Non sempre il futuro te lo disegni da solo. Soprattutto se in passato hai scritto il tuo nome su un contratto che oggi ti rende a tutti gli effetti un prigioniero (anche se ricoperto d’oro). Chi ci sta facendo i conti è Pedro Acosta, che è tornato a casa dopo il fine settimana di Assen (con tanto di doppia puntura velenosa) e ha concesso qualche intervista alla stampa spagnola. Per dire cosa? Di fatto le stesse cose che dice sempre, solo che questa volta con un passaggio che fa sgranare gli occhi: “i contratti sono fatti per essere rispettati”.
Sì, l’ha detto proprio lui dopo un paio di settimane in cui ha ammiccato in ogni modo a Ducati, che lo vorrebbe su una delle Desmosedici del team di Valentino Rossi, e che ha pure lo stesso manager di quel Jorge Martìn che invece il contratto che ha con Aprilia vorrebbe ignorarlo completamente. Tanto che la domanda viene quasi naturale: ma Pedro Acosta, quando dice che i contratti vanno rispettati, parla a Valentino Rossi e Ducati oppure al suo manager Albert Valera? Forse la risposta è molto più semplice: ha ripreso un profilo basso per evitare di urtare oltre misura quelli di KTM. Oppure ha scoperto che nel suo contratto non c’è clausola che tenga o a cui provare a aggrapparsi per salutare tutti e appiccicare il suo 37 sul cupolino di una Ducati tutta gialla col 46 sullo sfondo.

Quello che si percepisce è un misto di rassegnazione e orgoglio, con Acosta costretto a guardare le Desmosedici come un assettato guarderebbe una fontana. "Nessuno può garantire nulla, ma alla fine ho un contratto – ribadisce - Dobbiamo restare insieme e tracciare un nuovo percorso". Parole che, dopo la visita al museo Ducati e la foto con il pannello di VR46 sullo sfondo, suonano come un nuovo giuramento alla KTM, "Mi hanno dato una possibilità in questa squadra – ha aggiunto - Ho fatto molto per loro e loro hanno fatto molto per me. Ma, certo, non è stato l'inizio di stagione che sognavo". Quello che Pedro Acosta probabilmente non sa ancora è che su KTM sta per abbattersi un altro temporale. L’azienda è salva, ma le voci su un possibile addio alla MotoGP hanno innescato una corsa al “si salvi chi può” che rischia di lasciare l’azienda austriaca senza il papà dei sui motori. Il tutto in vista di quel 2027 in cui entrerà in vigore il nuovo regolamento e bisognerà presentarsi in pista con le nuove moto.
Proprio mentre Acosta cerca di "dimenticare" le situazioni incontrollabili – come il caos Aprilia di Jorge Martín – la KTM perde l'uomo che per anni è stato l'anima tecnica del progetto MotoGP. Kurt Trieb, 63 anni, genio dei motori e padre della RC16, avrebbe firmato un preaccordo con Honda. Un colpo strategico che Speedweek.com definisce "epocale": Trieb non è un semplice ingegnere, ma la mente che ha creato ogni motore KTM dal 2012, dai monocilindri Moto3 ai bestiali V4 da gara che oggi sono costantemente quelli capaci della maggiore velocità di punta sui circuiti del mondiale.

Per Pedro Acosta, la notizia rischia di essere un doppio schiaffo. Da un lato, il pilota ventunenne insiste sul percorso comune: "Dobbiamo guardare le cose da una prospettiva positiva. Nelle ultime quattro gare ci stiamo avvicinando al podio, ho lottato con Pecco fino al ventitreesimo giro ad Assen". Dall'altro, la sua "prigione" tecnica – la RC16 ancora lontana dalla competitività sognata – perde il suo principale artefice. Insomma, mentre Honda costruisce un "dream team" tecnico (con Trieb affiancato da Romano Albesiano per i telai) che avrà sede in Italia, la KTM arranca tra ristrutturazioni finanziarie e incertezze sul futuro.
Il Tiburón, dalla sua, ribadisce che non intende mollare. "Siamo qui per dare il cento per cento sempre – dice - Stiamo lottando, affrontando ogni gara al massimo e tutto sommato qualche miglioramento si vede. Per adesso è solo alla prossima gara che voglio pensare, cosa succederà in futuro lo vedremo e non mi interessa”.
