Un gioco maschio. Così il calcio continua a essere percepito, un po' per limiti propri e un po' per pregiudizio, nelle terre in cui se ne fa venerazione. Compresi i Paesi Baschi, quel segmento di Spagna che Spagna non vuol sentirsi e perciò rivendica di voler fare le cose sempre a proprio modo. Anche quando c'è di mezzo il calcio, che per questa comunità è diventato strumento d'identità politica grazie all'Athletic Bilbao e alle sue politiche di formazione e reclutamento basate su rigidissimi criteri di appartenenza etno-territoriale. Dunque, da queste parti il pallone è un positivo strumento di identificazione e distinzione identitaria. Ma a dispetto di ciò, in questi giorni il calcio viene rappresentato a Bilbao come il peggiore avamposto del machismo. È la posizione adottata da alcune formazioni della sinistra basca, che usano questo argomento per chiedere di non tenere presso il San Mamés, lo stadio-cattedrale, le gare degli Europei di calcio. Ma è davvero una questione di lotta al machismo e alle discriminazioni di genere?
Troppo testosterone (e troppa Spagna) – La polemica è esplosa di lunedì, 1° febbraio. Nel corso di una riunione tenuta presso la competente commissione municipale di Bilbao si è levata la voce di Podemos e di EH Bildu (Euskal Herria, la coalizione di forze del socialismo nazionalista basco fondata nel 2012) per chiedere che non si tengano in città le gare dell'Europeo 2020, spostato a giugno 2021 causa pandemia. Va ricordato che questa edizione del campionato continentale si tiene in 12 città di 12 paesi diversi. Per la Spagna è stata scelta Bilbao, dove sono in programma le gare della nazionale spagnola contro Svezia (14 giugno), Polonia (19 giugno) e Slovacchia (23 giugno). Per la giunta guidata da José Maria Aburto, esponente del Partido Nacionalista Vasco in carica per il secondo mandato consecutivo, questa occasione era un'opportunità quando venne conferita alla città prima della pandemia e lo rimane adesso che la prospettiva è di veder giocare le gare a porte chiuse. Ma da EH Bildu e Podemos è giunta la presa di posizione contraria.
A darle voce è stata Carmen Muñoz, leader locale di Podemos. Candidata sindaca di Bilbao nel 2015 (quando gli elettori premiarono per la prima volta Aburto), fortemente impegnata contro le discriminazioni di genere, Muñoz ha sostenuto che gli Europei sono “un evento mascolinizzato”, che il calcio è uno sport discriminatorio verso le donne a partire dalla generazione di una ricchezza il cui beneficio è quasi esclusivamente maschile, che addirittura la celebrazione delle gare degli Europei possa portare a Bilbao tutti i danni tipici “di quando il testosterone è dilagante”.
Un atteggiamento anti-calcio espresso con fermezza spiazzante, accompagnato da argomenti un po' troppo pretestuosi per essere presi sul serio. E che certo riflette in buona misura le critiche espresse in passato dal leader di Podemos, Pablo Iglesias, nei confronti del calcio. Da Iglesias sono giunte al mondo del pallone le accuse di essere machista e omofobo, ciò che a suo giudizio è dimostrato dal numero quasi inesistente di calciatori che hanno compiuto l'atto di “salir del armario”. Formula con cui in spagnolo si indica il “coming out” e la cui traduzione letterale è “uscire dall'armadio”. Ma al di là delle affinità ideologiche fra Iglesias i Muñoz rimane il sospetto che gli argomenti espressi il 1°febbraio per avversare la celebrazione a Bilbao delle gare degli Europei siano pretestuosi. E la conferma giunge dalle parole dell'altro soggetto che ha preso la parola lo scorso lunedì per esprimersi contro la “Eurocopa”.
Troppa Spagna nei Paesi Baschi – Asier González, consigliere di EH Bildu, non ha nemmeno provato a usare le ispirate argomentazioni di Carmen Muñoz. Lui si è mantenuto sul prosaico e ha toccato il vero tema: con gli spalti vuoti e nessuna possibilità di iniettare nell'economia della città i 30 milioni di euro che erano stati preventivati prima della pandemia, il solo effetto che si otterrà è concedere il palcoscenico del San Mames alla nazionale spagnola. Cioè a uno fra i massimi simboli del centralismo castigliano. “Vincerà la Spagna e perderà Euskal Herria come nazione” ha affermato González. Che dunque svela il vero motivo dell'opposizione agli Europei nei Paesi Baschi. È infatti in gioco una partita tutta politica e simbolica, con la sinistra basca che prova a essere più nazionalista del PNV, mascherando le proprie intenzioni con l'appello ai diritti e alla lotta contro le discriminazioni. E che il reale motivo di opposizione al passaggio degli Europei da Bilbao sia il nazionalismo basco lo svela il gigantesco archivio di internet.
Numerosi reperti presenti sul web raccontano che già a novembre 2019, cioè quando mancavano sette mesi alla celebrazione degli Europei nella loro anno naturale e la pandemia non era ancora alle viste, Podemos e EH Bildu si schieravano contro la manifestazione calcistica usando i medesimi argomenti. Anche in quella circostanza le posizioni di Podemos erano state espresse da Carmen Muñoz, che aveva anticipato uno degli elementi chiamati in causa lo scorso lunedì: il testosterone debordante. Per EH Bildu, invece, aveva preso voce Jone Goirizelaia, avvocatessa ex componente di Herri Batasuna e patrocinante di ex militanti ETA. Secondo Goirizelaia, le partite dell'Europeo a Bilbao e soprattutto la presenza della nazionale spagnola avrebbero prodotto “un processo di colonizzazione culturale e sportiva”.
Proprio questo è il punto: la Spagna che gioca “in casa” le prime tre partite dell'Europeo. E quella casa sono i Paesi Baschi. Una prospettiva che a novembre 2019 preoccupava lo stesso sindaco José Maria Aburto, da cui giungeva l'augurio di ospitare partite di altre nazionali europee. E che, se proprio la nazionale ospitata dal San Mames doveva essere la Spagna, invitava a vivere le sue gare come se fossero soltanto un evento internazionale. Questo è l'oggetto del contendere. Non la discriminazione di genere, o il machismo, o l'omofobia. Che nel calcio esistono davvero e sono problemi gravi. Ma proprio per questo andrebbero affrontati seriamente, non fatti oggetto di strumentalizzazione politica.