Rot-ta-ma-re: "raccogliere e disfare oggetti, specialmente veicoli, per riutilizzarne le parti metalliche" (che ne so, magari per riutilizzare l’acciaio al cromo molibdeno). Be', se passate in Ducati e citofonate Monster, mi sa che un po’ ne trovate, che gli avanza. E la colpa sapete di chi è? La colpa è tutta del Nuovo Monster che, di come si è sempre fatto, ha deciso di fregarsene altamente, mandando tutto ciò che non faceva più rima con divertimento, con piacere di guida, dal demolitore.
D’altra parte, oh, lo diceva Darwin, lo dicono in MotoGP: per sopravvivere bisogna evolvere, lasciarsi tutto indietro. Ce lo ha insegnato la pandemia: la rivoluzione è continua. Il nuovo Monster è questo. Un punto di rottura, qualcosa che prima non c’era.
Chiedete a chi vi pare.
Chiedetelo a Muhammad Ali.
Chiedetelo a Colin Chapman.
Chiedetelo a poeti, atleti, ingegneri.
Chiedetelo a un pilota della MotoGP.
Leggerezza.
Per schivare i colpi, per andare più forte, per arrivare primi. Per sollevarsi in volo, anche solo con la ruota davanti.
Il nuovo Monster è tutto questo. Perché la prima cosa che noti è l’assenza di un telaio a traliccio. Puoi storcere il naso, o quantomeno puoi farlo se non sai che al suo posto c’è il front-frame di derivazione Panigale. Ma poi quando ci sali sopra e te la passi tra le gambe, i 18 chili in meno sono già godimento, ancora prima di girare la chiave.
L’accendi e ti accorgi che anche la voce è cambiata. È omologata Euro5, ma è più cupa e rabbiosa. Il motore è il bicilindrico Testastretta ad 11° da 937cc, anche lui più leggero di quasi due chili e mezzo, nonostante un aumento di potenza e coppia: 111 cavalli a 9.250 giri e 93 Nm a 6.500 giri. E il Desmo c’è ancora. Più potenza, meno peso, ma il cuore resta Ducati, perché sempre di Monster si tratta. E se glielo chiedete, vi prende a calci nel culo ad ogni cambio marcia - che, per inciso, avviene in un amen, grazie al quickshifter.
Esce dalle curve con una schiena spaventosa, impensabile per un quattro in linea. Poi l’allungo, due marce, frenata. I Brembo frenano bene, ma non spaventano. Rallentano sempre con la potenza richiesta e ti fanno entrare in curva in un attimo. I cambi di direzione sono immediati e precisi, con le sospensioni che si rivelano tarate a regola d’arte. Non sono regolabili, ma sono sempre precise nella loro coniugazione sportiva ma non esasperata: l’anteriore non affonda in frenata, quando una curva ti viene incontro più veloce del previsto, e il posteriore non tende a sedersi, non ti fa galleggiare. Sempre che non sia tu a chiederglielo. In quel caso ci mette un attimo ad alzare gli occhi al cielo.
È una moto incredibilmente facile, il Nuovo Monster. Ed è strano da dire perché è più potente rispetto a prima. Ma è svelta, svletissima. E poi è super sicura, grazie alla piattaforma inerziale: c’è l’ABS Cornering, il Traction Control e il Wheelie Control. Tutti sono regolabili su diversi livelli. Ah, c’è anche il Launch Control, nel caso voleste lanciarvi in una drag race al casello dell’autostrada.
La verità è che rinunciare alla tradizione è un peccato, ma dopo una giornata in sella al Nuovo Monster la fede diventa un concetto relativo. Perché se l’821 sarà per sempre in grado di emozionare, questa fa tutto meglio. Con leggerezza soprattutto, che è la sensazione per cui finiamo per appassionarci alle due ruote: lontani dall’ingombro di un’automobile, dalle strade trafficate, dagli impegni. Con un Nuovo Monster tra le mani e 111 cavalli sotto al sedere.
P. S.
In questa prova abbiamo utilizzato una giacca Alpinestars Faster V2 leather jacket, un sistema air-bag Alpinestars Tech-Air® 5, dei guanti Alpinestars Chrome, delle scarpe Alpinestars Faster-3 e un casco Caberg Drift Evo Carbon Pro.