A MOW lo aveva già raccontato il papà di Bagnaia: “Nel 2013 Pecco era tristissimo, stava vivendo una stagione tremenda e mi disse che il suo sogno si stava trasformando nel suo incubo”. Proprio da qui, da questo ricordo, è partito anche il racconto di Alessio Salucci, Uccio per tutti, dell’ingresso dell’attuale pilota della Ducati nella VR46 e dell’incontro con Valentino Rossi. “Pecco – ha spiegato alla Gazzetta l’amico di sempre del Dottore e attuale team manager della squadra VR46 Mooney – ci aveva già fatto un’ottima impressione negli anni del CEV e dei campionati minori”. Era da un pezzo che lo tenevano d’occhio, ma poi l’arrivo nel mondiale, in Moto3, non era stato dei più luminosi. Troppi guai per il pilota, troppa improvvisazione nella squadra. Il rischio che Pecco diventasse una meteora era concreto e proprio in quel periodo la VR46 Academy stava cercando piloti da accogliere nel regno di Tavullia e far crescere, magari azzardando anche qualche scommessa.
Una di quelle scommesse è stata proprio Pecco Bagnaia. “Eravamo a Brno nel 2013 – ricorda Uccio - ci siamo incontrati al camion Dainese dove Pecco era appena andato a riportare la tuta. Mi ha colpito la sua tristezza. Non era la prima volta che lo vedevo così". Un ragazzino di quell’età che era appena arrivato nel mondiale e che, però, aveva lo sguardo di uno che non ne poteva già inspiegabilmente più. Qualcosa che colpisce, soprattutto quando sei a caccia di talenti da far fiorire. Nel Cev – ricorda ancora Uccio - aveva brillato, ma in Italia aveva un po' perso la bussola. Così a Aragon, con Albi, abbiamo preso in disparte suo padre Pietro e gli abbiamo raccontato la nostra idea. I suoi occhi si illuminarono”.
L’idea, manco a dirlo, era quella di accogliere Pecco nel regno di Tavullia, di farlo entrare nella cerchia della VR46 e permettergli di allenarsi fianco a fianco con Valentino Rossi, cercando anche le migliori soluzioni per veder fiorire quel talento senza fare passi troppo azzardati. Il resto è storia, comprese le difficoltà del primo anno, il rapporto un po’ difficile con Romano Fenati (all’epoca compagno di squadra di Pecco) e la decisione di metterlo in sella alla Mahindra del Team Aspar. “Con quella moto – ricorda Uccio – ha vinto due GP e s’è garantito il passaggio in Moto2”. Lì, nella classe intermedia, Pecco ha vinto il titolo mondiale dopo un solo anno di gavetta e quando aveva già in tasca il passaggio in MotoGP con la Ducati del Team Pramac. “La Ducati – racconta ancora Uccio - aveva fretta di farlo firmare prima della stagione 2018, non ero convinto, temevo che lo destabilizzasse, fino a quando Pecco non venne a dirmi che sapeva cosa stava facendo e che nel 2019 voleva correre con la Ducati perché quello era il suo sogno di bambino. Mi promise che avrebbe dato comunque il 150% per portare a casa il titolo di Moto2. Quella promessa l’ha mantenuta”.
E’ da campione del mondo, infatti, che Pecco ha fatto il grande salto in MotoGP, nella squadra satellite di Ducati, prendendo le misure con la categoria dei campioni veri e riuscendo comunque a mettersi in luce. Tanto da convincere quelli di Borgo Panigale a dargli una opportunità in sella alla Desmosedici del team ufficiale con cui lo scorso anno ha chiuso da vicecampione del mondo. In attesa che mantenga, domenica a Valencia, una promessa che Pecco non ha ancora fatto a nessuno se non a se stesso: essere il primo italiano a vincere il mondiale su una moto italiana, 50 anni dopo Giacomo Agostini.