Un po’ di tosse, ma l’energia di sempre anche oggi che gli anni sono 84. Con “la scusa” degli auguri abbiamo fatto squillare il telefono di Claudio Marcello Costa, il Dottorcosta. Non è più nel paddock con la sua Clinica Mobile, ma è ancora l’uomo che ha messo d’accordo tutti, ma tutti davvero, i piloti del Motomondiale. Uno capace di diventare l’eroe dei suoi stessi eroi, come lui stesso ha spesso ricordato. E come da un po’ ha ricominciato a fare, con un profilo continuamente aggiornato su Instagram.
Ma sì, mi tengo attivo e mi aiuta a ricordare e raccontare. E’ un modo per rivivere momenti e cerco di fare cose legate a quella che è sempre stata la mia attività
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Le manca molto la sua vita di una vita?
Mentirei se dicessi di no. Certo che mi manca e certo che ho nostalgia. Però il tempo non si può fermare e per tutti arriva il momento di dire basta. Quello che chiamano miracolo della vita comprende anche questo. Però ho ricordi meravigliosi, ho incontrato persone straordinarie e vissuto esperienze che sono valse tante vite e quindi quando dico che il paddock mi manca e che ho nostalgia non c’è tristezza. Devo solo sopportare e gioire, con pazienza, perché non ho più la possibilità di tornare indietro. Questo è il destino dell’uomo.
Però oggi è un giorno felice…
Sono 84 e ogni volta mi fa molto piacere sentire gli amici di una vita, tanti piloti, che se ne ricordano e mi dedicano un pensiero dentro le loro frenetiche giornate.
A proposito di piloti e giornate frenetiche, tra pochi giorni si ricomincia. Seguirà il Motomondiale?
Come sempre da quando non sono più lì con loro. Nel senso che cerco di guardare le gare, di seguire le storie di ognuno e di farmi un’idea su come potrà andare. Insomma, dai, come un appassionato che dalla mamma è stato nutrito con il latte materno e dal padre, invece, è stato nutrito con le corse e i motori. Mi piace anche trovare spunti per questo profilo social che sto portando avanti
L’ultimo spunto gliel’hanno offerto, manco a dirlo, Valentino Rossi e Marc Marquez…
Sì, sono nati uno il giorno prima dell’altro e quindi ho fatto gli auguri a entrambi, ma senza metterli insieme. Quei due continuano a darsele (ride, ndr). Se le sono date in pista e, da quello che ho letto anche di recente, continuano fuori dalla pista e a distanza. Anche a distanza di tanti anni.
Dovrebbero smetterla?
No, non dico questo. Sono grandi e sanno quello che devono fare, non è certo il Dottorcosta a doverglielo dire. Se reputano di restare così è giusto che stiano così. Alla fine anche questo è un modo di volersi bene, sa? Anche combattere e continuare a combattere è un modo di volersi bene
Lei li ha conosciuti bene entrambi…
Per certi versi sono uguali. Così entrambi votati alla vittoria, così immensi nelle loro storie di uomini e di sportivi, così straordinari e capaci di gesti che resteranno nella storia. Come campioni sì: sono uguali. Poi, certo, sono anche profondamente diversi, perché la scala scelta per arrivare alla grandezza che hanno raggiunto è stata diversa. Anche se tra loro per tutti noi sarà sempre un testa a testa. Cavalieri che ci hanno emozionato seppur con selle e redini diverse. Due purosangue.
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Marc Marquez è arrivato a 32 anni e a quell’età nessuno ha mai vinto nella storia recente della MotoGP. Pensa che potrà farcela?
Marquez è sempre stato attratto dalla tentazione di andare sempre un oltre. Di cercare sempre un oltre. Purtroppo questo ha fatto sì che incontrasse spesso le cadute e gli infortuni. Era un cavallo completamente dionisiaco, quasi folle nel suo modo di essere pilota. Poi, però, ha incontrato anni terribili che l’hanno metaforicamente dissanguato in termini di sofferenza per la paura di non poter più correre. Ha saputo trasformare quella sua ferita in una finestra da cui guardare una nuova realtà. Insomma, Marc Marquez ha messo le redini alla sua follia.
Bella questa metafora…
Bella per Marquez, forse, ma non so quanto per i suoi avversari. Non è un segreto che la mitologia greca mi piace moltissimo e che spesso penso ai piloti come ai miti greci e quindi ecco, mi viene da dire che quando Dioniso e Apollo decidono di accordarsi possono essere guai per tutti. Se la follia di Dioniso si sposa con la luce della ragione di Apollo può arrivare qualcosa di grande. Poi, certo, non è un pronostico e non va bene fare previsioni, magari il fatto che Marc Marquez abbia messo le redini alla sua follia potrebbe essere anche un male e non necessariamente un bene per lui.
Possiamo dire che per ora il suo bene è stato riuscire a avere una Ducati?
La moto rossa come la passione. Ducati non è una moto, un marchio o un semplice luogo: Ducati è una patria. Sono cresciuti tanto negli anni e oggi possono mettere a disposizione dei loro cavalieri i cavalli migliori. Sicuramente Marc Marquez, come anche Pecco Bagnaia e gli altri che guidano una Ducati, avrà le condizioni migliori per correre verso il suo sogno
Da italiani possiamo essere contenti, visto che, a detta di tutti, l’avversaria di Ducati sarà l’Aprilia…
Da sempre gli italiani hanno fatto scuola. Le moto giapponesi nelle corse, all’inizio, erano ispirate alle moto italiane. Poi hanno dominato per molti anni e adesso siamo tornati il riferimento, nonostante dimensioni neanche paragonabili. Trovo sia molto bello. Anche Aprilia è tanto cresciuta, ai miei tempi dire Aprilia significava dire quelli che dominavano in lungo e in largo nelle cilindrate più piccole. Si cresce e si diventa grandi. Vale per gli uomini e vale per le moto. Perché le moto, lo dico sempre, hanno un’anima.
Se l’aspettava che le moto, o comunque i mezzi tecnici, arrivassero a contare così tanto rispetto al talento del pilota?
Si chiama futuro che arriva e è bello così. E poi sì, le moto si saranno pure evolute, ma rimangono umane grazie a quell’anima che dicevo prima e con cui l’anima dei piloti dialoga. In questo tutto è rimasto uguale, da sempre: un’unione mistica come la simbologia di una madre e un figlio. Mi trovo spesso a ricordare situazioni, moment, emozioni e sì, quell’unione mistica lì ha attraversato il tempo senza cambiare mai.
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Che rapporto ha con i ricordi?
Sono il mio tesoro enorme da custodire
Compresi i giorni da cancellare?
Ne cancellerei tanti. Sicuramente tutti quelli in cui ho perso un pilota che amavo, dal primo all’ultimo, uscendo sconfitto dalla battaglia intrapresa con la morte e ritrovandomi dentro sofferenze atroci. Però la sua domanda presuppone un potere che io che sono solo un uomo non ho. Posso, invece, solo riflettere. Mio padre mi ha portato nel mondo mitologico del motociclismo quando ero bambino e io, chiaramente, m’innamorai delle corse e dei piloti. Ma i piloti morivano, soprattutto in quel tempo. E io piangevo. Con la fantasia li facevo rivivere accanto a me, ma non bastava e quella tempesta di emozioni l’ho rivissuta tante e tante volte. Provando però, ogni volta, a trasformarle in energia per riuscire a far sì che accadesse sempre di meno, sempre con meno frequenza. L’idea di portare i rianimatori in pista, l’idea della Clinica Mobile sono state figlie di quei pianti. E del desiderio di provare a recuperare la vita mentre sta per andarsene, oltre che di aiutare i piloti a inseguire il loro sogno di velocità, rispondendo ai loro “voglio correre”. Quindi sì, utopisticamente avrei voluto e vorrei ancora cancellare tanti giorni tragici e terribili, ma concretamente c’è la consapevolezza che ogni volta da quelle tragedie e dai quei pianti e quelle lacrime è sempre nato qualcosa che ogni volta ha migliorato la sicurezza. I greci, se lo appunti, dicevano che dalla tragedia nasce il bello.
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