“E adesso che tocca a me”. Marc Marquez come Rossi (Vasco). L’idea all’inizio era quella di titolare così per raccontare i “cinque minuti nell’angolo” che Marc Marquez s’è concesso con i giornalisti spagnolo. Ma poi ci siamo ricordati che è il 2025 e che non c’è alcun Rossi da tirare in mezzo. Perché Marc Marquez al suo primo vero giorno da ducatista fa già notizia da solo. Per quello che ha detto e, soprattutto, per come lo ha detto. Come? Con quell’aria lì che ha lui e che ti lascia sempre senza aver capito fino in fondo se t’ ha preso in giro.
E’ così che fa. E’ così che è fatto. Perché un secondo prima se ne esce con una frase così, “c’è la moto, c’è la squadra e adesso tocca a me”, e un secondo dopo sembra mettere le mani avanti dicendo “non sarà facile per me”. Fa parte del gioco di Marc Marquez da sempre e è anche questo a averlo reso così personaggio. E di dichiarazioni sugli obiettivi possibili e quelli sognati sono già piene le pagine dei giornali di mezzo mondo questa mattina. Tanto che quasi sono passate inosservate altre dichiarazioni che Marquez ha rilasciato sempre ai giornalisti spagnoli nei cinque minuti ritagliati dopo la presentazione di moto e squadra a Madonna di Campiglio. Passaggi in cui l’otto volte campione del mondo ha parlato di rapporti umani piuttosto che di obiettivi sportivi, cronometro e fame di piegare tutto e tutti già dal primo GP in Thailandia.
“In questa prima prova con Ducati – ha detto, facendosi sul serio e togliendosi quell’aria lì di quello che deve sempre giocare un po’ con le parole - mi sono trovato molto bene. Logicamente, come si dice sempre, i paragoni sono odiosi e non bisogna paragonare una relazione di dieci anni con una persona con una che dura da pochi mesi. È impossibile, non è fattibile. Io e i miei amici della Honda abbiamo cenato quest'inverno e non abbiamo parlato di moto. Siamo andati a cena e basta. E non succede nulla, perché sono amici. È un rapporto fin dalla Moto2. Alla Gresini, ugualmente, abbiamo costruito un rapporto molto stretto in un solo anno e sono stato in contatto durante tutto l'inverno con loro e con il mio nuovo capotecnico Marco Rigamonti. L'intera squadra si metterà gradualmente in moto. Ho portato con me una delle mie persone di fiducia, perché si ha sempre bisogno di qualcuno di cui ci si fidi, ma con Ducati parliamo già la stessa lingua”. Sta bene a livello di rapporti e ha detto di sentire le farfalle nello stomaco. L’unico dubbio, ammesso che lo abbia, riguarda il fisico. “Fisicamente sto bene – ha detto - Sto bene, mi sento in forma. Logicamente posso paragonare come ero 20 anni fa e come sono adesso. L'anno scorso sono riuscito a dimenticare in certe gare quello che era successo in passato. Devo lavorare di più, ma come succede nella vita, più invecchi e più devi lavorare di più”.
E’ disposto a farlo per mantenere fede a una promessa che ha fatto prima di tutto a se stesso: provare a vincere ancora. Non per, come si dice, raggiungere qualcuno o conquistare qualche record, ma per sentirsi almeno una volta ancora Marc Marquez. E’ la ragione per cui ha messo da parte tutto e tutti, cambiando la storia della sua storia. Anche se ora c’è la consapevolezza che non ci saranno più scuse. “E’ tutto molto diverso rispetto a quando sono diventato pilota ufficiale per la prima volta nel 2013 –ha concluso - Adesso a 32 anni sono realista e già tra un mese sarò in grado di avere i feed giusti. Ma ovviamente nel 2013 andavo fuori di testa ovunque, è stato un bel regalo. Adesso ho ancora le farfalle nello stomaco, ma sono molto realista su cosa significhi indossare questi colori. Significa lottare per un titolo. Cioè, quando tu stesso e quando la fabbrica leader del momento scommettete su di te, è inevitabile sentire la pressione. Ma l'ho detto, l'obiettivo principale è arrivare tra i primi tre. Perché se sei tra i primi tre vuol dire che stai lottando per il titolo. Ma ovviamente dobbiamo stare in questa squadra, c’è quella pressione che poi dobbiamo gestire e, logicamente, portare a casa il massimo dei punti possibili”.