Il copione è sempre lo stesso: un tennista perde una partita e la valanga d’odio parte puntuale, violenta, vigliacca. Questa volta è toccato a Gael Monfils, che dopo la sconfitta al primo turno del torneo di Stoccarda contro il giovane americano Alex Michelsen, si è ritrovato travolto da una raffica di insulti, minacce di morte, auguri di infortuni e commenti razzisti. Un mix tossico che ormai accompagna con inquietante regolarità il circuito professionistico, dove l’ossessione per le scommesse online ha trasformato i tifosi in piccoli hooligan da tastiera. Ma Monfils, numero 42 del mondo, ha deciso di non incassare in silenzio. Anzi, ha reagito con sarcasmo e ironia che non può non colpire: niente vittimismo, solo la capacità rara di ridicolizzare chi lo ha attaccato, tramite due video pubblicati nelle sue storie Instagram: “Ragazzi, questo non è un consiglio finanziario. Ma davvero, state ancora scommettendo su di me? Primo torneo sull’erba? Gioco contro Alex Michelsen, 20 anni, numero 75 al mondo, e voi puntate su di me? Scrivete che faccio schifo. Lo so che faccio schifo. Lo sappiamo tutti e due. Eppure, scommettete ancora su di me?”.
Sotto c’è un tema serio che ultimamente, come abbiamo visto anche durante gli internazionali di Roma, sta prendendo sempre più piede nel mondo del tennis. Gente che va a vedere le partite solo per scommettere e poi insultare, direttamente dagli spalti, colui su cui avevano puntato alimentando ondate di odio che si scatenano a ogni match “sbagliato”.

Monfils poi ha voluto rispondere anche a chi lo ha colpito sul piano razziale: “A proposito, sapete che le mie gambe sono state spaccate più volte. Ho già giocato con una gamba rotta, quindi non pregate per quello. E non sto soffrendo, mi dispiace. Siamo nel 2025 e ancora mi giudicate per il colore della pelle? Cosa c’entra il colore della mia pelle con la mia performance tennistica? So di essere bello. Lo dico perché mia mamma e mia moglie me lo dicono. Magari per voi faccio schifo”. Monfils ha dimostrato di avere carattere nel rispondere, trasformando un attacco vigliacco in un’occasione per far riflettere. E nel farlo, ha colto due punti fondamentali. Il primo: il problema crescente degli scommettitori tossici, cosa che già diversi giocatori (tra cui Vavassori e Rinderknech) avevano denunciato. Il secondo: la necessità di distinguere tra critica sportiva e delirio da perdenti compulsivi. Perché chi scommette, e perde, non ha alcun diritto di trasformarsi in persecutore. Gael ha risposto. E lo ha fatto nel modo più elegante e diretto possibile. La prossima volta, forse, sarà il caso di pensarci due volte prima di cliccare “invia” con messaggi totalmente deleteri, anacronistici e profondamente offensivi.