conta che uno sia in realtà uno stencil e uno una vecchia utilitaria abbandonata. Effetti ottici, come spesso con Banksy, e ancora una volta rinoceronti. A chiudere, proprio nei pressi dello zoo di Londra, un gorilla. Un gorilla che cita una delle opere più note di Banksy, la cameriera che alza il tappeto mentre spolvera, solo che stavolta dal velo alzato escono una foca e tutta una serie di uccelli esotici, mentre dal buio si intravedono occhi, si suppone di gatto o di altri animali. Nove opere in nove giorni. Dal 5 agosto in poi. Ora, lo so, mentre ce ne stiamo andando verso Selous, il Parco naturale che sarà location della nostra tre giorni di safari fotografico, è sempre bene specificarlo, parlare delle opere di Banksy può suonare pretestuoso. Ma il viaggio è di per sé quanto di più vicino al Camel Trophy io possa immaginare, perché queste non sono esattamente strade per come le conosciamo, e ballonzolare su una jeep non lascia molto spazio a tanti ragionamenti. Certo, potrei magari raccontarvi di chi ci accompagnerà in questa esperienza, conscio che l’esperienza invece ve la racconterò nei prossimi capitoli di questo diario.
La nostra guida si chiama Jeff. Ecco, mi tocca ancora una volta fare una divagazione, come per scansare una buca, un pantano, un animale fermo in mezzo alla strada, sempre che la si voglia chiamare così. Parto dal nome Jeff. E dalla prima volta, suppongo, che l’ho sentito. Lo faccio non per parlare di nomi, ma proprio di Jeff la nostra guida, fidatevi di me. È nel 1974, sempre date che in questo 2024 trovano un anniversario tondo, cioè due anni dopo l’arrivo in Italia del progetto leader, che esce da noi una versione di Big Jim, della Mattel, dal nome Big Jeff. Sarà una delle tante variabili del noto pupazzo muscoloso e capace di fare il colpo del karate pigiando un pulsante posto sulla schiena, pupazzo immortalato poi da Elio e le Storie Tese nella loro Servi della Gleba, “servi della gleba, anestetizzati da una stronza, come simbolici Big Jim, schiacci un tasto ed esce lo sfaccimme”, dove per sfaccimme si intende lo sperma, simbolismo tipicamente eliano che eviterò di approfondire, Big Jeff, quindi, munito di cappello da safari, di machete, di calzoni corti e gilet aperto, si diceva Big Jeff arrivasse dall’Australia, dedico quindi a vivere in mezzo alla natura selvaggia e a animali non necessariamente benevoli nei nostri confronti. Era biondo, coi capelli un po’ più lunghi di Big Jim, gli occhi chiari, la carnagione olivastra e aveva la barba. Anche se andando a cercarlo in rete, giorni fa, lo so, sono uno che cerca vecchi giocattoli su Ebay, compatitemi, ne ho trovate solo versioni glabre, di cui non avevo memoria. Con la barba ne ho trovata una versione vestita di nero, con fruste e pelotas, quindi immagino più argentino che australiano, dal nome The Whirp. Biondo e con la barba ce n’è giusto uno, su non so che sito vintage, a oltre duecentocinquanta euro, vestito da indiano, quindi di velluto marrone, la giacca con le frange sulle braccia e una cinta colorata, dalla quale spunta un coltellaccio. Io invece, oggi come allora, cercavo Big Jeff, senza successo. Ho passato l’infanzia nella speranza di riceverlo in regalo, ma era raro, vivevo pur sempre in provincia, e come tutto ciò che è raro anche caro, quindi mi sono sempre dovuto accontentare del Big Jim tradizionale, con le sue mutande rosse, i muscoli ben definiti e quella pettinatura così rigida che, in seguito, mi ha spesso portato a definire Big Jim che se ne andava in giro pettinato e impostato. Tempo fa, sapendo che avrei fatto questo viaggio, sono anche andato al negozio della Lego a San Babila, un posto che è venuto fuori neanche troppi anni fa. Cercavo, povero illuso, uno di quei pupazzetti piccoli, sorta di Playmobil in scala, vestito da rinoceronte. Ce ne sono per tutti i gusti, dai personaggi della musica o dello sport a quelli di fantasia, tipo Star Wars o Harry Potter, e ovviamente ci sono animali di ogni tipo. Ma non rinoceronti. Ne volevo uno per usarlo come portachiavi, in quello della macchina ne ho uno che rappresenta Chewbecca di Guerre Stellari, ricordo di non so dove e di non ricordo quale dei miei figli. Ci sono tornato anche poco prima di parlare, in un posto del genere, Dadi e Mattoncini, nella zona industriale di Ancona, e anche qui non ho trovato nulla che facesse al caso mio sul fronte portachiavi e Lego, anzi, a dirla tutta il nome del negozio tradisce abbondantemente la propria mission, essendo nei fatti un negozio molto più fornito di materiali nel campo dei comics, dai libri a fumetti ai FunkoPop, passando per tutta una serie di pupazzetti a tema. Nei fatti, già che mi trovavo, ho comprato comunque un pupazzetto che riproduce fedelmente un cucciolo di rinoceronte, ancora col corno appena accennato, che userò, immagino, per foto e video, fingendo sia lui il protagonista del viaggio. Big Jeff, invece, non l’ho trovato. La Mattel non produce più Big Jim dal 1986, ho scoperto nelle mie ricerche, e quello con la barba non era in realtà Big Jeff, ma Big Josh, sempre del Team Big Jim, ma con altre caratteristiche. Questo ovviamente sempre intorno al 1974, quando cioè ancora Mattel sperava di mettere Big Jim in competizione con il GI Joe della Hasbro, quella del Subbuteo, per intendersi, operazione decisamente fallimentare. Prima di tirare le cuoia, poi, Mattel ha tirato fuori di tutto, dal Big Jim vestito come Sandokan, immagino solo per il mercato italiano, a quello vestito da giocatore di calcio (Big Jeff era un giocatore di basket), passando per astronauti e qualsiasi altra diavoleria vi venga in mente. Ho anche scoperto, ma la cosa non mi ha sorpreso, non più di quanto mi abbia sorpreso lo scoprire che avevo ricostruito un ricordo di Big Jeff con la barba, pur non avendo Big Jeff la barba, e neanche il gilet senza maniche, quello di Big Jack, il Big Jim di colore, la memoria fa strani giri, ho comunque anche scoperto che esiste un mercato floridissimo di questi giocattoli, che si possono trovare online ancora con le loro scatole e imballaggi originali, per dirla con gli annunci “mai giocati”, ovviamente a cifre assurde che tradiscono una qualche patologia legata alla nostalgia, perché duecentonovanta euri per un pupazzo con cui, immagino, neanche si intende giocare, mi sembrano un po’ tantini. Cercando proprio in rete, in questi siti dedicati alla vendita di giocattoli d’epoca, chiamiamoli vintage che fa più figo, ho però scoperto una cosa che mi ha vagamente inquietato, per la scarsa capacità di maneggiare le materie di cui dovrebbero essere competenti da parte dei commessi dei negozi di giocattoli, specie quelli della Lego.
Esiste infatti una confezione di Lego dedicata alla Marvel, una delle tante, che presenta oltre che il pupazzetto di Hulk, verde e in realtà poco muscoloso rispetto all’originale, anche un pupazzetto mascherato da rinoceronte. Titolo della scatola Speedy Amazing Friends, e oltre a Hulk e il rinoceronte c’è anche una versione munita di una specie di deltaplano di Spiderman, l’Uomo Ragno. Confesso di non essere appassionatissimo di Spiderman, né nella versione a fumetti, mai provata fascinazione per Peter Parker e le sue storie, né per quella cinematografica, per questo, credo, mi è sfuggita la presenza di un gigantesco, sempre e comunque, Paul Giamatti in Amazing Spiderman 2 - Il potere di Electro, proprio nei panni di Rhino. Un villain, Rhino, prima di diventare supereroe un delinquente russo di nome Aleksei Mikhailovich Sytsevich e apparso per la prima volta nel 1966 e in seguito parte delle squadre di supercattivi dai nomi vagamente cringe quali gli Emissari del Male e i Sinistri Sei. Scoprire tutto questo, correre su Disney + a vedermi il film, Amazing Spiderman 2 è quello che ha Andrew Garfield nei panni del supereroe, fortunatamente, di lui ho molto amato il biopic di Jonathan Larson, autore del musical Rent, film dal titolo Tick! Tick!… Boom, per il quale è stato candidato all’Oscar come migliore attore protagonista, nel 2022, Oscar che avrebbe indubbiamente meritato, lì a recitare, cantare, ballare, altro che Will Smith nei panni del padre delle sorelle Williams, in Una famiglia vincente - King Richard, scoprire tutto questo, correre su Disney + a vedermi il film Amazing Spiderman 2, e poi andare a cercare su Amazon il pupazzetto di Rhino, in realtà invendibile fuori da quella confezione, dove lui è a bordo di una Rhino Mobile, chiamiamola così, una auto a forma di rinoceronte, appena mi arriva vi saprò dire meglio, è stato un attimo. Sicuramente un attimo più veloce del tempo passato poi a cercare in rete gli albi di Amazing Spiderman con Rhino, come se esistesse qualche altro personaggio rappresentato da un rinoceronte, sono fatto così, quando mi fisso su qualcosa difficilmente lascio perdere. Ricerca che non ha portato a risultati interessanti, se non per quel che riguarda l’opera teatrale Rinoceronti, di Eugene Ionesco. Anche qui, santo Amazon, non l’ho ancora letto ma è questione di giorni, e dire che c’è stato un passato passato nel quale ero assai appassionato proprio di Ionesco e il suo teatro dell’assurdo, ma quest’opera proprio non la conoscevo. Quello che invece conoscevo era Amazing Spiderman 2 - Il potere di Electro, e guardandolo, man mano che la trama andava avanti, me ne sono reso conto. Il fatto è che io guardo film e serie tv tutto il giorno, o meglio, in tutta quella parte di tutti i giorni che dedico alla scrittura, sì, scrivo un tot di pagine al giorno, anche senza aver letto, e nello scrivere tengo sempre come sottofondo film o serie tv prese da una qualche piattaforma online, un tablet alla sinistra del mio pc a fare il proprio sporco lavoro. Film e serie tv di cui poi non ricordo quasi nulla, anzi, spesso proprio nulla nulla, al punto che mi capita sovente di rivederle, salvo poi scoprire che ne avevo visto anche qualche stagione. Così è per Amazing Spiderman 2 - Il potere di Electro, visto e rimosso, o forse più semplicemente visto molto distrattamente mentre scrivevo qualcosa per me più interessante. Quindi Rhino c’è, solo che io non lo sapevo. Va anche detto che Rhino, quindi la versione supereroica dell’Aleksei Mikhailovich Sytsevich interpretato proprio nelle prime scene del film da Paul Giamatti, appare solo nel finale, certo un finale epico, ma giusto per neanche cinque minuti, quindi il mio non ricordarmelo era più che giustificato, come lo era per il fatto che il film, salvo la scena del bambino che proprio Rhino vuole affrontare, in attesa che Spiderman torni, è una roba abbastanza imbarazzante, nonostante Andrew Garfield , destinato poi a lasciare il posto a Tom Holland, per poi tornare nel cervellotico e trino No Way Home. Andrew Garfield, ripeto, che mi sta molto simpatico, anche questa cosa che sia fidanzata con una strega, molto nota a Hollywood proprio per le sue capacità di far mettere la gente insieme, tale Kate Tomas, mi sembra davvero strepitosa.
Tornando a Big Jeff, il motivo per cui oggi vi parlo di lui, così, de botto, è che la nostra guida del safari si chiama Jeff. Prima di approdare a lui, vagamente professionali, io e mia moglie Marina abbiamo sentito diverse guide, chiedendo a ognuna un preventivo. I numeri ci erano stati dati da diversi nostri amici o contatti, gente che era a sua volta stata in Tanzania in precedenza, e che quindi aveva testato in prima persona queste opzioni. Jeff ce l’ha passato Tiziana, mamma di Anita, prima compagna di classe di Chiara, nostra figlia gemella, e ora di Francesco, l’altro gemello. Lei con Gula, suo marito, Anita e Matilde, l’altra figlia, sono stati qui l’anno scorso e sono stati in qualche modo sia ispiratori del nostro viaggio, che grandi suggeritori di dritte varie. Con Jeff ci siamo scritti, a dirla tutta si è scritta mia moglie, perché lei si è occupata di questa parte dell’organizzazione del viaggio, parlando inglese molto più fluente di me, io mi sono occupato di cercare i voli, e anche il resort nel quale andremo a Zanzibar, poi ci arriverò a tempo debito. Poi abbiamo fatto una call, decisamente sorprendente. Oltre a lui ci hanno risposto altre due guide, una italiana e una locale. Ma nessuna delle due ci ha soddisfatto, una perché ha sparato cifre decisamente fuori dal nostro budget, l’altro, l’italiano, perché ha provato a farci passare per una agenzia di viaggio anche per voli e resort, cosa che volevamo evitare e che in effetti abbiamo evitato. Poi con Jeff abbiamo fatto una call, e lì si è creata una crepa nel mio immaginario giovanile, perché Jeff non è alto, muscoloso, ma soprattutto biondo e con la pelle abbronzata. Jeff è africano, scuro di pelle, bassino e anche vagamente paffutello. Ma è la nostra guida, e sarà lui a farci scoprire il magico mondo di Selous e della Tanzania. Questo almeno è quello che avevamo pattuito, e questo avevamo capito fino alla mattina della partenza da Da Es Salaam, ieri, quando ci ha detto che ci saremmo rivisti in aeroporto per salutarci, e che la nostra guida sarebbe stata Rama. È infatti Rama che guidava la jeep che ieri si è rotta, e quello che poi ci ha portato a Selous in ritardo ma ci ha comunque fatto fare il giro in barca, Jeff non pervenuto. Lo avessi saputo prima non avrei dedicato tempi e energie a Big Jeff, ma magari avrei parlato di Glamorama di Brett Easton Ellis, alla cui presentazione al Teatro Carcano di Milano sono andato, una vita fa, o delle mie Bikinirama, pop band femminile che in realtà ero io sotto mentite soglie, titolare di un album e di un romanzo, figlie illegittime delle Bananarama, o della nuova serie di Futurama, anche se nel presentarcelo Jeff ha fatto invece riferimento al Ramadam, poi scopriremo che il nome è dovuto all’essere nato durante il Ramadam, come se uno venisse chiamato Quaresima o Avvento. Lui, Rama, ci ha intrattenuto per tutto il viaggio raccontandoci cose sulla Tanzania. Cose interessanti, per certi versi sorprendenti, per altre scioccanti. Ci ha detto come questo Paese sia nato da poco, e questo già lo sapevamo, ma sia anche in pace solo dal 2021. Non solo, ci ha detto di come sia stato il primo paese africano a cercare la pace, perché per primo ha capito come nella pace ci sia la sola possibilità di progresso, idea che ha difeso strenuamente, spingendo verso la pace gli altri paesi che come qui parlano swahili. Ha detto che il precedente presidente ha gestito bene il covid, ma io ricordo la cosa diversamente, a Zanzibar avrò modo di approfondire, ma di come la nuova presidentessa, la prima donna a guidare il Paese, stia sviluppando nuovi progetti senza aver abbandonato i vecchi. Poi, il bello dell’Africa, ci ha raccontato che qui una figlia femmina vale venti vacche, passando poi a dirci di come qui la poligamia sia non solo accettata, ma molto praticata, raccontando la storia della sua famiglia di origine, col padre che aveva due mogli e quattordici figli, sette per una. Quando a un certo punto mia moglie Marina ha detto, mentre parlava di società e di politica, che “questo è un Paese al femminile, per questo votato al futuro” ho avuto un brivido lungo la schiena, a riprova che anche col caldo che qui si sente le parole hanno una potenza assoluta. È ora di andare a dormire.