“Il femminismo non c'entra con chi paga la cena". Così sentenzia Valentina Landri, alias “La ex incazzata”, in uno dei suoi post Instagram. Una frase che sembra scolpita nel marmo delle banalità da talk show, tipo quelle di Barbara D’Urso. Ed eccoci qui, di nuovo. Puntuale come il cinepanettone a dicembre, torna la querelle sulla galanteria: chi paga la cena? Chi apre la porta? Chi tiene l’ombrello? È un dibattito che ha la stessa freschezza di un panino imbustato nel distributore della stazione: sappiamo già che non sarà buono, ma qualcuno ogni tanto lo ripropone, e allora via con le polemiche. Facciamola semplice: sì, è diritto sacrosanto di un uomo non pagare la cena. Sì, è giusto che una donna non lo pretenda. Sì, in una relazione ci si può mettere d’accordo come meglio si crede, in base alle possibilità economiche o a chi invita l'altro. Ma dire che la galanteria conviva serenamente con la parità è un po’ come dire che il kebab light esiste: no, stiamo solo aggiustando le parole per farci tornare i conti. Il femminismo non ti dice come vivere l’amore, chi debba scegliere il vino o chi debba portare le buste della spesa. La galanteria invece ha radici ben precise: nasce da un mondo in cui la donna non aveva indipendenza economica, non poteva gestire un patrimonio, non aveva neanche voce in capitolo sul proprio corpo. La comica Chiara Becchimanzi l’ha spiegato bene in un commento: la galanteria è un residuo vestigiale del maschilismo. Non è romanticismo puro, ma una pratica nata quando le donne dipendevano in tutto dagli uomini. “Ti pago la cena” non era un gesto carino: era un atto di possesso. Una dimostrazione anche al padre della ragazza che “avresti potuto mantenerla”. Che poi oggi possiamo reinterpretarla, renderla reciproca (“ti pago io, poi tu mi offri un gelato”), è un altro discorso. Ma rimane il fatto che esaltarla come valore universale significa non avere chiara la sua origine. E qui casca l’asino: Valentina Landri, con il suo post, voleva probabilmente lanciare un messaggio positivo - “si può volere la parità e anche un uomo che ti apra la porta”. Ma la contraddizione è palese: confondere rispetto con galanteria significa mettere sullo stesso piano l’affetto e un concetto che nasce da una disuguaglianza. È come dire che puoi volere la parità e allo stesso tempo apprezzare l’idea che un uomo ti faccia sentire “piccola e protetta”. Spoiler: no, non è la stessa cosa.
E qui inizia la parte divertente. Perché se vai a sbirciare sul sito di Valentina, ti accorgi subito che non siamo davanti a un manifesto femminista, ma a un business model ben oliato. “Ciao, sono Valentina, ti aiuto a diventare la donna che attira un partner risolto e ti fa sentire finalmente serena e amata.” Segue: “Fissa una call conoscitiva gratuita con me.” Tradotto: è il classico imbuto di marketing da life coach. Prima ti regalo una consulenza, poi ti porto dentro un percorso a pagamento dal titolo motivazionale, tipo “Amati per essere amata”. Che già, detto così, sembra uno slogan da centro estetico, più che da rivoluzione personale. Psicologi? Psicoterapeuti? Troppo mainstream. Meglio la Programmazione Neuro-Linguistica, la “profilazione della personalità” e la dicitura più vaga di tutte: Love Trainer. Una specie di personal trainer delle relazioni, solo che invece di fartici fare tre serie di squat, ti promette di “attrarre uomini sani e risolti”. Il sito è un tripudio di frasi tipo: “Riscopri il tuo valore, impara a farti rispettare e desiderare davvero”. Oppure: “Un uomo sano non sarà attratto da te se non hai un’autostima alta". Insomma, se sei single la colpa è tua, perché non hai fatto abbastanza self empowerment. Ma non temere: per fortuna c’è il percorso che ti insegna ad “amarti davvero” e così, come per magia, arriverà lui, l’uomo “centrato”. E qui, scusate, ma la domanda sorge spontanea: siamo davanti a un discorso femminista oppure all’ennesimo pacchetto motivazionale patinato da Instagram, travestito da percorso di crescita? In realtà, le donne non hanno bisogno di fuffa guru per capire se possono pagarsi una cena o meno. Possono volerla pagare, possono volere che sia reciproco, possono fregarsene e lasciarlo fare all’altro. Non servono percorsi da mille euro né coach con 200mila follower per trovare un uomo decente. Serve solo un concetto banale, che però sembra ancora un tabù: rispetto. E no, il rispetto non ha niente a che fare con la galanteria. Il resto è solo maschilismo col vestito buono.
