Ricorderemo il GP del Qatar per il dominio di Marc Marquez? Probabilmente no, visto che il fenomeno di Cervera ha già vinto praticamente tutto in questo avvio di 2025 e sicuramente vincerà ancora. A far parlare ancora a lungo di Lusail, piuttosto, potrebbe essere il crash tra Alex Marquez e Fabio Di Giannantonio, per il sorpasso tentato dallo spagnolo alla curva dodici che ha vanificato la gara e ogni velleità dell’italiano. Era appena il terzo giro: contatto posteriore, moto che sobbalza, pezzi che volano, escursione sulla via di fuga e, manco a dirlo, accuse che partono. Oltre una domanda che è legittima: quanto vale la sicurezza in MotoGP? Sì, perché sui social i soliti esagerati (e esagitati) hanno addirittura lanciato l’hastag #JusticeForDiggia.

Partito quinto, il pilota del Pertamina Enduro VR46 Racing Team aveva già superato Alex Marquez quando lo spagnolo ha tentato una risposta immediata. Risultato? Tocco violento che solleva la ruota posteriore della Desmosedici GP25 del romano. Che, ovviamente, non l’ha digerita: “Si va a 200 km/h, non è un videogioco. Se fossi caduto sarei finito come minimo al centro medico e forse adesso non sarei stato qui a parlare. Certe manovre le accetti da un rookie, non da chi ha sei stagioni in MotoGP. Il long lap penalty? Io perdo molti punti, lui ha chiuso settimo”. Un modo per dire, senza girarci intorno, che la penalità inflitta a Alex Marquez per quella manovra è, a suo avviso, decisamente poco rispetto al danno arrecato.
C’è da dire, però, che Alex Marquez non ha mai sostenuto il contrario e, anzi, s’è assunto tutte le responsabilità sin dal minuto zero. “Volevo recuperare subito – ha spiegato a DAZN Spagna - ma la curva 12 non era il posto giusto. Colpa mia, mi scuso. Dopo il botto non è stato più lo stesso neanche per me, perché la moto in rettilineo tremava, ma in curva cinque e in curva sei planavo tipo aereo”. Non è la ricerca di una giustificazione, con lo spagnolo che ha più volte detto di accettare senza alcun problema la penalità. E che, poi, ha pure raccontato di aver cercato Fabio Di Giannantonio nel post gara per scusarsi personalmente. “Sono passato da loro in VR46 – ha detto - ma ho capito che non era il momento. Capisco la rabbia a caldo”. Fabio Di Giannantonio, però, ha ribadito di non averlo visto: "Non ho ancora parlato con Alex, non è venuto al mio box a chiedere scusa"
I team, comunque, hanno evitato di gettare benzina sul fuoco, visto che in VR46 si sono limitati a un serafico “Fabio aveva ritmo da podio, così ha dovuto perdere sicuramente molti punti”, mentre su sponda Gresini si sono evitate difese d’ufficio: “Alex ha mostrato maturità: s’è subito scusato”. La partita, alla fine, è sempre la stessa: tra ardore agonistico e responsabilità e l’episodio di Lusail non è stato il primo e non sarà di sicuro l’ultimo a generare nuove rivalità. A rendere tutto più piccante, semmai, è che questa volta – inutile negarlo - uno fa Marquez di cognome e l’altro porta i colori di VR46, ma la MotoGP è da sempre un equilibrio tra calcoli e follia che, quando si rompe, genera manovre epiche o gran pasticci. Questa volta è andata per la seconda. Mentre il tema vero che resta è un altro, al di là dei protagonisti: un long lap è abbastanza per chi vanifica l’intera gara di un altro pilota in una MotoGP in cui uno “zero virgola” sulla pressione dello pneumatico viene fatto pagare la bellezza di sedici secondi?
