Ricordare. E’ la più capiente delle parole, perché ha il potere di raccontare la vita, con tutti i suoi picchi, ma solo per quello che vale la pena e inutili sciocchezze a parte. La vita e pure le giornate speciali, come quella di un anno fa: Pecco Bagnaia che aspetta Vale in pista, gli fa un cenno e poi imposta il polso desto in “modalità affetto e riconoscenza” per prestargli la scia. Una scia che si fa più ampia. Più accogliente. Abbastanza grande da farci entrare una leggenda con tutta la sua M1 col 46 sul cupolino. Una leggenda da accompagnare verso il migliore dei finali possibili per una storia di quella intensità. E poi la top ten, la possibilità di partire nelle posizioni de i primi, grazie proprio a quel favore, mentre il giallo era ovunque, mentre i caschi dello stesso Pecco e di tutti gli altri dell’Academy celebravano la storia di Valentino Rossi e i suoi colori.
E’ l’immagine indimenticabile del sabato di qualifiche a Valencia 2021: l’ultima di Vale. E’ così che è andata quella volta, con ValentinoRossi che è stato la prima parola – sì, tutto attaccato e tutto d’un fiato – di Pecco anche il giorno dopo, un attimo dopo essere passato per primo sotto la bandiera a scacchi: “Ci tenevo a vincere qui a Valencia e sono contento di esserci riuscito – aveva detto Pecco - perché per me era un sogno anche poter dedicare a Vale la vittoria in questo gran premio, il suo ultimo gran premio. Non ho voluto pensare neanche un secondo che avrei potuto non vincere qui, qui dovevo vincere e basta”.
Magari altrove, quel giorno, si consumavano tradimenti, mentre a Valencia andava in scena la fedeltà. Che non è quel termine che si associa ai cani e che ha a che fare con subordinazione o soggezione, sia inteso, ma è un valore della coscienza: è lealtà nobilitata da sentire e sentimento insieme. Pecco quel giorno è stato fedele a una storia, sportiva e personale, fedele a all’amicizia, fedele a un maestro che pure non gli avrebbe mai chiesto nulla e che ormai decimo o quindicesimo sarebbe cambiato niente.
Fedele anche alla verità di ammettere che sì, lo aveva aspettato, che sì, ha voluto intenzionalmente dargli la scia per metterlo nelle condizioni del miglior finale possibile, che sì, voleva vincere all’indomani per dirgli “ciao” nella maniera che riesce a uno solo: quello che arriva primo. Perché alla fine “vincere” è l’unico impulso a cui ci si sottomette di gusto quando fai il pilota e “vincere” è anche l’unico modo che conosci per esprimere un abbastanza che non è mai abbastanza. Vincere è l’unico vero “esserci” di un pilota. E “esserci”, oggi, è l’unica maniera possibile per chi pilota non è più.
Non lo è più Valentino Rossi, ormai da un anno, proprio da quel giorno. Ma a Valencia, appunto, ci sarà. Nel segno di quella intensità che, seppur in altri tempi e in modi differenti, finirà per rinnovarsi. Non per ripetersi, perché l’irripetibilità è certezza e condanna, ma per rinnovarsi: commuoverci con lui, dove ci siamo commossi per lui. E’ quello in cui speriamo un po’ tutti. La matematica dice che c’è ancora da aspettare, ma – facendo tutti gli scongiuri necessari – si tratta di quelle attese in cui puoi permetterti anche di preparare. Valentino Rossi sta preparando un viaggio o almeno così si dice dalle parti di Tavullia.
Il Fanatec GT a cui Valentino Rossi ha partecipato nel suo primo anno da pilota d'auto è terminato, la scaramanzia che per tutta la sua carriera lo ha caratterizzato si può anche mettere da parte e Valencia, in fondo, non è poi così lontano neanche per uno che ha sempre ammesso di voler bene alla propria pigrizia come lo si vuole a una sorella che c'è da sempre. Che Valentino Rossi sarà a Valencia, con tanto di famiglia al seguito, è una notizia che danno per certa anche le testate spagnole e pure Carmelo Ezpeleta s’è lasciato scappare tra qualche addetto ai lavori che è atteso l’arrivo del 46 al Ricardo Tormo. Esattamente un anno dopo, stesso posto, nel segno delle intensità e con la valigia piena di un sogno nuovo: il dopo che segue l’ultima volta. Il finale è ancora.