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"La W Series avrebbe dovuto sfruttare il lato sexy delle pilote": l'accusa che smuove il mondo del motorsport

  • di Giulia De Ieso Giulia De Ieso

7 febbraio 2023

"La W Series avrebbe dovuto sfruttare il lato sexy delle pilote": l'accusa che smuove il mondo del motorsport
Dopo il polverone mediatico sollevato dagli scheletri dell’armadio del presidente FIA Ben Sulayem (“Non mi piacciono le donne che si credono più intelligenti degli uomini perché non è la verità” aveva scritto nel 2001 sul suo sito), ci pensa il magazine BusinessF1 a regalarci la nostra dose quotidiana di sano “femminismo”

di Giulia De Ieso Giulia De Ieso

Alla faccia della Formula Uno che, nell’era del politically correct e delle bacchettate via social, cerca in tutti i modi di non perdere pezzi, stare al passo coi tempi e apparire un posto inclusivo, senza discriminazioni e preconcetti. Nel frattempo la FIA vieta ai piloti di esporre messaggi politici durante le gare, ricompare una nota di Ben Sulayem dove il presidente dichiara quanto “non gli piacciano le donne che si credono più intelligenti degli uomini” e... ecco la ciliegina sulla torta.

Davanti al naufragio della W Series (su cui la Formula Uno ha messo una toppa con la creazione della F1 Academy, una “palestra” nata apposta per colmare quel gap di esperienza tra piloti e “pilote”), ci pensa il magazine BusinessF1 a suggerire una valida soluzione alla mancanza di sponsor e soldi. “La risorsa più importante della W Series è stata tenuta nascosta sotto le tute per quattro anni. La W Series avrebbe potuto vendersi meglio?”, cita a caratteri cubitali il titolo dell’articolo.

“La fine della W Series è dovuta, secondo alcuni addetti al marketing, alla mancanza di sesso nella serie. La W Series è stata troppo "all’avanguardia" nel suo approccio al marketing e non ha compreso il collegamento tra il potenziale valore monetario del sex appeal (...). Un ex team principal di Formula 1 ha dichiarato: "Credo che le ragazze fossero troppo strettamente controllate e non gli fosse permesso di esprimersi. È un peccato perché avrebbe potuto essere il loro USP (Unique Selling Proposition)", si legge.

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La contestata pagina della rivista BusinessF1

E poi ancora: "Il sesso vende perché attira l'attenzione. Le persone sono cablate per notare informazioni sessualmente rilevanti, per questo le pubblicità con contenuti sessuali vengono notate (...) Gli sponsor utilizzano da tempo immagini sessuali, attirano l'attenzione su prodotti come profumi, abbigliamento e beni di lusso.” Nella pagina accanto, le gigantografie delle pilote e sportive che hanno “sfruttato il loro lato sexy” per dare una svolta alla propria carriera: di Danica Patrick (ex pilota e modella, dettaglio che il magazine preferisce obiettare), Suzie Wolff e Coco Gauff.

Innanzitutto, complimenti: per riuscire a vedere del “sexy” nel ritratto della Wolff che viene proposto (la pilota sorride, con le mani appoggiate sopra il suo casco) ci vuole sicuramente molta immaginazione, oppure si deve per forza essere sotto effetto di un miraggio. Lo stesso vale per la foto della tennista Coco Gauff, raffigurata in top e pantaloni sportivi, con una racchetta in mano.

Chissà come spiegano il boom della Formula Uno, visto che le ombrelline sono sparite dal 2018. Oppure, qual è il loro giudizio sui trionfi di Jamie Chadwick proprio nella W Series, sugli ottimi risultati della Wolff come Team Principal in Formula E, sulle vittorie delle Iron Dames e di tutti quei successi al femminile conseguiti in pista, dove si corre con la tuta “allacciata” e le visiere abbassate. Una cosa però è certa: che di finti esperti, anche quando si parla di gestione del marketing "al femminile", sicuramente ce ne sono parecchi. Molti in più di quelli che oggi sono in grado invece di proporre un business al femminile davvero sensato. 

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