Il colpaccio l’ha fatto Emilio Perez de Rozas, un piccoletto tutto simpatia, voce inconfondibile e occhi da volpe che gira le sala stampa dei circuiti di mezzo mondo da praticamente tutta la vita e che sulle pagine di ElPeriodico ha raccontato quello che non si è visto dell’indimenticabile fine settimana di Jorge Martin a Barcellona. E cioè uno sbrocco clamoroso nel box, con tanto di momenti a altissima tensione e l’intervento (provvidenziale) dello psicologo del giovane pilota spagnolo. Ma bisogna andare per ordine. Cominciando, appunto, dal venerdì di Barcellona. Con Martin che sale sulla sua Desmosedici e non trova la solita confidenza nel primo turno di prova. Si innervosisce un po’, ma al pomeriggio sale in sella di nuovo. Solo che con le stesse sensazioni tutt’altro che rassicuranti: quinto, dietro a piloti che di solito lo vedevano con il binocolo.
“Esto es una mierda!” – avrebbe urlato l’89 in preda a un vero e proprio delirio di nervi. “E’ un disastro (licenza nella traduzione, ndr), non vinceremo il titolo mondiale così”. Uno sfogo in piena regola, con Emilio Perez che descrive Jorge Martin in quel momento come “irriconoscibile”. Erano esattamente le 16,05 di venerdì, scrive Emilio e quella, probabilmente, sarà ricordata come l’ora più drammatica dentro 72 ore di autentica gioia. Sembra che Martin si sia trasformato nel fratello indemoniato dello Jorge visto per tutta la stagione, tanto che nel box Pramac qualcuno ha dovuto ricordargli “siamo la squadra che ti ha portato fino a qui”. A calmarlo ci avrebbe provato anche il patron del team, Palo Campinoti, ma rimediando anche lui un elegante vaffa: “Che ci fai qui tu che non sai niente di tecnica delle moto?”
Tutti hanno capito l’enorme tensione che il ragazzo di Madrid stava scaricando in quel momento e nessuno, ovviamente, ha reagito (magari facendosi scappare pure un sorriso dentro). A provare a riportare l’ordine c’hanno provato Fonsi Nieto e il capotecnico di Martin, Daniele Romagnoli, che hanno parlottato un po’ da soli prima di chiamare da parte il pilota e cercare di farlo ragionare. Non è chiaro se in qualche modo c’è stato anche l’intervento di Xero Gasol, lo psicologo che da circa un anno lavora con Jorge e che per molti è stato la vera chiave della trasformazione di un grande talento in un vero campione. Cosa sia successo quando le porte si sono chiuse e cosa possono aver detto a Martin non è dato saperlo, ma è verosimile immaginare che abbiano cercato semplicemente di calmarlo e che tutto il nero che vedeva in quel momento non era davvero nero, ma la colpa era da ricercare nella fortissima tensione accumulata.
La posta in gioco era altissima, così come umanamente potevano essere anche tanti i dubbi, visto che nessuno credeva davvero che avrebbero permesso al pilota di una squadra satellite di vincere il titolo. Invece non c’è stata neanche l’ombra di sabotaggi e a Jorge Martin è bastato fare quello che ha sempre fatto in questa stagione: essere veloce. E magari saper essere anche più implacabile di Pecco Bagnaia, capendo i momenti in cui accontentarsi avrebbe pagato più di cercare la vittoria. E già nella giornata di sabato l’atteggiamento è stato un altro per Martin. Mentre il resto, ormai, è storia di un titolo mondiale e di un record che probabilmente resisterà ancora a lungo.